I versetti sardonici di Dino Risi
Se Edgar Lee Masters fosse vissuto in Italia avrebbe conosciuto personaggi ben più grotteschi di quelli raccontati nella sua Antologia di Spoon River. Al suo posto noi abbiamo avuto Dino Risi, che oltre a filmarli, i saltimbanchi nostrani, li ha raccontati anche in rima.

Coraggio, il meglio è passato. Uno degli aforismi più celebri di quel geniaccio di Ennio Flaiano potrebbe essere il titolo di questo epilogo estivo dal sapore agrodolce.
L’estate sta finendo — stavolta sono i Righeira — e il ritorno nelle volgari, caotiche, insostenibili città è accompagnato da incombenze tutte nuove.
Perché le bombe d’acqua sul finire di una stagione mai stata così arida fanno somigliare sempre più il Bel Paese ad una località del Sud-est Asiatico. È agosto e piove, governo ladro.
Sarebbe facile fare ironia accusando il teatrino della politica, non fosse che le prime elezioni politiche autunnali da quando è nata la Repubblica suggeriscono di andarci coi piedi di piombo.
Insomma, questi ultimi attimi di ricreazione prima che la campanella segni il ritorno all’ordine hanno il retrogusto amaro di certe risate della Commedia all’italiana. Lo diceva Monicelli e lo confermava Scola: siamo un Paese di istrionici saltimbanchi, ma abbiamo anche dei difetti.
Colui che ha saputo raccontare meglio i vizi e le virtù dell’italiano vacanziero è senz’ombra di dubbio Dino Risi. Motivo per cui vale la pena rievocarlo proprio ora che il meglio è passato.
Conviene farlo però non tanto ripercorrendo la cronistoria dei suoi film, bensì affidandosi ad un libretto recentemente edito da GOG che vede il regista de Il sorpasso nei panni di cantore (o di canzonatore, che dir si voglia) dei nostri costumi.
I Versetti sardonici — questo il titolo della raccolta — tanto ricordano gli aforismi pungenti di Ennio Flaiano, autore con cui Risi collaborò per la stesura di due delle sue pellicole migliori, Nel segno di Venere e Un amore a Roma. Oltre allo spleen, oltre al taedium vitae, le rime acide di Risi rendono leggera la tragicità del quotidiano, sono uno schiaffo in faccia al moralismo e a ogni postura di comodo.
Ci sono dei versi, come quelli dal titolo Che bella invenzione, che subito fanno tornare in mente le sequenze migliori del suo cinema: in questo caso particolare il riferimento è al ferocissimo episodio L’oppio dei popoli, all’interno de I mostri, in cui il regista ridicolizzava le famiglie italiane già completamente assuefatte dalla televisione.
In altri titoli invece il collegamento alle icone cinematografiche rimane sfumato, tangenziale. Chiari però sono gli obiettivi satirici di ogni componimento (Beato Gianni Agnelli/Che non ha mai fatto/ La coda agli sportelli) e le attitudini alla vita (Volle che / Sulla sua lapide / Al cimitero / Fosse scritto / Mi sono tolto / Un pensiero).
Una Antologia di Spoon River che denuncia cortocircuiti mai del tutto risolti e personaggi grotteschi di cui mai sapremo fare davvero a meno. I Versetti sardonici sono un album da sfogliare per prendere la vita (e l’Italia) per quel che è. Chiuso l’ombrellone, il meglio sembra essere davvero passato…