Concordia, un anno dopo: l’unica certezza sono le 32 vittime
Isola del Giglio, ad un anno esatto dal tragico ”inchino” che portò al naufragio della nave da crociera Costa Concordia le certezze maggiori sono due. La prima è che la nave, trecento metri e 112 mila tonnellate di lamiere, si trova ancora lì e molto probabilmente sarà destinata a rimanerci ancora a lungo. La seconda è che quella notte morirono 32 persone, due di esse non sono mai state ritrovate, e ad oggi non sono ancora stati dissipati tutti i dubbi su quanto avvenne, e cosa ancor più grave non sono ancora stati definiti con precisione quali siano i colpevoli e quali le vittime.
Certo è pure il dolore di chi quella notte ha perso familiari, amicizie o amori, proprio come Claudio Masia, 50 anni, che perse il padre e che oggi racconta: «Un anno fa tristezza e dolore sono entrati nella nostra casa e mia madre da quel giorno vive un incubo, prigioniera di un’angoscia continua e assillante».
Certo è anche il valore del rimborso ai passeggeri di 14 mila euro scaturito dall’accordo tra associazioni dei consumatori e la compagnia Costa Crociere che a parere della maggior parte delle persone che quella notte erano sulla nave suonano come un’offesa.
Sicuramente in questi mesi uno dei nomi più citati è stato quello del comandante della Concordia, Francesco Schettino. È lui l’accusato principale con i capi di imputazione per omicidio plurimo colposo, abbandono della nave e danno ambientale.
L’inchiesta, condotta dal pubblico ministero Francesco Veruso, ha individuato altri 12 indagati tra cui gli ufficiali Ciro Ambrosio, secondo di Schettino; il terzo ufficiale Silvia Coronica, Salvatore Ursino, in addestramento; il cartografo Simone Canessa; Roberto Bosio, comandante in seconda (che non presente); Andrea Bongiovanni; Manrico Giampedroni, il commissario celebrato come un eroe perché avrebbe salvato molte persone e con una gamba spezzata aspettò per ore i soccorsi al buio nella pancia della nave. Tre gli indagati dell’azienda Costa: il capo dell’unità di crisi Roberto Ferrarini; il vicepresidente Manfred Ursprunger; Paolo Parodi, membro dell’unità di crisi.
Lo stesso Francesco Veruso ha ricordato che a distanza di 12 mesi si riesce a comprendere maggiormente quanto «quello del comandante della nave da crociera fu un comportamento sconcertante, è stato accertato che al momento dell’impatto il comandante era sulla plancia di comando, governava la nave con il timone a mano, come si fa, in genere, con una barchetta o un gommone sottocosta, senza una rotta tracciata».
Ciò che più ha colpito il mondo interno quel giorno è stata anche una telefonata, quella che il Capitano Gregorio De Falco fece a Schettino all’ 1:46 di notte e che ben rende l’idea della magra figura che fece la nostra nazione:
”Comandante questo è un ordine, adesso comando io, lei ha dichiarato l’abbandono della nave e va a coordinare i soccorsi a prua. Ci sono già dei cadaveri”
“Quanti?”, chiede Schiettino.
“Dovrebbe dirmelo lei. Cosa vuole fare, vuole andare a casa? Lei ora torna sopra e mi dice cosa si può fare, quante persone ci sono, e di cosa hanno bisogno”
“Va bene, sto andando”.
Negare i problemi anche difronte a ciò che è evidente, questa è la certezza che ancora oggi, dopo 12 mesi, caratterizza maggiormente questa vicenda, e perché no, anche l’attuale situazione della nostra beneamata nazione.
Enrico Ferdinandi
12 gennaio 2013