Melegatti, il down persiste anche a Natale

La crisi della storica azienda Melegatti nel periodo di incremento della spesa per i dolci natalizi: secondo Confartigianato, Coldiretti e Databank la spesa è salita di circa il 10% rispetto al 2013/2014.
Eppure proprio in prossimità delle festività natalizie, l’azienda Melegatti, commissariata da novembre, torna a richiedere la cassa integrazione per i suoi dipendenti. Per quanto la crisi sia stata stemperata dal fondo Malta Abalone, che ha garantito 6 milioni per la produzione della campagna natalizia e ne ha promessi altri 10 per supportare le preparazioni pasquali, la mancata liquidità ha inficiato eccessivamente sulla produzione Melegatti. In una riunione settimanale, l’azienda ha richiesto la cassa integrazione a causa del forte ritardo nella preparazione e nella vendita dei dolci natalizi. La catena di produzione, riaperta a pieno ritmo il 22 novembre, si è fermata proprio ieri, con un giorno di ritardo dal termine previsto. Anche confezionamento e consegne sono stati posticipati, rispettivamente al 12 e al 13 dicembre. Questo significa che pandori e panettoni arriveranno alla grande distribuzione quando la maggior parte degli acquisti è già avvenuta e nel periodo in cui i supermercati svendono questi prodotti fino ad esaurimento scorta.
Sulla base di quanto annunciato dai vertici di Melegatti, è stata programmata a oggi l’assemblea dei sindacati con i lavoratori per presentare la richiesta di cassa integrazione ordinaria.
Ha sicuramente aiutato, nelle ultime settimane, il forte incremento di vendite e prenotazioni, moltiplicate esponenzialmente in seguito alla divulgazione della notizia di ipotetico fallimento della ditta, che è riuscita a vendere 1.5 miliardi di pandori. Grazie anche all’aiuto di campagne solidali, come quella degli studenti universitari veneti, che, tramite la Rete degli studenti Medi e il sindacato degli universitari Udu Veneto, hanno messo in moto una catena di prenotazioni via web nelle scuole.
La causa del dissesto economico è da attribuire ad un investimento imprudente (10 milioni, a fronte di un fatturato annuo di 70 milioni), del febbraio scorso, per l’apertura di un nuovo stabilimento a San Martino Buon Albergo, destinato alla produzione di croissant, ma sigillato da ottobre. Inoltre la destabilizzazione dell’equilibrio aziendale è dipesa dai forti contrasti interni alla direzione, fra gli azionisti, ovvero la famiglia Ronca e Turco. Dallo scorso settembre i dipendenti si sono ritrovati le buste paga congelate e dal 5 ottobre circa 90 dipendenti sono rimasti a casa in cassa integrazione. Così come i 250 lavoratori stagionali.