Le strade bianche di Cobà

I collegamenti stradali presso i Maya
In una delle più lussureggianti foreste tropicali del Quintana Roo, regione appartenente alla zona settentrionale della penisola dello Yucatàn, sulle sponde del lago Macancox, popolato da placidi coccodrilli, affiorano in modo imponenti le rovine del centro politico di una delle città più estese e popolose della civiltà dei Maya, l’antica Cobà. La città aveva una estensione pari a circa 50 km quadrati, abitazioni, strade e ed edifici di vario genere si erano sviluppate intorno ad un enorme centro cerimoniale di cui sono ancora oggi visibili alcuni degli straordinari edifici. La maggior parte delle abitazioni private dei semplici cittadini riposano ancora nascoste dalla vegetazione, affiorando qua e là nella folta flora: sono state individuate circa 6500 strutture superstiti e una delle zone cerimoniali, il cosiddetto Gruppo Cobà.
La città si ergeva in un’area compresa fra una serie di piccoli laghi, poco profondi, caratterizzata dall’abbondante presenza di canneti. Il suo nome originario, Cohà, in lingua maya significherebbe “acque increspate”.
Fra gli inestimabili edifici che lo caratterizzavano, annoverava una enorme piramide a nove livelli e un vasto campo destinato al gioco rituale della pelota, il castello del Nohoch Mul, il Tempio delle Pitture e il cosiddetto gruppo di Macancox, un gruppo di stele del VII secolo con i ritratti, corredati di iscrizioni di geroglifici maya narranti le loro gesta, che rappresentano i vari sovrani di Cobà accanto alle loro mogli. Tali iscrizioni costituiscono una delle principali fonti storiche per la conoscenza della storia della civiltà maya.
Possediamo poche notizie di questa straordinaria città maya; architettonicamente gli edifici sono afferibili al periodo post-classico. Molte delle strutture somigliano a quelle della città costiera di Tulum che si sviluppò fra il periodo classico e quello post-classico.
La fama di Cobà non è legata esclusivamente alle steli o alle strutture architettoniche del centro cerimoniale, ma soprattutto a quella che può essere considerata una delle più importanti testimonianze delle infrastrutture realizzate dai Maya, le sacbeòb,letteralmente strade bianche.
Dalla zona cerimoniale infatti si dipartivano 45 sacbeòb che collegavano la città con moltissimi altri centri; queste arterie attraversando la foresta, le paludi, i dislivelli e i corsi d’acqua mettevano in connessione i vari centri sia dal punto di vista politico, che da quello commerciale e probabilmente anche cerimoniale. Una di queste strade ad esempio metteva in collegamento Cobà con Chichèn Itza, la città più importante del Quintana Roo antico. Il reticolo di strade raggiungeva luoghi posti a distanze pari a 100 km.
È noto che i Maya non conobbero mai l’utilizzo della ruota e che non sfruttarono mai cavalli o animali da soma. La mancanza di mezzi di trasporto influenzò notevolmente la realizzazione delle strade. Queste venivano infatti costruite in linea retta, mantenendo proporzioni legate a chi le percorreva, l’uomo. Il fatto che non esistessero carri implicò che i dislivelli fossero risolti con stretti ponti e scalinate. Questo è uno degli elementi che rallentò la mobilità degli spagnoli che, con i pesanti carri e gli inadatti cavalli, consideravano irraggiungibili molte zone interne dello Yucatàn.
Le strade costruite dai Maya prevedevano la presenza di terrapieni, potevano essere lunghe anche centinaia di chilometri e generalmente non erano larghe più di una decina. L’altezza media del piano stradale dal suolo era di circa 60 cm, ma nei punti in cui la strada attraversava zone paludose, poteva raggiungere anche i 2,5 m.
Il nome “strada bianca” deriva dal materiale con veniva realizzato il rivestimento: uno spesso strato di stucco murario che garantiva l’impermeabilizzazione e la possibilità di vedere il percorso alla luce della luna. Questo elemento, vuole la leggenda, consentiva ai messaggeri di muoversi rapidamente anche di notte.
La funzione di queste strade, oltre quella pratica di strumento di collegamento, commerciale e come dicevamo sacrale, era anche concettuale: la dimostrazione materiale dell’alleanza politica che si era instaurata fra le città che esse collegavano.
Ancora oggi i turisti possono esplorare le splendide rovine, passeggiando lungo i sacbeòb di Cobà che sembrano perdersi nella boscaglia tropicale e che invece regalano scorci romantici del lago popolato di coccodrilli o conducono direttamente ai maestosi edifici nascosti nel rigoglioso fogliame.
Valeria Vaticano
5 gennaio 2013