Tampon Tax: via libera all’abbassamento dell’Iva dal 22% al 10%

Il governo tecnico di Mario Draghi ha approvato il documento programmatico di bilancio per il 2022, che illustra le principali linee di intervento che verranno declinate nella Legge di bilancio. Da subito, la notizia dell’approvazione, ha catturato l’attenzione dell’opinione pubblica, soprattutto per quanto riguarda la Tampon Tax che passa dal 22% al 10%. La tassa sugli assorbenti, infatti, era stata al centro di un lungo dibattito già il 20 gennaio del 2016. I deputati del partito politico di Giuseppe Civati, Possibile, avevano infatti presentato una proposta di legge riguardante la tassa in questione, chiedendo un abbassamento del 4%. Insieme a loro, negli anni, molti altri deputati ed esponenti politici si sono espressi a favore di una riduzione dell’Iva (imposta sul valore aggiunto) su questa tipologia di prodotti.

La tassa: ieri e oggi
In Italia, la Tampon Tax è stata introdotta nel 1973 e negli anni è cresciuta passando dal 12% al 22%. Secondo il Testo unico sull’Iva del 1972, però, l’aliquota è ridotta al 4%, 5% o 10% per una serie di beni e servizi considerati di prima necessità.
Ad esempio, nell’elenco dei beni con Iva al 4%, troviamo prodotti alimentari come il latte, gli ortaggi o servizi come il canone della TV. Al 5% ci sono sempre prodotti alimentari come il pesce o le uova. Nel 2019 invece, un prodotto considerato di pregio come il tartufo, aveva una tassa del 10% che oggi è stata abbassata al 5%, inserendolo quindi tra quelli di prima necessità. Lo stesso anno, il governo Conte I aveva deciso di abbassare la tassa al 5% ma solo per gli assorbenti biodegradabili, bocciando l’abbassamento al 10% per tutte le altre tipologie.
Le altre nazioni: chi guarda al futuro e chi no
L’ Italia, fino all’approvazione del bilancio 2022, rimarrà tra i paesi con la tampon tax più alta. Tra questi ricordiamo l’Ungheria che supera il belpaese con una tassa del 27% a cui si vanno ad aggiungere quelle della Norvegia, della Svezia e della Danimarca dove attualmente la tassa è al 25%.
La prima nazione, invece, ad azzerare completamente l’imposta è stata l’Irlanda nel 2006. A seguire il suo esempio, la Gran Bretagna che dal 5% è passata a zero. La Francia resta invece ancora al 5,5% seguita dalla Germania, con una tassa del 7%.
Altro esempio che andrebbe emulato è quello della Nuova Zelanda, dove il primo ministro Jacinda Ardern, ha deciso di regalare gli assorbenti a tutte le studentesse di tutti gli istituti scolastici.

Qualche statistica
In Italia, un pacchetto da 14 assorbenti ha un prezzo che va dai 4 ai 5 euro. Una donna in media arriva ad usarne anche due al mese. Le spese annuali di una singola persona, quindi, vanno dai 120 ad un massimo di 126 euro (escludendo le medicine per i dolori mestruali e in base ad un costo ed un consumo medio). Durante gli anni fertili della sua vita, una persona quindi potrebbe arrivare a spendere anche 2.000 euro, senza considerare le spese per nucleo famigliare dove ci può essere più di un membro di sesso femminile.
Abbassare l’aliquota fino al 5% infine richiederebbe (secondo i dati del Mef) un costo di 300 milioni di euro. Si tratterebbe però di un investimento che può portare solo benefici tra i cittadini e all’economia dell’intero paese.
L’abbassamento della Tampon Tax è un dovere dello stato nei confronti dei cittadini.
Il ciclo non è un lusso e una donna non può decidere se averlo. Lasciare l’Iva al 22% significherebbe etichettare questi prodotti come “non essenziali”. Abbassarla al 10% è sicuramente un passo avanti ma non è sufficiente, soprattutto se si fa un confronto con i progressi degli altri paesi.
