Queerfobia: un libro per combattere la paura

Negli ultimi tempi la scena politica italiana è animata dal dibattito in merito al Ddl Zan, un testo unificato nato da diverse proposte di legge con l’obiettivo di “prevenire e contrastare la discriminazione e la violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.
Sebbene la prima proposta di legge risalga al 2013, il testo Zan è approdato in Parlamento diversi anni dopo, creando non poche discussioni tra i parlamentari e venendo continuamente rimandato, forse anche a causa di quella che oggi prende il nome di queerfobia.
La queerfobia è l’avversione e la paura irrazionale nei confronti delle persone appartenenti alla comunità LGBT+.
Il termine inglese queer (strano, insolito) è stato impiegato per la prima volta con un’accezione negativa nei confronti degli omosessuali, per poi essere riabilitato nell’ambito politico e culturale per indicare tutte le sfaccettature dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, rifiutandone le categorie più rigidamente fissate.

Omofobia nella letteratura italiana
Queerfobia è anche il titolo del libro di Giorgio Ghibaudo e Gianluca Polastri, edito per la prima volta a maggio 2021 da D editore, nato con l’intento di supportare la legge Zan. Il testo, unico nel suo genere, si configura come un’antologia di racconti, poesie ed immagini di odio quotidiano che tentano di sensibilizzare i lettori su una tematica tanto importante quanto delicata.
Per prendere coscienza dell’esistenza delle persone queer e provare per loro empatia è infatti necessario conoscere le loro storie ed immedesimarsi nelle loro vite. In questo ci vengono in aiuto l’arte e la letteratura che con la potenza espressiva che le contraddistingue riescono ad accostare alla realtà queer anche chi non la vive direttamente sulla propria pelle.
Nel nostro Paese il tema della letteratura gay tende ad essere occultato perché, come sottolinea il professore Francesco Gnerre, massimo esperto di letteratura gay in Italia, gli autori e le case editrici temono di essere relegati in un settore a parte e di perdere quel carattere di universalità tipico della grande letteratura.
Da qui possiamo comprendere la portata rivoluzionaria del testo Queerfobia che ci invita ad uscire dalla nostra comfort zone e a non avere paura di un mondo diverso rispetto a quello che siamo abituati a conoscere, e che fino ad ora ci è sembrato l’unico possibile.

Testimonianze e dati
I due autori, entrambi scrittori torinesi impegnati nella promozione della tematica Lgbt, hanno articolato il testo in due grandi macrosezioni.
La prima racchiude interviste, sceneggiature, poesie e racconti di vita reale in cui vengono testimoniate le umiliazioni, gli insulti, il disprezzo, la violenza verbale e fisica che la comunità Lgbt è costretta a subire e poi ancora la rabbia, l’incomprensione e il suicidio, che sono le estreme conseguenze del giudizio altrui su chi si sente emarginato perché ritenuto diverso.
“Amaramente devo constatare che la situazione in Italia non è cambiata, cioè non siamo riusciti a modificarla come speravamo. Consegniamo (alle nuove generazioni) un mondo migliorato, ma non abbastanza, non come ci illudevamo sarebbe diventato. Oggi si parla molto di omosessualità, ma se ne parla a vanvera e troppo spesso ancora in termini denigratori. L’omosessualità è ancora sovente sinonimo di stili di vita equivoci, di tendenza alla pedofilia, di ambienti al limite con l’illegalità. I gay e le lesbiche italiani non possono adottare un bambino perché evidentemente si ritiene che siano degli adulti peggiori degli adulti eterosessuali e che perciò siano intrinsecamente inadatti a fare i genitori.
[…] Ancora troppo poco si fa per contrastare il bullismo omofobo a scuola e nel mondo del lavoro. Generalmente i media offrono modelli di riferimento negativi, macchiettistici, il gay o la lesbica televisivi devono ancora troppo spesso suscitare l’ilarità del pubblico, le loro movenze sono calcate, ridicolizzate, stereotipate”.
Da questa prima parte emerge come la discriminazione, subdola o manifesta, provochi lentamente nella persona un annientamento fisico e psicologico spesso irreversibile.
La seconda sezione del libro si focalizza sulle “cronache di ordinaria omofobia” in cui emergono dati statistici agghiaccianti che registrano la distribuzione degli episodi di omofobia giorno per giorno. Il Nord e il Centro Italia rilevano la maggior quantità di aggressioni, soprattutto in grandi città come Milano, Firenze e Roma, ma il Sud non ne è esente; qui il retaggio della vecchia mentalità è ancora forte per cui per poter andare avanti si sceglie di sopportare in silenzio e di fingersi diversi da quel che si è o di emigrare al Nord dal momento che le grandi metropoli offrono maggiori possibilità di sopravvivenza.
Troppo spesso il senso di inadeguatezza che porta fino alla morte viene celato dietro la semplicistica motivazione di incidente stradale o di depressione, ma non è così. Tutto ciò ha un nome ed è quello di omofobia. Bisogna dare il giusto nome alle cose per poterle affrontare e superare.
È deprimente pensare che nel 2021 ci siano ancora così tante persone costrette a lottare per poter amare liberamente chi desiderano senza rischiare di essere aggredite per strada. Se è vero che l’odio genera odio allora l’amore genera amore, e l’amore non ha sesso né identità.
Dunque, quando arroccati sulle nostre convinzioni, ci lasciamo anche solo sfiorare dal pensiero che chi è diverso da noi non meriti i nostri stessi diritti, allora dovremmo ricordarci che la diversità è un diritto oltre che un valore e “quando perdiamo il diritto di essere diversi, perdiamo il privilegio di essere liberi”.