Propaganda Putin: dalle fake news alla repressione
Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, la repressione degli oppositori in Russia si è fatta più intensa. Ad oggi si contano circa 15mila arresti. Sono quella parte dell’opinione pubblica contraria alla guerra. Circondati da giornali e tg in mano al governo, scendono in piazza nonostante gli arresti e le multe. Si finisce in manette anche per un cartello bianco o per il possesso di contenuti contrari a Putin sul proprio cellulare. Gli smartphone vengono controllati per le strade e ad essere arrestati, anche anziani e bambini.
Ai primi di marzo, aveva fatto il giro del mondo il filmato che ritraeva un’anziana donna, sopravvissuta all’assedio di Leningrado, intenta a manifestare nell’odierna San Pietroburgo. Arrestata immediatamente e rilasciata qualche giorno dopo, Yelena Osipova ha continuato la sua protesta, manifestando di nuovo a pochi giorni dal rilascio.
Ma la “guerra mediatica” di Putin non è cominciata con la guerra in Ucraina.
La libertà di stampa: annate di repressione
Secondo Amnesty, si parla di “due decenni di guerra contro le voci dissidenti”. Voci rappresentate dalle migliaia di persone uccise e arrestate negli anni.
Per Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Est Europa e l’Asia centrale, gli arresti dei giornalisti hanno seguito l’obiettivo primario di far crollare le voci indipendenti, forzando chi era a capo dei principali media, a seguire la linea governativa.
Dopo l’invasione russa in Ucraina, questa sorta di auto-censura si è fatta più forte. La strategia propagandistica è diventata visibile ad un mondo che per troppo tempo ha guardato dall’altra parte, mettendo al primo posto gli interessi economici e commerciali.
Dal 1999 ad oggi, sono 31 i giornalisti uccisi (fonte: Committee to Protect Journalist- Explore CPJ’s database of attacks on the press).
Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti, la Russia è il terzo paese al mondo per giornalisti morti dal 1991.
Tra gli omicidi più famosi, quello della reporter Anna Politkovskaja nel 2006. Uccisa a Mosca a colpi di pistola, dopo una serie di reportage in Cecenia in cui aveva apertamente criticato Putin per la condotta della guerra.
Nel 2001 venne arrestata nella Cecenia meridionale con l’accusa di aver violato le norme sulla copertura giornalistica del conflitto, imposte dal governo russo. Nel 2004 rischiò la morte per avvelenamento: un tea preso in aereo. Una storia molto simile a quella di Aleksej Navalnyj, ad oggi unico oppositore politico di Putin e che recentemente è stato condannato ad altri 13 anni di carcere.
Anche lui nel 2020 ha rischiato di morire, con un tea contenente un agente nervino, già utilizzato per avvelenare l’ex spia russa Sergej Skirpal nel 2018. Ma la Politkovskaya non è l’unica ad averci rimesso la vita: lo stesso anno della sua morte, viene ucciso sempre per avvelenamento, l’ex spia del Kgb, Alexander Litvinenko: da tempo indagava sull’assassinio della reporter. Nel 2009 invece, anche l’attivista Natalia Estemirova, amica della giornalista, viene rapita e uccisa.
Russia oggi: il caso di Marina Ovsyannikova
Fino alla scorsa settimana nessuno conosceva il nome di Marina Ovsyannikova, o almeno, non a livello mondiale: giornalista per il telegiornale Channel One, tra i più seguiti. Durante l’edizione della sera, è apparsa alle spalle della conduttrice Ekaterina Andreeva con un cartello: “No alla guerra, fermate la guerra. Non credete alla propaganda, vi stanno mentendo”.
Poco prima dell’irruzione, aveva rilasciato un video sui social dove spiegava i motivi del gesto:
«Negli anni ho lavorato a Canale 1 e ho contribuito alla propaganda del Cremlino, mi vergogno per questo. Abbiamo osservato in silenzio questo regime disumano. La responsabilità di questa aggressione è solo di una persona: Vladimir Putin…quello che sta succedendo in Ucraina è un reato contro l’umanità»
Fuori dalla torre di Ostankino, sede del tg, già si erano schierate le auto blindate della polizia. Fino a molte ore dopo, di lei si erano perse le tracce. Era stata scortata fuori dalla struttura. Gli avvocati non erano riusciti a rintracciarla fino al rilascio circa 12 ore dopo e la condanna ad una multa di 30mila rubli (250 euro). Con l’introduzione della Legge marziale si rischia fino a 15 anni di carcere e per Ovsyannikova, nei prossimi giorni, potrebbe aprirsi un processo contro di lei. Ma c’è chi crede che sia tutta una montatura, costruita dal Cremlino come parte della propaganda di Putin.
A sostenere questa tesi, alcuni politici e commentatori Ucraini ed europei: si tratterebbe di una “performance” atta a mostrare che esistono anche “russi buoni”.
Tra le principali tesi diffuse sui social, l’ipotesi che gli studi televisivi russi sono controllati e mai trasmessi in diretta. Inoltre, nessuno riprende la propria tv con lo smartphone durante un tg.
Ma queste tesi sono state smentite da ulteriori prove: Channel 1 ha l’unico tg ad essere trasmesso in diretta e la giornalista ricopriva un ruolo di rilievo nel telegiornale, tanto da poter avvicinarsi alla conduttrice in qualsiasi momento. Con la diffusione del video sui social inoltre, aveva già avvertito i suoi seguaci su quanto sarebbe accaduto, tanto da tenerli pronti a riprendere il momento.
I cittadini russi: tra chi fugge e chi resta
Ad oggi, sono circa 200mila le persone fuggite dalla Russia per paura della repressione e la leva obbligatoria. Nonostante ciò, i sostenitori di Putin sono in netta maggioranza tra la popolazione presente sul territorio nazionale: secondo Levada, un’organizzazione non governativa di sondaggi, il tasso di popolarità del Presidente resta alto, più del 60%. Questa percentuale attribuisce alla Nato la colpa dell’inizio del conflitto. Le tantissime persone scese in piazza, nonostante i numeri e le voci note, rappresenta solo il 3%.
Ma le manifestazioni in piazza, sono anche a favore della guerra. Si distinguono per l’uso della Z, un simbolo apparso anche sui cartelloni pubblicitari e persino tra le tute degli atleti: il campione russo Ivan Kuliak l’ha esibita sul podio dei mondiali di Doha.
Ma le Z appaiono anche sui carri armati russi. C’è chi la attribuisce alla parola “vittoria” chi ad altri significati, sta di fatto che ormai è diventata il simbolo del Cremlino e in particolare della guerra politica e mediatica di Putin.
Putin allo stadio per fermare “il genocidio dei russi”
Due giorni fa Putin è stato il protagonista di un’importante manifestazione allo stadio di Luzniki di Mosca. Migliaia di persone hanno assistito al suo discorso, in occasione dell’anniversario dell’annessione della Crimea, avvenuta nel 2014. Un evento che è il culmine della propaganda del Cremlino, introdotta in diretta tv con il titolo “per un mondo senza nazismo, per la Russia e per il presidente”.
«bisogna salvare le persone dal genocidio che è in atto e questo è lo scopo della nostra azione in Ucraina. Qui mi vengono in mente le parole delle sacre scritture “non c’è amore più grande che donare la propria anima per i propri amici”»
Durante il discorso la folla esultava ma la diretta è terminata qualche minuto prima dell’orario previsto perché si sentivano dei fischi: sono le voci di chi è rimasto e lotta ancora contro Putin.