Fitopolis, la città vivente di Stefano Mancuso
L’idea dell’uomo quale misura di tutte le cose ha radici lontane nei millenni e in Fitopolis, la città vivente, Stefano Mancuso dimostra come sia riflessa in modo inequivocabile nella struttura delle nostre metropoli: «sempre un centro/testa, intorno cui ruotano delle aree specializzate/organi da cui dipende la sopravvivenza della città».
Per 20.000 generazioni la specie umana ha vissuto nelle foreste, abitato la superficie della terra in tutta la sua disponibilità, varietà di risorse ed ecosistemi. Anche attraverso un’ampia distribuzione geografica, ci siamo evoluti come specie generalista, affinando le nostre doti di adattamento e di resistenza.
A testimonianza dei trascorsi frastagliati della nostra specie – ricorda Mancuso nel coinvolgente saggio pubblicato da Laterza a Novembre 2023 – oggi possiamo distinguere fra molte più sfumature del colore verde rispetto ad altri colori.
Tuttavia, nel giro di pochi anni ci siamo resi protagonisti di un brusco fenomeno la cui portata rivoluzionaria è paragonabile al momento in cui, da nomadi cacciatori-raccoglitori, ci siamo trasformati in una specie stanziale di agricoltori: il 55% della popolazione mondiale attualmente abita nelle città.
Città che dimostrano di possedere ecosistemi simili tra loro, molto più di quanto non lo siano rispetto all’area rurale circostante: «alte temperature, mancanza di vegetazione, impermeabilità dei suoli, inquinamento dell’aria, densità di popolazione e decine di altri fattori parimenti importanti».
Si tratta di un cambio di rotta dalla deriva non poco significativa per la nostra evoluzione da specie generalista a una specialista, la quale, pericolosamente si differenzia dalla prima, poiché in grado di sopravvivere solo in condizioni ambientali che si attestino come stabili e specifiche.
Le metropoli di tutto il mondo, vicine al modello organizzativo animale, quindi gerarchico, centralizzato e delimitato, sono disegnate a tavolino per essere le migliori – ma non concepite per adattarsi: ed è proprio questo a renderle sterili e deboli, «inerti elaborazioni urbanistiche inadatte alla vita organica».
La maggior parte di esse non sono idonee a fronteggiare i cambiamenti climatici a cui l’umanità sta andando incontro a velocità mai registrate e che ci porterà, nel giro di pochi decenni, a subire aumenti di temperatura, città invivibili, e di conseguenza, migrazioni di massa.
Già da inizio Novecento, studi dimostrano la straordinaria connessione esistente tra le scoperte darwiniane e l’urbanistica: a tal proposito, Mancuso cita le teorie del botanico scozzese, Patrick Geddes, che incoraggiano a ripensare la pianificazione delle città in senso evolutivo.
Nell’ottica di Darwin, riferisce Mancuso, l’evoluzione non opera attraverso grandi sconvolgimenti ma tramite piccole variazioni graduali, le quali devono poter essere “digerite” dalle nostre città attraverso un metabolismo che sia, appunto, pronto ad adattarsi. Fondamentale per l’autore è il pensiero di José Luis Sert, secondo il quale l’obsoleta urbanistica andrebbe sostituita con il concetto di «biologia urbana».
Invece che essere lo specchio di modelli di progettazione animale, fondati sulla concentrazione e sulla specializzazione, le nostre città hanno bisogno di replicare l’organizzazione vincente delle piante, le quali, non potendo fuggire da eventuali minacce, possiedono le risorse per potersi difendere e adeguare.
Le Fitopolis avrebbero una struttura distribuita, decentrata, orizzontale, nella quale, la sovrabbondanza di vegetazione assicurerebbe innumerevoli vantaggi all’ambiente e alla nostra psiche: come gli effetti di ombreggiamento e di evapotraspirazione, grazie ai quali nel periodo estivo si otterrebbe un abbassamento di 5°-6° nella temperatura dell’aria, 8°-12° in quella dei nostri edifici e suoli.
Il tutto semplicemente piantando alberi. D’altronde, come ha riferito saggiamente l’autore in occasione di una conferenza sul tema: «Se invece di chiamarli alberi li chiamassimo “colonnine ad alta efficienza per l’assorbimento dell’anidride carbonica” ne staremmo coprendo il pianeta».
Link al libro: Fitopolis, la città vivente – di Stefano Mancuso
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