Petrolio e gas: il grande dilemma

Le conseguenze della guerra in Ucraina erano già apparse a pochi giorni dallo scoppio del conflitto. Con un’impennata dei prezzi, come quello delle materie prime e dei beni di prima necessità, interi paesi si sono ritrovati in una situazione di crisi, nel bel mezzo di quella che doveva essere la ripresa economica successiva al Covid e agli aiuti di stato ed europei.
Costi e Price Cap
Benzina e gas sono i protagonisti di una nuova ondata di forte preoccupazione, soprattutto per quelle famiglie delle classi più basse, che già stavano affrontando varie tipologie di problemi economici e di quelle aziende che avevano cominciato a risalire nella scala dei guadagni da poco. Ad oggi la benzina ha raggiunto quota 2 euro e anche il gasolio è aumentato. Il gas oggi costa 1,50 euro a metro cubo mentre un anno fa era a quota 20 centesimi mentre è bastato l’annuncio di qualche giorno fa dello stop al greggio russo entro il 2023, a far risalire le quotazioni del Brent. Secondo il ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, si è passati da un’economia di mercato ad una di guerra. Dello stesso parere il ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che invita ad uno sforzo comune, tramite la collettivizzazione del debito a livello europeo. Uno sforzo che si scontra con la riluttanza di alcuni paesi nordici.
Intanto, la proposta italiana di avviare uno studio della fattibilità sull’applicabilità del tetto europeo al prezzo del gas (Price Cap) ha ottenuto il via libera dalla Commissione Europea:
«la Commissione prenderà del tempo per studiare il modo migliore per attuare il tetto al prezzo del gas e dovrà anche valutare in tutta obiettività se questa cosa è fattibile, se non provoca danni peggiori del beneficio che ha. L’atteggiamento della Commissione è stato abbastanza favorevole su questa ipotesi»
(Mario Draghi- conferenza stampa del 31 maggio)

Un problema più ampio: il grande mercato dell’elettricità
Il Price Cap sarebbe dunque un primo timido segnale della convergenza necessaria per contrastare il disagio economico in corso e che per il Premier non penalizzerebbe l’Italia. Sempre secondo Draghi, il Governo italiano è al lavoro da tempo su questo fronte ma il problema è più ampio perché riguarderebbe non solo il prezzo della materia prima ma anche tutto il funzionamento del mercato elettrico. Dello stesso parere il ministro Cingolani secondo cui quello del gas è un mercato travolto dalla speculazione e che è agganciato a quello dell’elettricità dato che rappresenta la materia prima più importante. Per il Ministro, i due mercati vanno disaccoppiati perché “il costo industriale di produzione del mercato è sganciato da quello finanziario” e oltre a questo, vanno diversificate le fonti per ottenere l’emancipazione da Mosca (operazione prevista per il 2024) e serve risparmiare circa 4 miliardi di metri cubi, spingendo sulla produzione nazionale che ai primi anni del duemila rappresentava il 20% e ora il 3-4%.
Dalla Russia alla politica interna
Intanto continua la pressione sull’economia russa con le sanzioni, giunte al sesto pacchetto, che avranno il loro massimo impatto a partire dall’estate. Per l’ex presidente della Bce, l’Italia non sarà penalizzata neanche nella delicata partita del pagamento del gas russo, elogiando la trasparenza dell’Eni sul pagamento in rubli. Un meccanismo che non violerebbe le sanzioni Ue dato che il pagamento è effettuato tramite bonifico in euro che solo in un secondo momento viene convertito in rubli, da un agente Gazprom senza il coinvolgimento della Banca centrale russa, soggetta a sanzioni.

Lo scoppio del conflitto ha messo in seria difficolta anche il gruppo dell’energia Enel, mandando in fumo la vendita delle tre centrali elettriche a gas e dei due impianti eolici russi a cui stava lavorando all’inizio del 2022. Inoltre, il gruppo guidato dall’ad Francesco Starace e partecipato dal Ministero dell’Economia al 23,6% , ha messo in piedi una task force per monitorare la situazione e gestire i rischi. Nel frattempo Enel sta per acquistare, per 188 milioni, la società Erg Power che fornisce energia alla raffineria Isab di Priolo, di proprietà della russa Lukoil. Ma nel Consiglio europeo della scorsa settimana è stato raggiunto l’accordo anche sull’embargo delle importazioni di petrolio russo via mare, a quasi un mese dall’iniziale annuncio del 4 maggio e questo avrà ripercussioni inevitabilmente anche sui piani finanziari di Isab ed Erg Power.

Una manovra, quella dell’Ue, che però invita alla prudenza e infatti verrà attuata fra otto mesi e non a fine anno come stabilito inizialmente. Inoltre, il Consiglio europeo ha concesso esenzioni speciali temporanee ad alcuni paesi come la Repubblica Ceca e la Bulgaria. In totale, stiamo parlando di una riduzione del 90% del greggio importato dalla Russia. Una situazione che porta inevitabilmente ad aumentare le importazioni da altri paesi, in testa quelli africani.
Per quanto riguarda la politica interna, l’invito del Governo è quello di lavorare insieme a sindacati e imprese per contrastare l’inflazione: il governo finora ha speso circa 30 miliardi di euro proprio per mitigare l’effetto dei prezzi dell’energia sulle famiglie più vulnerabili e le imprese e secondo il Premier, la linea governativa continuerà su questa strada.