Firenze, potrebbe non essere la prima volta per i due carabinieri accusati di violenza sessuale
La ricostruzione dei fatti relativi agli stupri delle due giovani studentesse americane, di 19 e 21 anni, per mano di due carabinieri, aggiunge nuovi tasselli. Finora i dati raccolti hanno stabilito che le violenze sono avvenute nella notte fra il 6 e il 7 settembre nell’androne e nell’ascensore del palazzo dove i due carabinieri hanno riaccompagnato le ragazze, una volta uscite dalla discoteca Flo’. Oggi sarà ascoltato per la prima volta il secondo carabiniere, ventottenne, accusato di aver violentato la ragazza più giovane all’interno dell’ascensore del palazzo. «La spregiudicatezza di entrambi convince i magistrati della procura militare ad ampliare gli accertamenti. Secondo le prime informative trasmesse da Firenze, mercoledì era la seconda volta che i due carabinieri uscivano insieme in pattuglia. Eppure si sono fidati l’uno dell’altro, hanno violato tutte le regole evidentemente consapevoli che non sarebbero stati traditi. Ecco perché si ipotizza che il loro comportamento possa non essere isolato». Questo è quanto riporta un articolo del Corriere della Sera pubblicato questa mattina, sul sito ufficiale del Sap (Sindacato Autonomo di Polizia), nella sezione rassegna stampa. I reati ipotizzati dalla Procura militare, che ha aperto un fascicolo autonomo sotto la responsabilità del procuratore militare Marco De Paolis e del sostituto Antonella Masala, sono violata consegna e peculato militare. Le violazioni delle norme durante il servizio e le omissioni, tramite relazioni inesistenti di quanto avvenuto, sono molteplici. Dalla «decisione di entrare nella discoteca e fermarsi al bar, nonostante fossero in servizio. Poi c’è la scelta di farle salire in auto. Le regole su questo non lasciano margini: è consentito soltanto in casi eccezionali (ad esempio il trasporto urgente di un ferito) e sempre informando la centrale operativa», fino alla sosta di circa ventitré minuti davanti al palazzo delle ragazze. I due carabinieri sono stati individuati grazie a due telecamere di videosorveglianza: una ha registrato il momento dell’arrivo della gazzella e l’altra quello dell’allontanamento dalla zona. Il sospetto che non si tratti di un caso isolato nasce dalla fiducia reciproca intercorsa tra i due militari, che stavano svolgendo solamente il secondo turno insieme. Una simile sicurezza fa presupporre una sorta di triste esperienza in questo campo. Proprio ieri il procuratore Giuseppe Creazzo ha dichiarato di non poter affermare con certezza che questa sia la prima volta. I due appuntati sono stati sospesi sabato scorso. Il Comandante generale dell’Arma, Tullio del Sette, ha parlato di «comportamento indegno che infanga il lavoro di tutti». Per questo ha dichiarato di voler tenere la linea dura, non sarà concessa alcuna indulgenza per evitare di denigrare la credibilità dei carabinieri. Probabilmente l’Arma si costituirà parte civile al processo, così come il Comune di Firenze. Il colonnello Roberto Riccardi dice: «non faremo sconti, non esiste un rapporto consenziente in una simile situazione. I due militari erano in turno e dunque non avrebbero dovuto fare nulla di quanto invece è accaduto. E per questo pagheranno». Fin da subito i pm hanno escluso la possibilità che si trattasse di un rapporto consenziente, come invece aveva sostenuto il primo militare ascoltato, Marco Camuffo (43 anni), il quale ha subito dichiarato che la ragazza – violentata – «non sembrava ubriaca, non barcollava, non puzzava di alcol, connetteva bene i discorsi» e di non aver avvertito alcuna contrarietà. Lei è riuscita a fotografarlo durante lo stupro: nell’immagine, che è stata consegnata agli inquirenti prima che il carabiniere si presentasse in procura per raccontare la sua versione, si vedono una parte del corpo, la divisa e la fondina con la pistola. Camuffo si dice incredulo per le sue stesse azioni e sostiene di essere stato coinvolto senza una vera intenzione da parte sua: «non so spiegare perché mi sono fatto trascinare in questa situazione». Aggiunge inoltre che la ragazza dimostrava una trentina di anni, «aveva un’aria più matura». La verità, accertata dai referti medici dell’ospedale Torregalli, è un’altra: le due ragazze erano ubriache e una di loro aveva fumato dell’hashish. Gli stessi referti certificano che le ragazze hanno avuto un rapporto sessuale ed è in corso l’esame del dna sui campioni di liquido biologico ritrovati sia nel palazzo che sui vestiti delle due ragazze. A confutare la versione della consensualità dell’atto sessuale, il legale delle studentesse, Gabriele Zanobini, che precisa come, nel codice penale, per violenza sessuale non si intenda solo la violenza fisica, ma anche l’abuso di persone in condizioni di inferiorità psichica o fisica. «Le due ragazze erano in una situazione alterata, anche a causa dell’alcol. In questa fattispecie il non consenso è implicito». Lo stato di ubriachezza era talmente evidente che una delle due ragazze non è riuscita nemmeno a confermare la violenza. È stata l’altra ragazza, la più cosciente, a fornire ai magistrati un racconto preciso, spiegando di non aver gridato perché i due erano armati e per questo ha scattato la fotografia di nascosto.