The Last of Us 2 Soundtrack: perché la musica è così importante?
A distanza di tre mesi dal rilascio, The Last of Us Parte II fa ancora parlare di sé. Proprio all’inizio della seconda settimana di settembre, la Naughty Dog ha lanciato una ulteriore patch, citando correzioni di bug e lievi miglioramenti complessivi; certamente un aggiornamento minore rispetto alla modalità realismo di agosto che ci ha letteralmente aperto un mondo nuovo.
Ma oggi siamo qui per analizzare un piccolo aspetto di questo gioco che, da musicista, mi ha fatto letteralmente uscire di testa: la colonna sonora. L’argomento è stato incredibilmente snobbato da molte testate, limitandosi a qualche apprezzamento inevitabile e superficiale. Oggi con voi vorrei invece scavare un po’ più a fondo, soffermandomi certamente sul guitar gameplay, ma soprattutto cercando di capire le motivazioni di determinate scelte musicali.
Si può suonare la chitarra! Sì, ma…
Nonostante questo mini-gameplay nel gioco in sé sia sicuramente divertente e innovativo, resta a mio parere la parte meno interessante della questione “musicale”. La combinazione stick/touchpad non è male e a suo modo intuitiva, così come il cambio gestito con un’interfaccia a sei accordi, appartenenti alla stessa tonalità, a sua volta swippabile con left/right. Molti fan sono impazziti, creando vere e proprie compilation su youtube in cui suonano le canzoni più disparate.
Non è chiaramente un modo realistico di approcciarsi a uno strumento musicale, ma è comunque incredibile l’accuratezza con cui siano state realizzate le animazioni: le dita sulla tastiera della chitarra, soprattutto quelle della mano sinistra che vanno a dar vita agli accordi, sono esattamente dove dovrebbero essere.
E allora perché dovrebbe essere la parte meno interessante?
Il rifugio di Ellie nella musica
Dario ha già parlato di tutte le critiche inutili fatte al gioco il giorno del rilascio e siamo fermamente convinti che questo vero e proprio attacco debba essere chiamato col proprio nome: omofobia. Ma al di là dell’identità sessuale di Ellie, nessuno si è posto il problema della sua crudeltà, più volte sperimentata durante il gioco. Questo “prosciutto sugli occhi” non lo mettiamo necessariamente perché è la protagonista, bensì perché il gioco ci porta a comprenderla, a entrare in empatia con le sue motivazioni e le sue emozioni: la vendetta, la voglia di rivincita, l’incapacità di andare avanti e di lasciar andare Joel. La sua disperazione è evidente e la porta a commettere azioni tutt’altro che moralmente accettabili. Questo aspetto non ci viene addolcito mai, anzi viene esacerbato con forza. Tuttavia riusciamo a giustificarlo all’interno di un percorso e di un’ambientazione che ci portano a ragionare e a “sentire”, nel senso inglese di to feel, esattamente come lei.
La vita di Ellie- e con essa i suoi pensieri e le sue azioni- alla morte di Joel è guidata dalla necessità di vendetta. Esattamente come quella di Abby. Ma Ellie ha qualcosa in più dalla sua parte, una cosa che la lega direttamente a Joel: la musica.
Molti giocatori hanno visto il “suonare la chitarra” all’interno del gioco come un di più, qualcosa di contorno che non ha a che fare direttamente con la trama. Ma se ci pensiamo bene, la musica è ciò che ha permesso a Joel ed Ellie di riavvicinarsi: in vita, con la promessa di insegnarle qualcosa; dopo la morte con il ricordo di quel qualcosa che lui le ha lasciato, che porta sempre a galla la malinconia dei tempi andati e il dolore della perdita. Ogni volta che Ellie suona e ripercorre i propri passi con Joel, si ha la sensazione vivida che questo dolore in lei si faccia un po’ più intenso.
Nel finale, ci viene mostrata una Ellie distrutta, che ha perso qualsiasi cosa: Joel, Dina, sua figlio, gli amici, ma anche qualcosa di più profondo, legato a se stessa e alla propria umanità. Ma ha perso anche due dita e quando entra in casa per suonare la chitarra non può più farlo: il suono è sgraziato, le corde bloccate dall’impossibilità di essere sfiorate. Non mancano solo due dita, manca la musica che per lei è stata rifugio, dolore,legame con il passato.
Significherà un lasciar andare o un semplice arrendersi senza condizioni?
Il significato di Future Days e Take on me
La prima canzone che sentiamo “dal vivo” nel gioco è Future Days, cantata da Joel esattamente prima di regalare la chitarra a Ellie. Non a caso, il riff iniziale è anche l’ultimo che sentiamo (giocato), quando Ellie tenta di suonarlo senza due dita.
Il doppiatore, nonché cantante in questo caso, è Troy Baker, ma la canzone originale è stata scritta e arrangiata da Eddie Vedder, frontman e voce incredibile dei Pearl Jam. Future Days è in parte una promessa di protezione e redenzione, in parte una preghiera per giorni migliori, un grido di speranza verso l’umanità che in questa versione sembra sospirato e dedicato solo e soltanto a se stesso e a Ellie, qui ancora appena adolescente. Un modo per ristabilire un contatto più paterno dopo le reticenze di Ellie alla fine del primo capitolo.
Il pezzo è del 2013 ed è uscito in teoria un mese dopo il fatidico Outbreak Day, il giorno cioè dello scoppio della pandemia. Ma tranquilli, nessun errore: Joel conosce il pezzo semplicemente perché il rilascio è avvenuto con una performance live precedente alla versione studio.
L’altra performance che resta senza dubbio la più nota del gioco è Take on me, con Ellie alla
chitarra e Dina a terra che la guarda sorridendo.
Anche se la veste acustica la rende quasi irriconoscibile, questa canzone è la stessa del gruppo norvegese A-ha: la versione originale è un synth-pop di “nuova generazione”- parliamo sempre dell’85, quello che era nuovo all’epoca, adesso suona terribilmente datato- che, stando ai racconti di chi in quegli anni andava in discoteca, faceva ballare chiunque. Questa voice-guitar version esiste anche cantata dagli stessi A-ha ed è stata inserita anche come colonna sonora di Deadpool 2. La caratteristica principale è quanto cambi l’atmosfera tra le due versioni.
Certamente, quella cantata da Ashley Johnson (voce di Ellie) ha un fascino particolare. Nonostante sia molto imprecisa a livello vocale, l’intensità dell’interpretazione e l’atmosfera generale contribuiscono a renderlo un pezzo unico, soprattutto sul verso “there’s no better to be safe and sorry”. Inevitabile pensare a una dedica a Dina, che è lì davanti a lei e la osserva: “take on me” è infatti la richiesta di accettare l’altro così com’è, soprattutto in tempi in cui la frase successiva nel ritornello “I’ll be gone in a day or two” potrebbe rivelarsi terribilmente reale.
Gustavo Santaolalla per l’Original Soundtrack (di nuovo)
Diciamo che, alla luce di tutto ciò, non è possibile scindere The Last of Us Parte II dalla propria soundtrack. E quando questa non viene cantata dai personaggi, è comunque presente in maniera sotterranea grazie alle note del sempiterno Gustavo Santaolalla, fedele alla saga già nel primo capitolo e nel dlc. La sua capacità di adattare perfettamente ciò che si ascolta con ciò che si vede è già stata ampiamente riconosciuta e mettere su una soundtrack potente ma discreta, come in questo caso, non è affatto facile. Come non lo è farsi notare senza parole in un gioco che ha una spropositata quantità di pezzi cantati, a volte anche dal significato piuttosto “ingombrante”, come abbiamo visto. Tuttavia il suo scopo era accompagnarci nel mondo e ci riesce benissimo.
Come se fosse la luce che tutte le falene cercano.