Julian Assange, un ultimo tentativo contro l’estradizione negli USA
Dal 20 febbraio la giustizia britannica considera un ultimo ricorso per il caso di Julian Assange, fondatore di Wikileaks, con l’obiettivo di evitare la sua estradizione negli Stati Uniti, che vorrebbero processarlo per la pubblicazione di migliaia di documenti segreti.
Un’udienza di due giorni dove lo stesso Assange, detenuto odiernamente nel carcere di Belmarsh, non sarà presente a causa di problemi di salute. Un processo di fondamentale importanza per definire e indirizzare il suo destino: dare seguito all’estradizione richiesta nel 2022 da Priti Patel, precedente Ministra dell’Interno, che comporterebbe un ergastolo o, d’altra parte, riuscire ad ottenere un accoglimento dell’appello, guadagnando la possibilità di discutere nuovamente il suo caso di fronte al tribunale di Londra. Una decisione che potrebbe giungere nell’immediato o successivamente e che, in caso di non accoglimento da parte dei giudici, potrebbe essere bloccata solamente tramite la presentazione di un ulteriore ricorso alla Corte Europea per i diritti umani, possibile unicamente prima dell’avvento dell’estradizione, per cui si teme che ciò non sia effettivamente realizzabile.
I moventi degli USA, un’estradizione per condanna
Gli Stati Uniti pretendono che Julian Assange, cittadino australiano di 52 anni, sia estradato all’interno del Paese in virtù delle differenti accuse somministrategli tra il 2018 e il 2020. Il movente principale della scelta della ex Ministra Priti Patel è dovuto in maniera particolare alla pubblicazione di circa 700mila documenti segreti, da parte di Wikileaks, che contenevano informazioni rispetto all’operato efferato degli USA in Iraq e Afghanistan. Atti resi pubblici e che hanno condotto ad una fuga di dati incredibile, un’azione da un lato criminalizzata, ma che dall’altro dovrebbe essere protetta essendo un caposaldo della libertà di stampa e del diritto dell’opinione pubblica di avere accesso ad un’informazione trasparente.
In caso di estradizione Assange dovrebbe affrontare 18 capi d’accusa, di cui 17 pertinenti alla Legge sullo spionaggio, mentre uno concernente la Legge sulle frodi e gli abusi informatici. Tutto ciò comporterebbe una privazione e lesione dei diritti umani, per cui sarebbe condannato a delle pessime condizioni detentive tra cui perfino un isolamento prolungato, maltrattamenti e torture.
Una libertà da riconoscere, una verità da divulgare. Le parole di Stella Assange
Il contributo di Stella Assange, moglie del fondatore di Wikileaks, rende evidente il timore della famiglia per le condizioni fisiche e mentali di Assange, per un uomo che potrebbe non sopravvivere ad un’ipotetica estradizione, ma raggiungere soltanto la morte, come accaduto pochi giorni fa a Navalny. Proprio per questo l’appello di Stella Assange è rivolto non soltanto alla Corte, ma a tutti i sostenitori del giornalista e programmatore, che devono continuare a porre il loro sostegno per ottenere giustizia: “Qualunque cosa accada oggi, domani e questa settimana, per favore continuate a presentarvi. Siate qui per Julian e per noi, per voi, finché Julian non sarà libero”.
Un mondo che osserva la vicenda da lontano, dove un uomo reclama la sua libertà e tutti la verità.
Investigare è rischioso, comunicare di più. Quando la libertà d’espressione diventa un crimine
Un’ampia notorietà internazionale quella ottenuta da Assange nel 2010, dopo la pubblicazione su Wikileaks di documenti segreti statunitensi che rivelavano i cosiddetti crimini di guerra compiuti dagli USA. Un’azione oggi incriminata, ma all’epoca il centro del giornalismo investigativo, dove si mirava alla divulgazione dei reati dei potenti, mantenendo segrete e anonime le fonti.
La ricerca della verità, la diffusione di una conoscenza forse già estesa nel pubblico, ma non considerata e interiorizzata. Sentire ma non ascoltare, leggere e non apprendere, pratiche costanti che non valorizzano il lavoro di giornalisti come Assange, che voleva rendere la parola l’arma con cui denunciare azioni brutali e, allo stesso tempo, trasformarla in uno strumento che attuasse il diritto di trasparenza dovuto all’opinione pubblica.
Un qualcosa di criminalizzato, che lo portò ad essere il soggetto di varie accuse a partire dal 2010, anche se quella degli Stati Uniti risale al 2019, in cui la libertà di parola e di espressione è stata intesa come sinonimo di spionaggio e cospirazione. Condanne di grande rilevanza, che hanno condotto ad oggi e alla prossima udienza riguardante una possibile estradizione per Assange che, nel caso di accoglimento, renderebbe la comunicazione un qualcosa di limitato, dove la libertà è solo apparente.