Tra il classico e il moderno alle Terme di Diocleziano
L’arte degli anni trenta è particolare, lo si sa, ma l’arte vista al Museo delle Terme di Diocleziano è stata toccante. Artisti come: Manzu, Marini, Martini, Morandi, Banfi, Rosso o Birolli hanno lasciato un segno indelebile nell’animo dello spettatore, che a ben guardare gli anni Trenta, si è potuto rendere conto di quanto classicismo essi abbiano trasmesso a chi attonito guardava stupito le loro opere. Erano, a sentir le migliori critiche , trenta sculture, ma a torto, perché chi le ha viste, ne ha contate per lo meno trentaquattro. Vi era trattata una tematica mitologica forte, legata alla storia e alle tradizioni antropomorfe degli dèì di tutto l’Olimpo. Nessun tratto cattolico o pseudo tale ma anzi, segni e simboli di un’identità culturale antica che ha riportato il visitatore ad epoche lontanissime; non certo preistoriche ma storico-archeologiche di un certo “livello”.
In alcune rappresentazioni si ricordava l’Apollo e Dafne del Bernini ed in altre le soluzioni metaforiche e sintetiche del condottiero Alessandro Magno. Niente equipara un’arte italiana tanto ricercata e simbolica ad un’arte di periodo contemporaneo, senza voler togliere nulla ad alcune sculture della nostra Gina Lollobrigida, che per il modesto parere, ha un suo particolare talento. Ma questa non voglia essere certo una critica da parte di chi non sa mettere matita su foglio. Ma già: si dimentica che oggi vi è il computer, eppure si dovrà sempre, anche per tal motivo, lavorare su carta! La scultura è una passione del tutto della sottoscritta, e non a caso questa ammirava sin da bambina chiunque sapesse riprodurre su ceramica un criceto, l’unico animale forse, più semplice da ritrarre.
La soddisfazione quando anche la sottoscritta gli diede delle sembianze fu tanta che, la mia “vera modella a memoria” fu quasi l’unica ad averle dedicato una poesia nella propria vita. Ma parliamo degli scultori che hanno vinto Biennali e Quadriennali a volontà, come Martini, molti tra loro hanno riportato Premi alle Biennali di Venezia e moltissimi altri (probabilmente aiutati anche da un po’ di campanilismo), ancor più Quadriennali a Roma. Non vi è arte, esclusa la musica con la quale chiunque cresca, che dia tanto, come la scultura, non vi è arte che arricchisca tanto l’animo, come la riproduzione di quattro mura ma anche di un corpo umano, che sia sempre una soddisfazione grande da poter provare di fronte all’espressione creativa.
La scultura è “corpo dentro e fuori dal corpo” e non c’è cosa, forse più bella di questo magnifico aspetto e sostanza divina.
Michela Gabrielli
12 novembre 2012