L’Ukiyoe arriva a Roma. A Palazzo Braschi la più grande collezione di stampe artistiche giapponesi

Siamo abituati a pensare al Giappone per la sua cultura contemporanea, diventata quasi un oggetto pop del nostro ordinario. I ristoranti di sushi invadono le città, i videogiochi e gli anime le televisioni e il mito dei samurai affascina in maniera stravagante e fantasiosa. Eppure la storia millenaria del Giappone affonda le sue radici in un complesso sistema artico/culturale sviluppatosi nel corso dei secoli. L’Ukiyoe ne è la sua più grande dimostrazione.
L’Ukiyoe è una tecnica di stampa artistica sviluppatasi durante il periodo della dinastia Edo, tra l’inizio del diciassettesimo e la fine del diciannovesimo secolo. Il termine giapponese Ukiyoe significa “immagini del mondo fluttuante”, ed è proprio con questo titolo che viene presentata la mostra nella splendida cornice di palazzo Braschi a Roma: “UKIYOE. Il mondo fluttuante. Visioni dal Giappone”. Una panoramica eccezionale su una tecnica di arte popolare che ha contribuito a cambiare la società stessa del Giappone e ad ispirare nel proprio percorso creativo, artisti del calibro di Van Gogh e Klimt.
Rotoli, stampe, dipinti a pennello. Sono 150 le opere esposte a Roma dal 20 febbraio fino al 23 giugno.In mostra si può assaporare l’intero cammino artistico, dai suoi esordi ai suoi momenti più celebri, osservando le differenze di approccio e visione, sia temporali che stilistiche. Si passa dalle scuole seicentesche ad artisti di fama internazionale come Toyokuni e Kunisada. Un percorso lungo duecentocinquanta anni, con i suoi colori, tensioni e contraddizioni.
L’Ukiyoe affronta temi diversificati ma allo stesso tempo connessi tra loro. L’universo femminile, in tutte le sue sfaccettature; donne ritratte in momenti intimi di svago e relax, come figure maestre del modello educativo e disciplinare dell’epoca, come danzatrici e musiciste. La danza in particolare, è un elemento cardine di arte performativa giapponese, che trova nella sua rappresentazione popolare, il suo più grande divulgatore. Dalle strade ai teatri sono tantissime le stampe che raffigurano donne con ventagli, simbolo della radicata esigenza di festa e festività, spesso di natura religiosa e propiziatoria.
La raffinatezza narrativa delle feste è indicata anche dai chiari riferimenti al teatro kabuki, in netta contrapposizione al teatro aristocratico. Lo scopo era il racconto di aneddoti di vita quotidiana, spesso affrontati in forma di parodia, per non cadere nella censura imperiale. Colorati, frizzanti, vivaci. In questo stesso modo vengono realizzate le stampe e i dipinti, offrendo un’esperienza immersiva, data solo dalla capacità di narrare attraverso l’uso eccelso dei colori e delle forme.
I luoghi della seduzione sono un altro tassello di una società popolare complessa, in cui nello Ukiyoe trovano grande libertà espressiva. Ancora una volta sono le donne ad essere protagoniste. Eleganti, seduttive, a tratti angeliche. Cortigiane e Geishe, padrone di quelle case del piacere spesso frequentate (e fonte di ispirazione) di artisti ed editori.
La mostra “UKIYOE. Il mondo fluttuante. Visioni dal Giappone” ci regala visioni di quella terra a più riprese e ad angolature diverse, non solo culturali ma anche paesaggistiche, regalando un biglietto di sola andata, verso quei meravigliosi ciliegi in fiore o ponti sul lago. Il tema dei luoghi da cartolina è forse la punta di diamante dell’intera produzione artistica, ne abbiamo l’esempio più lampante nel famoso quadro “la grande onda di Kanagawa” di Katsushika Hokusai, a cui è dedicata una parete intera, per fama e importanza. Una parete per concludere un viaggio all’insegna della Storia, in ogni declinazione. Osservare la terra, gli usi e i costumi di un popolo che ancora mantiene dentro di se, tutti quei dettagli sconosciuti, difficili da trovare nella cultura pop che ci viene propinata. Ukiyoe in questo, rappresenta una grande opportunità; sia per gli appassionati dal Giapponese sia per quelli d’arte. Un percorso unico nel suo genere, dicotomico in un certo qual modo, nel cuore della Roma rinascimentale e barocca.
Articolo a cura di Enrico Zicari