Bardonecchia: il vero incidente diplomatico è l’immigrazione
Qual è la rilevanza dell’incidente diplomatico di Bardonecchia? È quella attribuitagli da giornali e governo? Sarebbe demenziale ridurre la gravità del fatto all’irruzione degli agenti francesi: si parla di incidente diplomatico perché si sta giocando a ‘scarica barile’ con le vite dei migranti. Qualche chilometro avanti e poi di nuovo un paese indietro.
File interminabili di uomini, donne e bambini che tentano di attraversare le Alpi per superare il confine tra Italia e Francia, passando per il Colle della Scala, sentiero gelato, superato con scarpe di tela ai piedi e senza il minimo indispensabile per non morire congelati o coperti dalla neve. Arrivati al traguardo, però, si ritorna indietro, in Italia per l’esattezza. Lo stesso avviene sui treni che tagliano il confine: la polizia doganale controlla i documenti di tutti i passeggeri, con particolare attenzione a chi non presenta fisionomie europee e che, se necessario, scenderà in Italia, la fermata obbligata. Il centro per migranti nella stazione di Bardonecchia è sorto proprio per dare un riparo a chi non riesce a superare la frontiera francese e viene respinto alla dogana.
Questo caso mostra lo sfiancamento e l’isterismo che si respira al confine. Un confine a dividere due Paesi, due lingue, due culture, ma la stessa unica volontà di respingere vite costrette alla vita di frontiera. Costrette a fare la vita della pallina sul tavolo da ping pong: rimbalzata da un lato del tavolo all’altro con l’unico intento di farla cadere dalla parte opposta. Si fa punto solo sfondando la difesa dell’avversario. L’incidente diplomatico di Bardonecchia è grave per questo motivo, non per altri.
Che sia un caso pretestuoso è evidente: trasuda rivendicazioni e simboleggia il fallimento delle strategie politiche migratorie degli ultimi anni. La Francia ha mandato un messaggio, ‘non vogliamo un migrante spacciatore’ e l’Italia il suo, ‘non vogliamo un altro migrante nei centri di accoglienza’.
In ogni caso la Procura di Torino ha aperto un fascicolo: il procedimento, a carico di ignoti, prende in considerazione la possibilità che gli agenti abbiamo commesso abusi in atti di ufficio, violazione di domicilio e violenza privata. Venerdì scorso cinque agenti francesi della polizia doganale sono entrati nei locali della stazione di Bardonecchia, adibiti a centro per migranti, dopo aver fermato un uomo nigeriano su un treno diretto da Parigi a Napoli, nel tratto ferroviario tra Modane (il primo comune francese oltre il confine) e Bardonecchia. Dal comunicato francese si evince che l’uomo fosse sospettato di «trasportare droga in corpo». Gli agenti, insieme al sospettato, dunque sono scesi alla stazione di Bardonecchia, per effettuare il test delle urine, entrando nel centro per migranti diretto dalla ong Rainbow for Africa.
Una volontaria del centro ha spiegato che, nonostante i poliziotti fossero armati di pistola e taser, non hanno tenuto un comportamento violento, ma in ogni caso hanno fatto irruzione nella struttura, facendosi spazio e zittendo un mediatore che cercava di capire e opporsi a quanto stava accadendo. Riguardo al ragazzo, la volontaria ha raccontato che “tremava, aveva paura”.
La Farnesina, sabato 31 marzo, ha convocato l’ambasciatore francese a Roma, Christian Masset, ma le sue risposte sono state giudicate “insoddisfacenti e inesatte”. Secondo il ministero degli Esteri italiano, la polizia francese avrebbe potuto intervenire, previa concessione del consenso da parte della polizia italiana, ma non è dello stesso avviso il ministero dei Conti Pubblici francese. Da una parte il governo e la totalità delle forze politiche italiane che parlano di un’intromissione grave, dall’altro il ministro dei Conti Pubblici, Gérald Darmanin, che parla di un intervento legittimo, regolarizzato e previsto dagli accordi del 1990.
Il ministro Darmanin ha fatto sapere all’Italia la sua disponibilità e quella delle autorità francesi «per chiarire il quadro giuridico e operativo nel quale i doganieri francesi possono intervenire sul territorio italiano in virtù di un accordo del 1990 in condizioni di rispetto della legge e delle persone». Ha chiesto di «sospendere il funzionamento» dell’accordo transnazionale fra i due Paesi fino alla sua visita al governo italiano, specificando che gli agenti francesi, prima di entrare nella struttura, sono stati autorizzati dai sanitari del centro. «Il controllo alla fine si è rivelato negativo. Tuttavia alcuni membri dell’associazione si sono risentiti per questo controllo e hanno voluto che la persona controllata restasse con loro al termine del controllo». Ecco qui, lo ‘scarica barile’.
In riferimento al trattato di Schengen (1985), la cui Applicazione è stata sottoscritta nel 1990, gli articoli 40 e 41 prevedono circostanze in cui, per motivi di urgenza, i poliziotti di un paese possono sconfinare in un altro. Come conferma il questore di Torino, Francesco Messina, la polizia francese ha il diritto di girare armata sul suolo italiano e fare controlli o altre indagini, ma deve necessariamente avvertire i colleghi italiani. Per quanto riguarda il loro ruolo sui treni la questione è diversa, perché esiste un accordo che permette alla polizia italiana di controllare i vagoni anche oltre il confine, fino a Modane, e alla polizia francese di arrivare fino a Bardonecchia. Qualora, in caso di urgenza, fosse necessario un inseguimento all’uscita del treno le autorità straniere sono però obbligate a chiedere il consenso alle autorità locali o quantomeno a chiederne l’intervento.
Se per il governo italiano si tratta di un’intricata questione diplomatica, a ridimensionarne la portata effettiva ci pensano gli stessi abitanti del posto che sottolineano la normalità della presenza di poliziotti francesi a Bardonecchia, così come dei poliziotti italiani a Modane.
Anche il giurista Edoardo Greppi, docente di diritto internazionale all’Università di Torino, invita a ridimensionare l’episodio «a una portata molto modesta, perché il fatto in sé è stato molto modesto», spiegando infatti che «per agire in quel modo gli agenti avrebbero dovuto essere autorizzati dallo stato territoriale, ma nell’ambito dell’Unione Europea questo principio, che dovrebbe essere rigidissimo, conosce molte attenuazioni. Quando ero ragazzo io era impensabile vedere una pattuglia della Gendarmerie o della Police National a Bardonecchia, o una pattuglia di Carabinieri o della Polizia di Stato a Modane. Oggi è materia quotidiana, perché il rapporto tra i due paesi è molto stretto».
Ciò che ha maldisposto, almeno ufficialmente, il governo e le varie forze politiche in Italia è stata l’irruzione della polizia francese nei locali della stazione, i quali, in base ad un vecchio accordo del 1963, erano stati concessi agli agenti di polizia francese in virtù della collaborazione transfrontaliera tra Italia e Francia, ma che attualmente non erano più a disposizione della polizia francese, bensì della ong. Il comunicato della Farnesina parla di una comunicazione in merito avvenuta a marzo tra le Ferrovie dello Stato italiane e le Dogane francesi, a testimonianza del fatto che i poliziotti francesi sapevano che non potevano usare quei locali. Era infatti previsto per il 16 aprile un incontro alla Prefettura di Torino per discuterne.
L’intransigenza dei partiti politici italiani è totale: Maurizio Martina, segretario del Pd, twitta “i fatti di Bardonecchia sono gravi. Così di certo non si fa l’Europa”. Dello stesso avviso è Enrico Letta, “l’irruzione della polizia francese a Bardonecchia è l’ennesimo errore su questione migranti. Poi in Europa si stupiscono dell’esito elettorale in Italia”. Il M5s, con Di Maio, chiede di fare chiarezza su ogni aspetto dell’accaduto, mentre Salvini è perentorio: “altro che espellere i diplomatici russi, qui bisogna allontanare i diplomatici francesi! Con noi al governo l’Italia rialzerà la testa in Europa, da Macron a Merkel, non abbiamo lezioni da prendere e i nostri confini ce li controlleremo noi”. A scagliarsi contro l’intervento francese anche Sinistra Italiana, Liberi e Uguali, Possibile e Fratelli d’Italia.
L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI)ha dichiarato che le leggi di collaborazione tra la polizia italiana e quella francese sono state palesemente violate. Oltre il trattato di Schengen, anche l’accordo di Chambery del 1997. L’articolo 41 di Schengen vieta l’ingresso agli agenti francesi «nei domicili e nei luoghi non accessibili al pubblico», come forse sono quelli della stazione di Bardonecchia dopo la fine dell’accordo che li metteva a disposizione della polizia francese. Secondo l’ASGI, infine, gli agenti francesi non potevano ottenere il campione di urina del sospettato senza un’autorizzazione di un pubblico ministero italiano, come previsto dal codice di procedura penale.