Le arti visive in mostra in “Processi 151” all’Accademia spagnola
Tra il XV ed il XIX secolo molti artisti, da Dürer a Bruegel e da Velazquez a Goya, hanno arricchito la loro formazione in Italia. Ciò spinse all’esigenza di effettuare un tentativo, purtroppo ai tempi mal riuscito, di fondare l’Accademia Spagnola a Roma. Il progetto cercava di calcare le orme della recente nascita dell’Accademia di Francia nel 1666, con l’obiettivo di creare un’istituzione che accogliesse gli artisti spagnoli che si trasferivano nella città sotto la protezione del re. Soltanto nel 1873 si sono verificate condizioni favorevoli alla fondazione dell’istituzione. Allo Stato Pontificio di Roma era seguito il nuovo Regno dell’Italia unita ed Emilio Castelar, Ministro di Stato della Repubblica spagnola, si dedico al progetto e redasse il preambolo del decreto fondativo dell’8 agosto del 1873. Lì veniva chiarito un altro dei punti chiave del progetto, il finanziamento.
L’istituzione venne denominata “Accademia di Belle Arti a Roma”. Il primo Regolamento effettivo venne approvato il 7 ottobre del 1873, con José Casado del Alisal come direttore, eletto dopo la prematura morte del primo direttore Eduardo Rosales, che non arrivò ad assumere l’incarico. Dopo la lunga e dolorosa parentesi rappresentata dalle guerre mondiali, con l’arrivo della democrazia, le nuove idee e i venti di libertà, l’Accademia stipulò il nuovo Regolamento del 1984. Così facendo, la Scuola di Archeologia di Roma si incorporò all’Accademia, separandosi poi nuovamente con il regolamento del 1998. Venne poi eliminata la divisione tra pensioni e borse di studio, con una durata di tre, sei o nove mesi. Questo venne accompagnato da ambiziosi lavori di ristrutturazione dell’immobile, che comportarono una parentesi nelle borse di studio tra il 1984 e il 1987.
Seguendo questo filone, siamo stati alla presentazione stampa di “Processi 151”, la mostra finale dei borsisti dell’accademia spagnola. La mostra accoglie, appunto, una selezione dei lavori e dei progetti sviluppati dai borsisti residenti nell’anno accademico 2023-2024. Di oltre 950 totali, ne sono stati selezionati 23 da un team di 60 professionisti del settore culturale. Abbiamo avuto modo di parlare con Alejandro Andùjar, che ospita il progetto “Il Vuoto della Moretta”, una scultura esperienziale basata sul piano regolatore del Piacentini, Cecilia Barriga che, con “Ovunque il mio nome porti” tocca temi come la violenza di genere e l’accettazione della donna nella società a partire da un innovativo studio sulla canzone “La povera Cecilia”. C’è anche Pedro Luis Cembranos, originario di Madrid, che ha studiato “L’ordine della comunità” basandosi sui testi di Adriano Olivetti ricreando una produzione di film-saggi che spaziano tra le arti visive più variegate.
Discorso a parte per Belenish Moreno-Gil, di Jerez. Il ciclo distico “Il catalogo è questo” presenta una critica al mondo musicale circa la carenza di referenti femminili nella creazione musicale e TikTopera (I) è il risultato della sua creazione.
Come ultimi due espositori, abbiamo avuto modo di confrontarci con Alex Rodrìguez Suàrez che propone un progetto sul patrimonio artistico sconosciuto campanario e Carla Zollinger che si è concentrata sull’architetta Lina Bo Bardi, fautrice della massima “A Roma ci sono solo rovine”.
“Processi 151” sarà esposto alla Real Academia spagnola dal 20 giugno.