La scomparsa di Gorbaciov, militante per la pace

30 agosto 2022: “Questa sera, dopo una grave e prolungata malattia, Mikhail Sergeyevich Gorbaciov è morto“. Sono queste poche parole a raccontare, dalla Clinica Ospedaliera Centrale di Mosca, l’esito ultimo di una vita significativa per i destini del mondo intero alla fine del XXI secolo, incastonate in un oggi che vede una giravolta nella storia russa e la recrudescenza di un drammatico scontro tra l’Occidente e la Russia. Durante il quale Gorbaciov aveva lanciato un suo ultimo appello, riferito da Dmitry Muratov, che lo aveva visitato in clinica: “fare quanto possibile per fermare la minaccia di una guerra nucleare”. Sarà sepolto accanto alla amata moglie Raissa, con lui in quasi ogni sua apparizione pubblica, nel cimitero di Novo-Dyevitchiye, mentre sabato a Mosca si terranno i funerali di Stato.
Un uomo da Nobel (della Pace)
Nelle motivazioni di un riconoscimento che venne celebrato più altrove, in Occidente soprattutto, che nel suo Paese, si legge del suo ruolo guida nel processo di pace, del contributo offerto ai cambiamenti nelle relazioni tra Est e Ovest e della maggiore apertura portata nella società sovietica che aveva contribuito a promuovere la fiducia internazionale. Per questo il Comitato per il Nobel per la pace decise di insignire l’allora presidente dell’URSS Mikhail Gorbaciov del prezioso riconoscimento, il 15 ottobre 1990. Tanto più significativo – si leggeva così nel comunicato di annuncio del Nobel – per il periodo, che vedeva fondamentali cambiamenti nelle relazioni tra Est e Ovest, con i negoziati a sostituire il confronto, Stati nazionali europei riconquistare la libertà, avviata la strada verso il disarmo e l’acquisizione di un ruolo proattivo delle Nazioni Unite nella direzione di una comunità internazionale governata dalla legge. Cambiamenti ai quali Gorbaciov aveva appunto contribuito in modo decisivo.
Il presidente allora, che non ebbe modo di recarsi ad Oslo a ritirate il Nobel a causa della crisi interna all’Unione Sovietica – lo fece solo il 4 giugno del 1991, poco prima del suo crollo –, volle peraltro legare il significato del Premio alla “sua” perestroika, che fin dall’inizio era chiaro avrebbe avuto enorme significato per tutti i Paesi. Come testimoniava la reazione dello stesso Presidente americano George Bush che definì Gorbaciov “coraggiosa forza di pace nel mondo”, e gli assicurava che gli Stati Uniti avrebbero continuato “a lavorare con l’Unione Sovietica per promuovere la pace a livello internazionale e regionale”.
Un’idea “romantica” di Gorbaciov che non si è purtroppo stabilmente realizzata, come ha sottolineato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dalle agenzie: “Gorbaciov ha dato impulso alla fine della Guerra Fredda, e voleva sinceramente credere che sarebbe finita e che sarebbe iniziato un periodo romantico eterno tra la nuova Unione Sovietica e l’Occidente collettivo”. Non è stato così.
Legato alla pace anche un altro riconoscimento, tutto italiano, che Gorbaciov ricevette ad Assisi nel 2008, la Lampada della Pace. Padre Fortunato, allora direttore della Sala stampa del Sacro convento francescano visitato dal leader, ne ha voluto ricordare la passione con cui ha vissuto la sua vita e l’amore per la pace, appunto.
Un leader unico
Leader della distensione, il timone della sua azione di governo è andato fin dal 1985 nella direzione del confronto costruttivo con l’Occidente, instaurando relazioni internazionali migliori con Usa ed Europa e stringendo successivi accordi per la riduzione degli armamenti con il presidente Usa Ronald Reagan, mentre attuava le sue riforme interne all’Unione Sovietica. Ereditava un gigante malato, ma le sue azioni lo fecero apprezzare dai governi stranieri e amare dall’opinione pubblica in Occidente per cui diventò, semplicemente, “Gorby”. Nato nel villaggio di Privolnoe nella regione meridionale di Stavropol da una modesta famiglia di agricoltori, durante gli anni universitari conobbe Raissa Titarenko, che a breve sarebbe diventata sua moglie e si iscrisse al partito comunista. La sua ascesa nel Pcus fu rapida, nel 1985 ne diventò il segretario generale lanciando una campagna di rinnovamento lungo due direttrici: “glasnost” (trasparenza), che diventò sinonimo di libertà d’espressione e libertà di stampa, e “perestrojka” (ristrutturazione), con cui puntò a riformare il sistema economico e lo stesso comunismo, facendone un sistema socialdemocratico. Pose anche fine all’esilio di dissidenti celebri come Andrei Sakharov ed Elena Bonnet e attraverso questo e molto altro l’Occidente iniziò ad apprezzarlo e a fidarsi di lui. Storico il primo incontro con Margaret Thatcher, la leader d’acciaio dell’Inghilterra. E altrettanto storico quello nel 1986 con il presidente degli USA, Ronald Regan, in Islanda per promuovere la riduzione degli armamenti nucleari in Europa, e la firma di un trattato al riguardo, accordo rinnovato con George Bush nel 1991. Le prime elezioni libere in Unione Sovietica nel 1989, dove Gorbaciov venne eletto presidente con più ampi poteri. In quegli anni viene abbattuto il muro di Berlino, simbolo della guerra fredda, e riunificata la Germania. Nello stesso anno si recherà a Pechino, per rinnovare i rapporti con la Cina che erano stati interrotti 30 anni prima – il ministero degli Esteri cinese, con il suo portavoce Zhao Lijian, ha infatti, nell’esprimere cordoglio alla famiglia dell’ex presidente, ricordato il “suo contributo positivo negli anni ’80 e ’90 alla normalizzazione delle relazioni tra la Pechino e l’ex Unione Sovietica”, dopo decenni di tensioni e divergenze ideologiche e di contrastanti interessi geopolitici – e compirà la prima visita di un presidente sovietico in Vaticano, incontrando Giovanni Paolo II. Tutti momenti storici che, insieme al ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan, gli valsero appunto il meritato premio Nobel per la pace nel 1990. Per Antonio Guterres, Segretario generale dell’Onu, Gorbaciov è stato uno statista unico nel suo genere che ha cambiato il corso della storia e ha fatto più di qualsiasi altro per portare alla fine pacifica della Guerra Fredda, definendolo “leader globale, multilateralista impegnato e instancabile sostenitore della pace attraverso la via del negoziato, della trasparenza e del disarmo”. Anche la ex cancelliera tedesca Angela Merkel interviene a ricordarlo come “leader mondiale unico” ed “esempio di come un singolo uomo di Stato possa cambiare il mondo.

Una percezione diversa, fuori e dentro l’Urss
Se le sue riforme venivano salutate con favore dall’Occidente, sul fronte interno molti ritenevano che con esse Gorbaciov avesse contribuito al tracollo di un Paese che proprio sotto l’Urss aveva raggiunto la sua massima potenza e poi si era dissolto per lasciare spazio all’avvento della Russia ultraliberista di Eltsin, con le condizioni economiche di gran parte della popolazione deteriorate a livelli drammatici e l’economia finita in mano ad affaristi e gruppi criminali. Per le sue idee e le sue azioni, il leader pagò quindi un alto prezzo politico tanto che alcuni sondaggi davano Gorbaciov tra gli ultimi posti nella classifica dei personaggi russi più ammirati in patria, una graduatoria saldamente dominata invece da Stalin.
Il senso di disfatta e la paura del caos di quegli anni sono stati peraltro il volano per la raccolta di consensi da parte di Vladimir Putin, come leader capace di riportare ordine, assicurare benessere economico, restituire nuova linfa all’orgoglio per la grandezza della patria russa. Putin che ha naturalmente esteso le sue condoglianze alla famiglia e agli amici del leader ricordandolo come “politico e statista che ha avuto un’influenza importante sulla Storia del mondo” e che “ha dovuto affrontare grandi sfide in politica estera, nell’economia e nella sfera sociale, capendo profondamente che le riforme erano necessarie e cercando di proporre le proprie soluzioni a problemi scottanti”. Di Gorbaciov, Putin ha voluto ricordare nel suo messaggio anche “la grande attività umanitaria, di beneficenza e illuminismo che ha condotto in tutti gli ultimi anni”, concludendo col chiedere di “accettare le parole sincere di solidarietà e empatia per la perdita subita”.
Per contro, tra le reazioni alla notizia della morte del leader sovietico, quella del premier britannico uscente Boris Johnson sottolinea come proprio Putin si stia affrettando a “disfare ciò che di buono Gorbaciov fece” – quei cambiamenti per rendere libera l’Europa e i Paesi dell’ex URSS –, ambendo viceversa a “ricreare vendicativamente l’Impero Sovietico”.
Un uomo attento alla tutela del mondo e un gancio per il futuro
Uomo pragmatico ma con una visione, è noto come Gorbaciov abbia definito la sfida ecologica come “una nuova perestrojka’. Lo fece in un messaggio del 2001 in occasione della presentazione della Carta della Terra, in Italia, nelle Marche, nella sua qualità di presidente del network Green Cross International. Mostrando di avere ben chiaro come la sfida ecologica rappresentasse il punto più importante nell’ ordine del giorno del XXI secolo, una sfida che se non affrontata adeguatamente avrebbe fatto perdere di significato molto della nostra vita. Proprio citando i difficili anni del cambiamento e dell’affermazione della perestroika, Gorbaciov aveva fatto appello, ancora una volta, ad “uno sforzo comune” per migliorare nel pianeta “la condizione ambientale e la giustizia sociale”, lavorando allo stesso tempo per la pace e per la democrazia.
Josep Borrell, Alto rappresentante della politica estera Ue, ammonisce come sia urgente ritrovare quella cooperazione che il leader scomparso aveva perseguito con Glasnost e Perestroika, autentica ventata di libertà nel blocco sovietico, contribuendo a porte fine alla Guerra Fredda e trovando appunto nella cooperazione reciproci vantaggi. Un invito a raccogliere la sua eredità ribadito anche tra gli altri dal Presidente del Veneto, Luca Zaia, regione che Gorbaciov ebbe anche modo di visitare nel 1993: “Con la Perestroika questo leader portò un raggio di sole e di pace nel mondo, nella quale credette fino in fondo. È stato protagonista in tanti passaggi fondamentali verso questo obiettivo: dall’accordo con Bush del 1991, alla fine della guerra fredda, al disarmo nucleare”. Non disperdere quello che ha seminato un politico che credeva nel comunismo e nella democrazia è anche il monito di Mons. Vincenzo Paglia, che lo ricorda come l’uomo che ha tentato di cambiare la storia e ribandendo come sarebbe importante che ciò che lui ha iniziato qualcuno lo portasse avanti. Il vescovo di Terni, che assegnò al leader russo il Premio San Valentino nel 2011, si augura quindi che possa venir ripresa la linea all’epoca dettata da Gorbaciov.
Moltissimi i commenti che si stanno affastellando alla notizia della morte del leader. Qualcuno, pochi per fortuna, non riguardoso. Noi lo lasciamo con le parole dello psichiatra Massimo Recalcati che ha voluto dedicare quelle di un antico proverbio arabo alla memoria di Gorbaciov, che in nome della pace ha cambiato la Storia: “Sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani credendo di avere vinto. Ma i cani restano i cani e i leoni leoni”.