Rinasce Fondazione Einaudi (con l’influenza di Berlusconi?)

Dopo il rischio fallimento, lo scorso 3 febbraio è stato presentato parte del nuovo cda della Fondazione Einaudi, storica istituzione di studi culturali scampata recentemente all’acquisizione di una cordata guidata da Letta e Berlusconi che ne volevano fare una scuola di partito e che comunque sembrano avere la giusta influenza nell’attuale consiglio.
«Vogliamo essere il presidio per il repubblicani e liberali laici». Parola di Giuseppe Benedetto, già presidente della fondazione Piccolo e neoeletto presidente della Fondazione Luigi Einaudi che, durante una conferenza stampa alla Camera, ha presentato il nuovo cda e gli obiettivi per la “rinascita” dell’organizzazione che porta il nome dello storico presidente della Repubblica. Dal 1962 la Fondazione Einaudi, nata dall’attività Giovanni Malagodi come istituto culturale del Partito liberale italiano, possiede un importante archivio di volumi di storia politica e incentiva studi di carattere socio-economici attraverso borse di studio e progetti di ricerca. Dopo lo scioglimento del partito nel 1994, l’istituto è sopravvissuto grazie alle Scuole di liberalismo e a diverse mostre, come quella su Luigi Einaudi del 2008. Oggi, attraverso la “rinascita”, l’organizzazione contribuirebbe «alla formazione di una classe dirigente più sensibile alle istanze di un liberalismo moderno».

La cordata – Un pensiero questo che ha fatto gola a Silvio Berlusconi. L’ex Premier ha proposto in autunno ai vertici della Fondazione Einaudi – fra cui spiccano Banca d’Italia, Intesa, Generali e Unicredit – un’offerta per salvare l’istituzione dal collasso: 200mila euro per evitare la liquidazione dell’istituzione culturale in cambio del pieno controllo nella formazione del nuovo consiglio d’amministrazione. La cifra era composta da fondi provenienti da alcune personalità imprenditoriali: ai 45mila di Berlusconi infatti, si sommavano le risorse, tra gli altri, di Claudio De Albertis, presidente dell’Ance Claudio De Albertis; Giuseppe Recchi, presidente di Telecom; e Paolo Scaroni, ex presidente di Eni ed Enel e candidato sindaco a Milano. Nella cordata erano presenti anche Andrea Bombassei, presidente della multinazionale dei freni Brembo, e Andrea Ruggieri, responsabile dei rapporti con le televisioni di Forza Italia nonché nipote di Bruno Vespa. Uomini provenienti da certe specifiche sacche della società civile ma soprattutto dalle fila berlusconiane, perché la strategia per rilevare la formazione era un vero e proprio tentativo di creare un luogo per la nuova classe dirigente del centro-destra «opportunamente selezionata e adeguatamente formata» dalle fondamenta di una storica organizzazione. Nonostante la forte opposizione di Roberto Einaudi, nipote di Luigi ed ex presidente onorario della Fondazione Einaudi che definì il passaggio in un’intervista a Repubblica una «svendita, uno snaturamento, perché una fondazione culturale non è un oggetto che può essere svenduto, né un’impresa che può essere acquistata: è contro il suo statuto» minacciando l’azione in Tribunale, l’operazione ideata da Gianni Letta – amico dell’attuale presidente onorario Mario Lupo – sembrava pressoché fissata. E invece Berlusconi si tirò fuori e l’assegno che doveva arrivare in cassa il 31 ottobre scorso non giunse mai a destinazione. Il motivo fu il forte clamore generato dalla possibilità che la Fondazione Einaudi potesse diventare un organo para-politico in seguito all’acquisizione dell’istituto da parte di Berlusconi, fatto questo che divise anche gli stessi vertici interni. Eppure la “compravendita” di Berlusconi ha continuato a tenere banco anche durante la presentazione del nuovo corso della Fondazione Einaudi: neoeletti componenti del cda, come il presidente Benedetto, hanno detto a riguardo che «non si trattava di un’iniziativa di partito; purtroppo la presenza di Berlusconi fa gridare allo scandalo perciò si è ritirato, e ne siamo rammaricati».
La Fondazione oggi e l’ombra di Berlusconi – Ma chi sono gli attuali soci della Fondazione Einaudi? Certo non sono stati rivelati durante la conferenza stampa né in altri comunicati ufficiali. L’attuale attività della Fondazione è ancora in fase di costruzione e durante la conferenza è stato annunciato il largo utilizzo dei social network e un nuovo sito internet utile a stabilire una comunicazione costante tra la Fondazione e i cittadini. Tuttavia, oltre all’inizio per il 25 febbraio prossimo della Scuola di liberismo, non ci sono altre informazioni sulla Fondazione e manca, per esempio, una lista del comitato scientifico, organo fondamentale in un’istituzione culturale. Malgrado i rammarichi su Berlusconi, sono ancora molti i dubbi sull’influenza di quest’ultimo nell’attuale composizione della Fondazione Einaudi. Il nuovo cda è sì composto da diverse personalità, come gli avvocati Gianni Francesco e Andra Pruiti Ciarello o il politologo Giovanni Orsini e all’ex numero uno della Camera di Commercio di Roma Giancarlo Cremonesi, ma sono altre le figure a destare sospetti di un’influenza berlusconiana presente nella Fondazione Einaudi nonostante la ritirata dell’ex Premier. Oltre Lupo infatti, è potrebbero esserci figure collegate, almeno nel passato, alla figura del Cavaliere. Su tutte spicca quella di Davide Giacolone, uno degli attuali consigliere dell’istituzione. È proprio il giornalista e scrittore livornese, ex militante nelle fila giovanili del Partito Repubblicano arrivato a coprire dal 1981 al 1982 il ruolo di Capo della Segreteria del Presidente del Consiglio dei ministri presieduto da Giovanni Spadolini, a rappresentare forse l’ipotetica figura di maggiore collegamento a Berlusconi nell’attuale cda della Fondazione. Dopo aver ricoperto la funzione di segretario alla presidenza della repubblica, Giacalone divenne segretario nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana dal 1980 al 1986 e l’anno successivo ricoprì il ruolo di consigliere del Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni, allora presieduto da Oscar Mammì, fino al 1991.

Successivamente a ruoli nei consigli di Sip, Telespazio e Italcable, nel 1993 fu implicato in Tangetopoli con l’accusa di smistamento di tangenti per il Partito Repubblicano che lo portarono all’arresto: Giacalone confessò di aver ricevuto denaro da Giuseppe Parrella, all’epoca direttore di ASST (Azienda di Stato per i Servizi Telefonici), e di averle consegnate a Giorgio Medri, chiamando in causa anche Oscar Mammì e Giorgio La Malfa. L’attuale consigliere della Fondazione Einaudi fu assolto nel 2001 nel filone maggiore dell’inchiesta e prosciolto per prescrizione in un filone minore; Giacalone affermò la propria innocenza ricorrendo in Cassazione contro la prescrizione, che tuttavia decise di archiviare comunque il procedimento giudiziario. Ma non sono i procedimenti giudiziari, dai quali è stato assolto, a collegare Giacalone con l’ex Premier, ma il ruolo ricoperto come consulente in Fininvest e i rapporti professionali in imprese di Berlusconi come Libero RTL 102.5; inoltre nel gennaio 2010, il consiglio dei ministri del quarto Governo Berlusconi lo nominò presidente di DigitPA, nuova denominazione del “Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione”. Nel 2011 Giacalone è stato nominato anche Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Diffusione delle Tecnologie dell’Innovazione, creata da Renato Brunetta, allora Ministro della Funzione Pubblica e l’Innovazione.