Nel giorno delle esternazioni sul tema del presidente Volodymyr Zelensky in collegamento con Davos, nel corso del World Economic Forum – dove ha invocato lo sblocco dei loro porti marittimi e misure per un corridoio per l’export del grano e dei cereali ucraini, paventando in caso contrario “penuria” nel mondo e estensione della crisi energetica – Coldiretti dà i numeri e parla di costo della guerra superiore ad oltre 90 miliardi di dollari solo per l’aumento dei prezzi del grano: +36% con effetti a cascata sul resto dei prodotti. Il dato emerge dal bilancio tracciato da Coldiretti sull’impatto dell’aumento delle quotazioni sul valore della produzione mondiale al Chicago Board of Trade, sempre per il Forum di Davos.
Le quotazioni del grano oscillano attorno ai 12 dollari per bushel (27,2 chili) determinando una situazione che nei paesi ricchi genera inflazione, e in quelli poveri carestia e rischi di rivolte, con 53 Paesi a rischio alimentare. Ci “guadagna” solo la “speculazione sulla fame” che si sposta dai mercati finanziari ai prodotti agricoli.
La produzione mondiale di cereali secondo l’International Grains Council è stimata nel 2022-23 pari a 2.251 milioni di tonnellate (-2% rispetto al 2021), per il calo di mais, grano e sorgo, ma comunque è la seconda più ricca di sempre. Per l’Unione Europea nel suo insieme, afferma la Coldiretti nelle note riportate dalle agenzie, il livello di autosufficienza della produzione comunitaria è dell’82% per il grano duro destinato alla pasta, per il 93% per il mais destinato all’alimentazione animale fino al 142% per quello tenero destinato alla panificazione. La Commissione Europea evidenzia comunque l’importanza di investire sull’agricoltura per ridurre la dipendenza dall’estero e non sottostare a ricatti alimentari.
Mentre continua la corsa dei prezzi non solo di petrolio e metalli, ma anche delle materie prime alimentari dove il rialzo del grano duro è a 1.272 dollari per unità contrattuale da 5mila staia (bushel), in aumento dell’1,9%, mentre cresce anche il grano tenero a 1.193 dollari (+2,1%). Sempre a Davos, la direttrice generale del Fmi, Kristalina Georgieva ha rilanciato l’allarme per lo “shock dei prezzi alimentari” che preoccupa per prospettive di crescita mondiale, ad aprile abbassate per 143 Paesi, l’87% del Pil. Prezzi alimentari, ha detto, che “continuano a salire, salire, salire”. Mentre un sondaggio fra gli economisti sui dati presentati oggi a Davos conclude su una frammentazione dell’economia globale fra catene del valore “politicizzate” che porterà più inflazione, un ulteriore declino dei salari reali tanto nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, il dilemma per molti Paesi poveri fra una crisi alimentare e una crisi del debito: conseguenze umane tragiche” della crescita più bassa, alta inflazione, e insicurezza alimentare. Un “circolo vizioso” che potrebbe impattare le società per anni” (Saadia Zahidi, Managing Director del World Economic Forum).
L’Unione Europea adotta un piano d’emergenza
E dall’Unione Europea arriva intanto l’adozione di un piano d’emergenza sulla logistica e i trasporti che permetta – visto l’insegnamento tratto dalla pandemia – maggiore “resilienza”. La guerra ha colpito, al pari del Covid, il trasporto di merci e persone, ma la resilienza del settore e il miglioramento del coordinamento tra gli Stati membri può portare ad “un quadro solido per un settore dei trasporti a prova di crisi: un piano, quello adottato dalla Commissione, che può essere un motore fondamentale per la resilienza dei trasporti, dal momento che molti dei suoi strumenti si sono già dimostrati essenziali nel sostegno all’Ucraina, tra cui le corsie di solidarietà Ue-Ucraina, che ora stanno aiutando l’Ucraina a esportare il suo grano”. (Commissario per i Trasporti Adina Vălean).
Il piano prevede dieci azioni per guidare l’Ue e gli Stati membri a rispondere alle crisi, tra cui la garanzia di connettività minima e protezione dei passeggeri, la costruzione di reti di protezione dagli attacchi informatici, la somministrazione di test di resilienza. Inoltre, ribadisce l’importanza dei principi delle corsie verdi che garantiscono che il trasporto merci via terra possa attraversare le frontiere in meno di 15 minuti e del ruolo della rete di punti di contatto presso le autorità nazionali dei trasporti. Il piano nasce per rispondere alle criticità immediate e garantire che l’Ucraina possa esportare grano, ma anche importare i beni di cui ha bisogno, dagli aiuti umanitari ai mangimi e ai fertilizzanti; la Commissione coordinerà la rete di punti di contatto Solidarity Lanes e la piattaforma di matchmaking Solidarity Lanes.
Impatto della crisi sulle imprese agro-alimentari italiane
Tuttavia, nonostante i piani e la resilienza di singoli e comunità e Stati, è indubbio che la guerra, come tutte le guerre, renderà come minimo più “complesso” – questo il termine usato da Stefania Trenti di Intesa San Paolo intervenuta al Global Summit sulla Sostenibilità 2022 – lo scenario in cui si muoveranno le imprese agro-alimentari italiane, con impatti al rialzo sui prezzi degli input prodotti energetici, quindi costi della logistica e dei materiali energivori e di altri prodotti fondamentali per la filiera: fertilizzanti, alluminio (già rincarato, ma ora siamo a +40%), vetro, legno e cartone. Il caro-energia si sta traducendo anche in un ‘caro-fertilizzanti’ con cui l’agricoltura globale dovrà fare i conti. Senza contare che le zone in guerra, Russia e Ucraina, producono insieme un terzo del grano mondiale, e sono tra i primi produttori mondiali di altri prodotti essenziali alla filiera come l’olio di girasole (da Kiev partiva il 42% delle esportazioni globali, dato 2019), il mais (il 16%), l’orzo (il 10%), componenti per mangimi e fertilizzanti, quest’ultimi, come la potassa, anche dalla Bielorussia, spalla del Cremlino. A sua volta, l’impatto dei rincari delle bollette energetiche peserà sui bilanci delle famiglie rallentando i consumi che allo stato stavano godendo dell’effetto positivo delle riaperture post-pandemia.
Reazioni politiche
Dal canto suo l’espressione “blocco del grano” non sembra congrua al portavoce al Cremlino, Peskov, che, come riporta la Tass, ribadisce che la Russia non sta ostacolando l’esportazione di grano dall’Ucraina attraverso la Polonia e rassicura: “L’Ucraina è stata un esportatore abbastanza affidabile. La Russia non ostacola affatto l’Ucraina nel trasporto di grano su rotaia. Quando i treni con le armi arrivano dalla Polonia, nessuno impedisce loro di riportare il grano sullo stesso treno”.
Solo pochi giorni fa Kiev aveva annunciato la creazione di due rotte terrestri alternative per consegnare le esportazioni di cibo e salvare l’Africa e altre regioni dalla carestia, con un messaggio via Twitter del ministro degli Esteri ucraino Kuleba a proposito del blocco dei porti attuato da Mosca, che impedisce l’export delle derrate. Mentre il Ministero degli Esteri Di Maio avvisava che se Mosca continua a bloccare lo sbocco sul mare sarà responsabile di nuove guerre e instabilità, anche a migliaia di chilometri di distanza.
Di certo c’è, come si legge oggi un articolo di Marta Dassù, che alla guerra del gas e del petrolio si è aggiunta la guerra del pane: il cibo come arma. Il Porto di Odessa, il più importante del Mar Nero, è stato bloccato dai russi dall’inizio dell’operazione militare «speciale» di Putin, con le navi ferme ad impedire le esportazioni di grano e altri prodotti agricoli, soffocando l’economia ucraina, ma soprattutto rischiando di provocare una crisi alimentare globale che si ripercuote in particolare sui Paesi più poveri. Senza contare le incognite di uno scontro geopolitico che fin dall’inizio va ben oltre i due contendenti in campo.
Lavorare per la pace è la soluzione, l’unica soluzione. Ma la Fao sta lavorando intanto su altri fronti: a un meccanismo di finanziamento alle importazioni alimentari, creando un fondo finanziario a livello globale con credito agevolato a cui potrebbero avere accesso i Paesi più vulnerabili a rischio di aumento di insicurezza alimentare nel caso in cui non fossero in grado di acquistare sui mercati internazionali; al sostegno dei piccoli agricoltori, affinché possano seminare e portare avanti le produzioni e quindi avere un raccolto, con programmi di distribuzione di semi e input agricoli; a raccomandazioni per i vari Paesi come quella che il commercio alimentare e dei fertilizzanti rimanga quanto più aperto, perché le barriere doganali esasperano la situazione sui mercati internazionali con ulteriori incrementi di prezzo.