Il confine tra schiave e lavoratrici del sesso

Nella vicina Spagna, il premier Pedro Sanchez (PSOE) ha dichiarato di voler abolire il “lavoro più antico del mondo”. Infatti, la prostituzione, sia nello stato iberico che in altri paesi, rappresenta un mercato fiorente seppur illegale in alcune nazioni. In Spagna invece, nonostante la depenalizzazione del 1995 che esclude ogni tipo di sanzione da chi la pratica volontariamente (a patto che non sia in luoghi pubblici), non sono previste nessun tipo di tutele per le lavoratrici di questo settore, rimanendo illegale invece nel caso dello sfruttamento.
Sanchez ha motivato la sua presa di posizione come un atto del governo per contrastare un mercato che rende schiave le donne. Un’ industria che vale 3,7 miliardi di euro.

La prostituzione in Italia
Nel nostro paese invece, l’ultimo intervento legislativo destinato a questo mercato, risale al 29 gennaio del 1958. Con l’approvazione alla camera della Legge Merlin (dal nome della prima firmataria, Lina Merlin) il 20 settembre di quello stesso anno, chiudono per sempre 560 case di tolleranza.
Molto presenti fin dall’antica Roma, le lavoratrici di questo settore erano quasi sempre schiave. Nonostante questo mercato continua indisturbato nei secoli a seguire, si dovrà aspettare il 1859 per vederlo regolamentato. In Lombardia, infatti, Cavour approva un decreto che autorizza l’apertura di case controllate dallo stato per l’esercizio della prostituzione (da qui il nome di tolleranza). Un anno dopo, il decreto diventa legge, portando alla nascita delle prime case. Nel 1891 infine, vengono ridotte le tariffe per limitare la prostituzione libera, non soggetta a controlli sanitari. Questa pratica, quindi, rimane indisturbata fino alla sua messa al bando con la legge del 1958.

Le schiave del sesso nel nostro paese
Al giorno d’oggi, secondo alcune statistiche, le vittime della tratta destinata al mercato illegale del sesso, vanno dai 40 ai 45mila e tra queste, 2mila circa sono minorenni. Di tutta l’industria del sesso, il 60% sono schiave. Si tratta quindi di donne che praticano la prostituzione contro la loro volontà. La maggior parte sono immigrate da paesi come quelli dell’Est Europa o dell’Africa del Nord, fatte venire in Italia con la promessa di una vita migliore e private dei loro documenti d’identità. A questi numeri allarmanti, si aggiunge il milione circa di lavoratori in nero operanti sul territorio. Questa situazione precaria è per la maggior parte dei casi in mano a chi controlla la tratta di esseri umani. Tra di loro, oltre a chi pratica la prostituzione, vi sono circa 5mila minorenni, privati di ogni tipo di diritto.

Fare sesso per lavoro: le sex workers
Tra queste percentuali però, c’è chi decide liberamente di fare questo lavoro. Le cosiddette Sex workers, sono ormai un fenomeno che negli ultimi anni si è propagato sui vari territori nazionali, a cominciare da paesi dove questa pratica è legale, come l’Olanda.
Il Comitato internazionale dei diritti dei lavoratori del sesso (Icrse) ha rilasciato nel 2021, un documento di denuncia per la situazione in cui operano le sex workers.

Raccontando la storia di 50 prostitute, tra cui alcune operanti sul territorio italiano, il comitato ha denunciato come questo mestiere non sia considerato tale e che una donna che lo sceglie liberamente non può aprire una partita Iva, avere diritto a tutele sanitarie o accedere al fondo pensione. L’80% delle lavoratrici sono straniere e molto spesso devono entrare nella cerchia di un protettore, rischiando comunque violenze e abusi da parte dei clienti, che dato l’assenza di norme che possono tutelarle, hanno la piena libertà di fare ciò che vogliono, andando quindi oltre la prestazione sessuale.
Il vuoto legislativo sembra infatti essere il problema principale. Dalla messa al bando fino ad oggi, le prostitute si sono ritrovate senza la protezione dello stato e molte di loro sono state costrette a ritornare in strada. Parallelamente però, la domanda non è di certo scesa e in seguito al vuoto normativo creatosi, sono proliferate le tratte delle schiave.
Un mercato quindi che illegale o meno, non sembra destinato a morire.
