Cento anni in grande stile, celebrati con tanto di festa, cena al ristorante e fuochi d’artificio: così il boss Procopio Di Maggio ha festeggiato il secolo di vita lo scorso 6 gennaio in quel di Cinisi, paese natale di Peppino Impastato, il giornalista ucciso dai galantuomini di Cosa Nostra il 9 maggio 1978.
I festeggiamenti, immortalati dai presenti e diffusi sui social hanno riscosso una larga quanto preoccupante ammirazione, che stona decisamente con quanto affermato dal sindaco di Cinisi, Giangiacomo Palazzolo: “Il mio paese non è mafioso”. Il primo cittadino, commentando quanto accaduto, ha precisato che Di Maggio è “ormai persona innocua” ma avendo violato un’ordinanza sindacale “è chiaro che dovrò intervenire”. L’ordinanza di cui parla il sindaco è quella emessa lo scorso 16 dicembre, che vietava – fino al 6 gennaio, non fino al 10 come riportato erroneamente da altre fonti – i fuochi d’artificio nel territorio comunale (qui il testo).
La sanzione prevista consiste in una semplice multa che varia dai 25 ai 500 euro, poca cosa rispetto al valore simbolico dei festeggiamenti nei confronti di un boss che è stato molto vicino a persone del calibro di Tano Badalamenti, Totò Riina e Bernardo Provenzano. Secondo il sindaco Palazzolo i fuochi d’artificio sarebbero un segnale dell’anziano boss per dire “io sono ancora quà” ma, insiste il primo cittadino, “la società ormai lo ha dimenticato, lo ha ignorato; sbagliate voi giornalisti a dare risalto” alla vicenda, “ho la sensazione che fate il suo gioco”.
Sarà, ma come spiega allora il signor Palazzolo i numerosi apprezzamenti di persone terze verso i festeggiamenti al boss? semplice sindrome del like compulsivo? crediamo di no, anche in considerazione del commento di Giovanni Impastato, fratello di Peppino: “questi sono segnali negativi che in un paese come Cinisi non fanno altro che bloccare la crescita culturale e dell’impegno antimafia. Io mi auguro che – a parte quel che è successo – vengano cancellati alcuni brutti ricordi; al funerale di mia madre non c’era nessuno del paese mentre i funerali dei mafiosi sono sempre pieni di gente che applaude”. Cento anni – conclude Impastato – “si possono anche festeggiare, ma in maniera molto più sobria e serena”.