Gender equality nel mondo del lavoro. Un portale non basta, ma può aiutare. Parla Pietro Picogna, fondatore di GenQ

Nasce per iniziativa di tre giovani professionisti italiani, come risorsa per verificare il livello di gender gap e scegliere consapevolmente il proprio posto di lavoro: si chiama GenQ il nuovo portale dove verificare se un’azienda crede nella parità di genere e la applica.
2duerighe intervista uno dei suoi fondatori, Pietro Picogna.
Ormai è assodato: abbiamo un problema
Secondo i dati dell’Unione Europea, ci vorranno più di 60 anni per stabilire una vera e propria parità di genere a livello lavorativo. Le discriminazioni sul posto di lavoro, il gender pay gap (= differenza salariale tra uomo e donna), l’assenza di donne nelle posizioni apicali sono solo alcuni dei problemi che devono essere risolti. E l’Italia si classifica come fanalino di coda a livello europeo per la parità di genere. Per contro, la parità di genere è uno dei requisiti ormai imprescindibili in base ai quali i grandi investitori si muovono nel mondo, interessati ad investire, appunto, rispettando la diversity.
Dal problema alla ricerca di possibili soluzioni
Quella immaginata da Pietro Maria Picogna, fondatore di Startup Pack ed ideatore di PEM Music Festival, il primo festival musicale in Italia contro la violenza di genere, insieme ad Alex Lanaro (fondatore di TheVBA Guys) e Atif Choksi (sviluppatore della startup Mirta) si chiama GenQ – https://genqapp.github.io/genq.github.io – e si propone quale strumento autorevole per aiutare le persone, a prescindere dal proprio sesso biologico, a fare scelte consapevoli quando decidono di mandare il proprio Curriculum Vitae alle aziende. Il portale esamina i dati del registro europeo elaborato da Equileap – The leading provider of gender equality data & insights (https://equileap.com), riconosciuto come il principale fornitore di dati e approfondimenti sulla parità di genere nel settore aziendale, e, attraverso diverse variabili, assegna uno score digitale per le aziende che operano in Europa. Il ranking va da 0 punti a 100 punti percentili; il punteggio massimo indica una situazione nella quale la parità di genere è completamente rispettata all’interno del contesto aziendale.
Pietro Picogna ha accettato di rispondere ad alcune domande sull’iniziativa.
La sua vita di giovane professionista è un crescendo di attenzione e dedizione ai temi della parità di genere, cui ha dedicato anche un festival musicale, il primo di questa sorta nel nostro Paese. Un approccio etico fortemente condivisibile, ma anche un interesse nato da qualche esperienza in particolare?
Molto spesso la realtà alla quale ci affacciamo, in Italia e nel mondo, non corrisponde a ciò che vorremmo fosse. Troppe volte ci capita di vedere disuguaglianze ed ingiustizie legate al genere. Personalmente l’attenzione al tema nasce da un workshop realizzato da Telefono Rosa Verona riguardo la violenza sulle donne. Da ciò mi sono appassionato al tema dell’uguaglianza e nelle organizzazioni che dirigo creo un approccio completamente gender equal in termini di posizioni e opportunità.
Tra le soluzioni al “problema”, Lei e i professionisti con cui collabora, avete voluto cominciare da una che si ponesse a monte, al momento dell’incontro tra domanda e offerta. Come ci siete arrivati?
Il tutto nasce da qualche chiacchierata svolta con le nostre coetanee. La parità di genere è oggi uno dei fattori che viene valutato quando si decide di “fare application” per una determinata posizione lavorativa. Sapere se nell’azienda dove si vuole lavorare sono presenti discriminazioni legate al genere, se esiste un gender pay gap, è oggi più che mai essenziale. Durante una chiacchierata con Alex Lanaro (co-founder del progetto e fondatore di VBA Guys) ci siamo resi conto di ciò e abbiamo deciso di creare GenQ per permettere a future manager e lavoratrici di fare scelte consapevoli.
Può raccontare ai lettori come funziona esattamente il portale e come sono state inserite le aziende attualmente presenti?
I dati che potete trovare sul portale sono forniti direttamente da Equileap, una delle realtà più importanti al mondo per il tema della gender equality. Oggi stiamo lavorando con loro e con EWOB che ci ha fornito un altro database. L’obiettivo è quello di rappresentare dati sempre più realistici e saremmo molto felici se alcune delle aziende citate ci aprissero le “porte di casa” per scoprire internamente come è percepita la tematica. Pensiamo fortemente che la trasparenza sia la chiave di lettura di questo problema e che aziende, governi ed associazioni debbano lavorare congiuntamente per risolverlo. Per quanto riguarda il portale, utilizzarlo è semplicissimo. Basta entrare sul sito https://genqapp.github.io/genq.github.io/, scegliere una delle aziende nell’elenco e verificare il loro GDI (Gender Diversity Index)
Il tutto parte quindi, se abbiamo ben compreso, dai dati di Equileap, che calcola il gap su base mondiale mettendo in relazione vari parametri oltre a quello del salario. Sono dati affidabili e soprattutto sufficienti?
Nella questione “gender equality” i dati non sono, ahimè, mai sufficienti. Troppe dinamiche sfuggono anche all’occhio più attento e sarebbe necessaria un’analisi multivariata della situazione. Il mio gruppo, per risolvere questa dinamica, sta formandosi ed informandosi su vari portali e sta comparando le ipotesi di molti centri di ricerca. Equileap, tuttavia, è una fonte affidabile e i loro report vengono ripresi dalla Harvard Business Review, dal Sole 24Ore, da Bloomberg e dal Financial Times. Per questo mi sento di dire che lo score che si vede sul sito di GenQ è affidabile ed è una buona rappresentazione della realtà
Quali sono i numeri delle ricerche sul portale, ad oggi?
Nella prima settimana sono state più di mille le aziende ricercate sul portale e oggi ci muoviamo con una crescita giornaliera molto positiva. Le persone stanno supportando l’iniziativa e contribuiscono a raccontarla. È questo il più bel risultato: risolvere un problema reale e vedere l’entusiasmo delle persone che vogliono collaborare con noi.
Qual è stata fin qui la risposta del mondo imprenditoriale venuto a conoscenza dell’esistenza del sito? Plauso o critiche?
Il mondo imprenditoriale si è schierato positivamente rispetto al tema. Sono molte le parole di stima ricevute, tra le quali mi sento di citare quelle di Giorgio Basaglia (Yellowknife & Partners), Alessandra Raggi (membro del consiglio d’amministrazione dell’Università di Bologna), Marta Basso (consulente per il Ministero Italiano dello Sviluppo Economico). Accanto a loro molti altri. Ovviamente c’è ancora da lavorare. Abbiamo ricevuto molti feedback sull’esperienza utente e nei prossimi giorni implementeremo le modalità di utilizzo del portale in base a questi.
Accanto al portale avete avviato un’attività di crowdfunding. A quale scopo?
Vorremmo completare il progetto, realizzando un’app vera e propria che aiuti nelle scelte di carriera. Attraverso la raccolta di capitale potremo fare ciò, allargando anche il campione di aziende presenti sul sito e dando punteggi più accurati alle stesse. E poi chissà… magari adatteremo il format ad altri temi sociali rilevanti, come la sostenibilità o l’inclusione della comunità LGBT+.
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Chi è Pietro Picogna – Nato a Verona, è un innovatore digitale appassionato di startup e management. Ha iniziato il suo primo business a 15 anni d’età, raggiungendo buoni risultati – come usa ripetere – grazie, soprattutto, agli errori commessi. È stato Presidente di JEBO, partner per l’IPO di Aleph Finance Group, organizzatore del primo festival musicale in Italia contro la violenza di genere. Qualche mese fa ha fondato la sua nuova startup (Startup Pack), che si occupa di fornire mentoring agli aspiranti imprenditori.