«La società dei consumi cerca di spegnermi ma ancora non c’è riuscita». Parla Marcello Baraghini
Parla l'«editore all’incontrario» che negli anni ha lottato per i diritti civili al fianco di Marco Pannella. Per Lucio Battisti rappresentava il solo antitodo alla spazzatura dell'etere.
Marcello Baraghini è un monumento dell’attivismo italiano. Un «editore all’incontrario», che negli anni ha lottato per i diritti civili e la libertà personale al fianco di Marco Pannella.
Seguire il suo sguardo, oggi, significa stracciare il velo di Maya che il tecno-capitalismo ha calato sui nostri occhi.
Lo abbiamo incontrato dopo aver letto Balla coi libri edito da Iacobelli editore.
Nel libro-intervista realizzato con Daniela Piretti, i suoi ricordi di vita si sovrappongono alla contemporaneità, agli ultimi anni vissuti in balia del Covid-19.
Un espediente efficace che innesca un cortocircuito tra la straordinaria libertà che emerge dagli eventi passati e il castrante senso di impotenza dato dagli accadimenti attuali. Quanto questa emergenza ha accelerato il processo di omologazione della società?
Non solo ha omologato, ma, per vissuti raccontati a me e alla mia compagna, psicologa, Daniela Piretti abbiamo preso atto che l’isolamento familiare provocato dal Covid per due interminabili anni, ha provocato una sorta di baratro generazionale. Di fronte ad un faccia a faccia quotidiano imposto è sorto un muro di alienazione e incomunicabilità tra genitori e figli, forse irrecuperabile per la generazione del Covid e oltre.
Nel febbraio del 1992 Lucio Battisti le scrive una lettera carica di lungimiranza, in cui afferma di sostenere la sua candidatura alle imminenti elezioni. Tra i motivi che secondo lui dovrebbero spingere l’elettore a barrare la lista Baraghini: “ripulire l’etere dalla monnezza consumistica e rincoglionente”.
Dopo oltre trent’anni, c’è ancora la possibilità di andare oltre la società dei consumi o siamo a un punto di non ritorno?
L’etere, oggi, si è intasato di spazzatura infinitamente più di quella dei tempi di Lucio Battisti. Basta accendere radio e televisione zeppe fino ala nausea di slogan invasivi e assordanti di pretto stampo consumista-compulsivo, ripetuti esasperatamente; la stessa cosa succede in internet da dove però è possibile una via di fuga ponendosi addirittura in alternativa; infine i giornali che vivono addirittura oltre che di pubblicità compulsiva, palese e dichiarata, anche di quella mascherata da redazionali. Si salva poco o nulla, anzi nulla, qualcosa in rete, come già detto.
Alla nostra redazione è molto cara la figura di Luciano Bianciardi. Come nasce l’idea dei Bianciardini?
Luciano Bianciardi mi ha affascinato da lettore e poi motivato per tutta la mia cinquantennale attività editoriale in ragione della criticità a tutto campo, senza indecisioni e per la scrittura lineare, essenziale, quasi giornalistica, fruibile da chiunque. E poi il sodalizio con il figlio Ettore che mi ha consentito di riproporre alcune opere del padre Luciano contestualizzandole e soprattutto di “inventare” una nuova collana, quella dei Bianciardini, “libri infiniti” dal costo di 1 centesimo l’uno. Libro infinito perché concorrente per peso fisico alla rete, ma dal contenuto critico e anticonsumista, talmente lieve di peso da essere facilmente scaricabile, quasi in un istante, al apri dei contenuti che scorrono in rete che però sono fondamentalmente consumistici.
In origine il web si è proposto alle masse come uno strumento di libertà, come il mezzo per accedere liberamente ai saperi. Oggi abbiamo capito che non è così: il più delle volte, per accedere a dei contenuti, dobbiamo sacrificare la nostra privacy, mettere in vendita noi stessi, regalare i nostri dati, raccontare le nostre abitudini.
Che rapporto ha con internet?
Internet per me è come un gommone che mi consente di fuggire dalla cappa asfissiante del consumismo compulsivo, paragonabile alla settima flotta yankee, e, a seconda delle capacità, di organizzare resistenza e alternativa che un tempo si chiamava “controinformazione”. Ho un’età e spesso in rete mi impantano e procedo lentamente, ma mi alleno per migliorare perché la ritengo una fondamentale via di fuga, di indipendenza e di libertà.
Lei, da oltre 50 anni, è una figura chiave della controcultura nel nostro Paese. E in nome della cultura alternativa, fuori dagli schemi istituzionali, ha sacrificato la sua vita. È stato perseguitato dalla politica, dalla giustizia, dall’economia.
Riesce a rintracciare questo suo fuoco nelle nuove generazioni? A che punto è la controcultura oggi in Italia?
NO, non mi dichiaro perseguitato, piuttosto un guerrigliero tuttora in attività e per questo il “regime” reagisce e cerca di spegnermi, ma ancora non c’è riuscito.
NO, non vedo il mio stesso fuoco ardere ed estendersi come fu con i libri Millelire di Stampa Alternativa, ma non mi rassegno, piuttosto insisto addirittura mi accanisco per estendere il bacino di utenza e di interesse.