Case Green: cosa cambia con la nuova direttiva Ue

Dopo la spaccatura createsi nella maggioranza, durante il dibattito di lunedì, il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sulle case green per l’efficientamento energetico degli edifici in tutta Europa. Ma non si tratterebbe dell’atto finale: manca ancora la fase di negoziati tra le istituzioni europee che porterà al testo definitivo. Una direttiva che sicuramente porterà più efficienza energetica ma anche maggiori costi per le ristrutturazioni. Ora la questione principale è quella dei finanziamenti, sia europei che dei singoli paesi. La norma è passata con 343 sì, 216 no e 78 astenuti, oltre all’approvazione di due emendamenti contrari alla linea del relatore. Contrari tutti i partiti di governo italiani. A favore Pd, M5S e Verdi mentre alcuni membri del Terzo Polo si sono astenuti.
Cosa prevede la direttiva
Il testo approvato è quello licenziato dalla Commissione parlamentare Industria: è prevista la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033 per gli edifici residenziali. Si punta ad agire prioritariamente sul 15% degli edifici più energivori, collocati nella classe energetica più bassa, la G. Stando ai dati dell’Istat, in Italia sono circa 1,8 milioni (sul totale di 12 milioni) gli edifici di classe G. Il testo dà anche indicazioni su edifici non residenziali, impianti solari e nuove costruzioni. A partire da gennaio 2026 scatta l’obbligo di realizzare i cosiddetti Zeb (zero emission buildings) per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà di enti pubblici. Per tutti gli altri casi la scadenza è il 2028. Per quanto riguarda gli impianti solari, diventeranno obbligatori in tutti i nuovi edifici pubblici e i nuovi edifici non residenziali e dal 31 dicembre 2026, l’obbligo scatterà su tutti gli edifici pubblici e i nuovi edifici non residenziali esistenti. Il 31 dicembre 2032 invece, l’obbligo scatterà per tutti gli edifici sottoposti a ristrutturazioni importanti. Gli edifici non residenziali e di proprietà pubblica dovranno raggiungere la classe E dal 2027 e la classe D dal 2030. Potranno essere esclusi dal raggiungimento degli obiettivi di efficientamento del parco residenziale gli edifici protetti di particolare pregio storico e architettonico, i luoghi di culto, gli edifici temporanei, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno e gli immobili autonomi con una superficie inferiore ai 50 metri quadri. Compresi nella direttiva anche i bonus edilizi: saltano gli incentivi per caldaie a gas da gennaio 2024, anche se non vengono considerati i sistemi di riscaldamento ibridi (pompa di calore e caldaie a condensazione) e le caldaie certificate per funzionare con combustibili rinnovabili (come idrogeno e biometano).
I dati
Fino ad oggi sono stati 5,5 milioni gli interventi rientrati nell’Ecobonus. Dalla sostituzione di infissi, all’installazione di caldaie a condensazione, pompe di calore e schermature solari, si parla di una cifra complessiva di più di 53 milioni di investimenti e un risparmio che supera i 22.600 gigawattora l’anno (Fonte: Rapporto Enea 2022). Il Superbonus introdotto con il Governo Conte ha inoltre coperto anche la riqualificazione energetica degli edifici, vincolandoli però al miglioramento di almeno due classi: 75,4 miliardi di euro, il costo totale a carico dello Stato, sempre secondo il Rapporto Enea 2022. Una spesa di grandi dimensioni che ha visto fino ad ora solo 384mila lavori. Sempre secondo i dati Istat-Enea, in Italia il 35,7% degli immobili risulta in classe G e il 25,3% in F. Solo il 5,4 % degli immobili si trova nelle classi A.
Costi e vantaggi
Che in Italia, come in Europa, sia necessario migliorare l’efficienza energetica degli immobili è un dato di fatto. Ma si pone un problema: quello dei costi. Il Governo dovrebbe sostenere, tramite ingenti investimenti, i nuovi interventi previsti nella direttiva proprio mentre fatica a chiudere le spese legate al Superbonus che come già detto, richiede di per sé il salto di due classi e un costo medio di circa 600 mila euro per i condomini e 114 mila euro per le abitazioni unifamiliari. Ma quello del 110% è un mercato in cui paga tutto lo Stato e che quindi non andrebbe considerato con gli stessi parametri della direttiva Ue. Per quest’ultima le spese potrebbero oscillare dai 20 ai 40mila euro per un appartamento singolo (secondo un Report condotto dal Corriere) ma i costi dipendono sia dalla zona (al Nord le temperature minori porterebbero a lavori diversi rispetto al Sud) all’età dell’edificio, al numero di appartamenti per condominio ecc. In ogni caso, la Commissione Ue ha chiesto che la direttiva sia accompagnata da incentivi europei e nazionali. In Italia gli incentivi in vigore per questi interventi sono già al 65%. Ma l’efficientamento potrebbe portare ad un innalzamento del valore delle case: il 30% in più per un immobile di classe A rispetto a uno di classe G. Inoltre, più della metà dei costi sostenuti possono essere detratti dalla dichiarazione Irpef in dieci anni e se consideriamo il risparmio energetico, si parlerebbe di bollette meno salate: dal 20 al 50% di risparmi. La direttiva non prevede sanzioni per il singolo che decide di non migliorare le prestazioni energetiche della propria abitazione ma è il mercato stesso a determinare un deprezzamento: una situazione sicuramente non gradita a chi intende vendere la propria casa. A carico del Paese si aprirebbe invece la procedura d’infrazione, in caso di mancato reperimento o di non attuazione della direttiva nei tempi stabiliti. In una situazione che creerebbe tanto lavoro c’è poi una forte assenza: la mancanza di manodopera.