Se imparassimo dagli alberi
Esistono libri che studiamo quasi a forza durante gli anni scolastici, tra i banchi arriviamo quasi ad odiare quei classici per poi, non sempre, renderci conto della loro effettiva bellezza anni e anni dopo.
Altri libri li leggiamo per uccidere il tempo o quanto meno per ingannarlo, alcuni ci lasciano qualcosa, altri ancora finiscono sul nostro comodino, con un segnalibro a quasi metà del volume a ricordarci che spesso il tempo non lo inganni, non lo uccidi…spesso lo perdi e basta.
La tribù degli alberi, libro di Stefano Mancuso edito per quelli di Einaudi, letto sovrappensiero non è altro che un romanzo d’avventura ben scritto, con una storia originale ma non da “effetto wow”.
Per capire davvero il messaggio di Mancuso, il lettore deve fermare la lettura e fare un parallelismo tra il mondo vegetale, protagonista del racconto, e lo stesso uomo protagonista, nel bene e nel male, della società.
Il mondo vegetale di Mancuso ci insegna che più specie diverse possono vivere assieme attraverso poche regole, che il rapporto tra anziani e giovani è un conflitto generazione si ma con il rispetto un conflitto può diventare dialogo e da quest’ultimo si può tutelare il bene comune.
Riflettendoci su, l’essere umano continua a fare l’esatto opposto: distrugge, non dialoga, fortifica puntualmente il suo ego dimenticandosi il bene primario: la comunità.
Nel romanzo emerge anche un altro valore importante, l’amicizia. Le tribù raccontate da Mancuso sono costrette ad affrontare un problema comune ed è solo collaborando tra loro, unendo le loro forze che riescono a trovare la soluzione evitando l’estinzione.
Il vero punto di forza delle piante è la più grande battaglia della nostra società, l’inclusione e la serena accettazione dei limiti del nostro prossimo. Per essere il primo esperimento narrativo di Mancuso, La tribù degli alberi è uno di quei libri che il tempo non lo uccide ma lo ferma per qualche istante ed è in quell’istante preciso che dovremmo pensare meno alla storia di Laurin, protagonista del libro, e più alla nostra storia…al nostro futuro soprattutto. A fine lettura sarà normale soffermarsi per qualche secondo in più davanti a quell’albero che tutte le mattine vediamo mentre ci rechiamo a scuola o a lavoro, penseremo magari a Laurin e con un po’ di umiltà capiremo che da quell’albero abbiamo solo da imparare.
Ad maiora Stefano!