Italia-USA, intervista al Console Onorario Antonella Brancaccio Balzano
In quanto Console Onorario di Orlando, può illustrarci il ruolo svolto storicamente dalla comunità italiana in Florida e come questo si è evoluto negli ultimi anni?
Il Consolato Generale d’Italia conta la seconda comunità straniera più grande negli Stati Uniti. Stando agli ultimi dati, abbiamo circa 54mila di italiani iscritti nella nostra giurisdizione a cui si aggiungono 2 milioni di americani di origine italiana. La comunità è molto attiva in vari settori: food, tecnologia, arte, cultura, ecc. Lo sviluppo e l’affermazione di enti come l’ICE, il Comites, gli istituti di cultura, le camere di commercio e le organizzazioni italiane sono il sintomo della crescita della comunità italiana nel territorio. La comunità professionale italiana, inoltre, è molto importante in Florida, tant’è che include medici, ricercatori, scienziati, legali, artisti e chef stellati.
La lingua italiana può rappresentare un touchpoint importante per rafforzare il ruolo politico ed economico dell’Italia all’Estero. Come viene percepito l’italiano negli Stati Uniti e in particolare nella costa Est?
La lingua italiana è il punto di partenza per affermare il ruolo politico-economico dell’Italia. Infatti, è il primo step per affermare i valori, la cultura e l’economia di un paese in generale. L’italiano è ben affermato dalle scuole elementari e alle università. Da Miami a West Palm Beach, ci sono diverse scuole con programmi oramai attivi da anni. FAU, ad esempio, ha un Phd che è l’unico in tutto il sud-est; invece, UCF ha un dipartimento di italiano gestito molto bene. UCF e FIU hanno ottimi programmi e anche Tampa ha programmi importanti.
Il Made Italy è un asset fondamentale per le esportazioni italiane. Quali sono state le ultime iniziative culturali promosse su questo versante?
Il Made in Italy è promosso in vari modi. Dagli eventi culturali come i Gala (dove si promuovono i grandi marchi), agli eventi più tecnicamente mirati alla promozione come quelli organizzati dalle camere di commercio. Poi ci sono le fiere come quella delle barche a West Palm Beach, a Miami e Fort Lauderdale la fiera della ceramica e dell’aerospazio ad Orlando, gli eventi del consolato tra cui la giornata della cucina italiana e tanti altri eventi di promozione del Made in Italy.
L’Italia e gli Stati Uniti hanno una lunga storia di amicizia. In che modo valuta l’attuale contesto dei rapporti tra Washington e Roma?
I rapporti Roma-Washington sono sempre stati ottimi. Il nostro presidente del Consiglio ha visitato Biden a marzo 2023 in quello che è stato un incontro molto cordiale e rilassato. Biden in quell’occasione ha anche ribadito la solida amicizia tra i due paesi. Inoltre, non dobbiamo nemmeno dimenticare il debito della liberazione post 1945 che ci lega a questo paese che ci ha regalato la libertà.
Il mercato internazionale sembra vivere una nuova fase della globalizzazione. Reshoring, decoupling e protezionismo sembrano le nuove parole chiave dei rapporti internazionali. Come giudica questa fase?
Sotto l’amministrazione Trump si è mirato molto al protezionismo e al cosiddetto “In house production” per creare posti di lavoro negli states e abbassare i costi delle materie prime. Sotto l’amministrazione Biden, invece, siamo tornati ad acquistare materie prime da altri paesi e a produrre prodotti negli stessi. Nell’attuale clima politico il protezionismo, ove attuabile, potrebbe essere anche una strategia per l’Italia. Ma non vanno sottovalutati i costi in termini di limitazione dei beni e l’inflessibilità dei costi. Bisogna capire dove ha senso fare ciò.