Noche de fuego: crescere sotto il segno della paura


Dalla realtà alla finzione
Noche de fuego è il primo film della regista salvadoregna Tatiana Huezo, la quale si è ispirata al romanzo Prayers for the stolen di Jennifer Clement.
È una storia ambientata in Messico che parla di donne, protagoniste di una esistenza difficile, vissuta a metà tra l’immobilità della paura e il dinamismo del coraggio.

La recente pellicola, uscita nelle sale cinematografiche messicane a settembre di quest’anno, è un dramma di formazione, perché si focalizza sul percorso di vita di tre adolescenti e sulle loro esperienze di crescita in una realtà abbrutita dai Narcos.
La Huezo è una documentarista dal viscerale impegno politico e dall’interesse antropologico per la società. È stata la regista di documentari quali Tempestad, incentrato sulle vittime della corruzione e dei traffici umani messicani, e El lugar más pequeño, che affronta il tema della annosa guerra civile a Cinquera.
Anche in questo film si può notare la forza propulsiva del vero, del reale che domina molte scene, permeandole di naturalezza e genuinità.
Nascere donna
In un paesino rurale della Sierra de Guerrero vivono, insieme alle loro famiglie, tre bambine legate da una solida amicizia e curiose di scoprire il mondo che le circonda.
Questa scoperta sarà amara, perché svelerà subito loro la crudeltà del luogo in cui vivono, costantemente preda dei cartelli della droga locali.
Fin dalla tenera età, Ana e le sue amiche vengono costrette dalle madri a tagliarsi i capelli e a vestire da maschio, perché i narcotrafficanti minacciano gli abitanti del paese di rapire le ragazze e di farle sparire per sempre.

Ed è proprio così, molte giovani donne vengono strappate dalle proprie abitazioni e l’unica cosa che la comunità può fare è proprio “pregare per le persone rapite”.
Più si cresce e più bisogna coprire le forme, mascolinizzare i tratti femminili, condurre una vita ritirata.
Le ragazze iniziano a scoprire il proprio corpo ma devono nasconderlo, non possono permettersi di sperimentare la femminilità, la pagherebbero con la vita.
Anche i primi amori possono essere vissuti ma in maniera clandestina.

La scelta più saggia rimane quindi quella di creare, nel giardino di casa, delle buche sottoterra in cui rifugiarsi quando arrivano i narcos.
Ma non è semplice crescere in questo ambiente malsano e limitante, prive di ogni libertà e soprattutto con il timore di essere sottratte agli affetti più cari.
Un barlume di speranza
Noche de fuego è un film crudo, violento e realistico, sono pochi i momenti in cui ci si diverte, ma una cosa è innegabile e palpabile: l’affetto che lega i protagonisti della storia. Madri, figlie e amiche.
Anche se non c’è tempo per le dimostrazioni d’affetto, perché ciò a cui bisogna pensare è la sopravvivenza. In una ricerca spasmodica di normalità che viene sempre interrotta dalla violenza esterna, dall’anormalità della brutalità criminosa.
Infine, ma non per minor importanza, il film tratta la spinosa tematica dell’istruzione, che sembra essere molto cara alla regista.

I ragazzi non riescono ad avere una formazione completa perché i professori sono costretti ad abbandonare i luoghi così pericolosi. Ma la voglia di imparare e di riscattarsi è forte, in particolare in Ana che sogna di diventare un’insegnante.
È brava, obbediente e si applica ma ha bisogno di un supporto didattico più consistente e continuo nel tempo.
Nella notte di fuoco, in cui Ana perde una delle sue care amiche, rapita ovviamente dal cartello, quasi tutta la comunità (tra cui anche Ana e la madre) decide di partire per un altro posto, alla ricerca di una vita più serena.
Ecco allora che, seppur tormentata dal dolore di una perdita, si apre per la protagonista e per chi fugge una speranza, una possibilità di costruire un futuro migliore, lontano dalla crudeltà atrofizzante.

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