Con la Bignardi via gli abiti sexy e i tacchi alti da Rai3
Per la terza rete del servizio pubblico televisivo è tempo di restyling e non solo dei palinsesti. La direttrice Daria Bignardi detta le linee guida sul dress code di conduttori e giornalisti di Rai 3: per le donne banditi i tubini fascianti, soprattutto se di colore nero, le scollature generose e i tacchi 12, meglio un abbigliamento sobrio e rigoroso dai colori tenui, per intenderci un look in pieno stile Bignardi; per gli uomini va bene il completo classico con camicia e cravatta di buon gusto. Il Messaggero rivela, infatti, che martedì la direttrice ha convocato in riunione truccatrici e costumiste dando indicazioni sul corretto modo di vestire e truccare giornaliste e conduttrici, imponendo un “trucco leggero” e vietando orecchini vistosi.
Secondo la Bignardi, dunque, la serietà del servizio pubblico si misurerebbe anche sul modo di presentarsi ai telespettatori. Prima della direttrice di Rai 3 era sceso in campo sullo stesso argomento anche il direttore di Rai Parlamento, Gianni Scipione Rossi, dettando anche lui un rigoroso decalogo per l’abbigliamento dei conduttori dei TG.
Dunque, il rinnovamento dell’immagine della Rai sembrerebbe passare anche dal look, soprattutto per quanto riguarda i programmi di informazione, forse per meglio contraddistinguere la mission di servizio pubblico.
Ritorno al passato
Tuttavia, la Rai sembra tornare al “codice di autodisciplina” dei primi anni ’50, imposto dall’allora amministratore delegato, Filiberto Guala, che gestì l’azienda, puntando sulle nuove tecnologie e sulla meritocrazia- indisse il primo concorso per giornalisti e programmisti- ma anche con una rigida visione cattolica. Erano gli anni in cui al governo c’era la DC. Le cronache del tempo riferiscono che sotto la sua direzione, un tecnico impose alle ballerine del varietà del sabato sera di ballare con mutandoni allacciati sino alle caviglie. Episodio conosciuto come la “congiura dei mutandoni” che poco tempo dopo portò Guala a rassegnare le dimissioni, probabilmente incastrato da correnti interne all’azienda a lui ostili. Tornando ai giorni nostri resta da attendere quali saranno le reazioni delle dirette interessate dalle regole della Bignardi, e quali quelle del pubblico.