Missione compiuta: Recovery Found, saremo all’altezza deIla fiducia accordataci?
Così l’ha definita Charles Michel: «Mission Impossible»; anche se, nelle dichiarazioni dei giorni precedenti, si mostrava fiducioso in un possibile accordo fra i Paesi Membri della UE.
Il background di questa vicenda si caratterizza per due schieramenti fondamentali, anzi quattro!!
Da una parte i Paesi cosiddetti “Frugali” Austria, Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia, fortemente contrari, sin dal principio, alla condivisione del debito e alla costituzione del fondo, con titoli comuni, in quanto meno indebitati e apparentemente meno colpiti dalla Pandemia.
Dall’altra i Paesi “Fragili”, con debito pubblico più alto e con gravi ripercussioni sanitarie ed economiche a causa del Coronavirus, come Italia, Spagna e Polonia.
In mezzo Francia e Germania, i Paesi “Forti”, grandi mediatori di questo Consiglio straordinario, che inizialmente sostenevano i Paesi frugali, ma che, ad un certo punto del percorso, hanno optato per un sostegno ai Paesi più Fragili.
Ma, i veri vincitori del Consesso sono stati i Paesi “ex Oltrecortina”, del gruppo di Visegrad, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, che hanno messo a dura prova, nella fase finale, la compostezza dell’accordo raggiunto.
I “Frugali”, che avrebbero concesso inizialmente solo prestiti e non sussidi, con capofila il premier olandese Rutte, sono addivenuti a più miti consigli, in cambio dei cosiddetti sconti e rimborsi dei contributi al bilancio europeo; alla Danimarca andranno 322 milioni annui di rimborsi; alla Germania e all’Olanda 1,921 miliardi; all’Austria 565 e alla Svezia 1,069 miliardi.
Il Premier olandese ha portato inoltre a casa la vittoria dell’aumento dei dazi portuali, considerando che Rotterdam, rappresenta il porto più importante d’Europa.
L’asse Franco-Tedesco, che nella sua primitiva e benevola proposta di sussidi, aveva ipotizzato 500 miliardi, si è vista ridimensionare la sovvenzione a 390 miliardi, anche se le garanzie della Germania sul Fondo Comune Europeo sono superiori ad ¼, circa 200 miliardi, i contributi al Bilancio sono lievitati da 13,5 a 23,5 miliardi, ma i rimborsi sono pari a 3,671 miliardi; la Francia si contenterà, altresì di “soli” 40 miliardi, contro gli 81, di sovvenzioni che avrà l’Italia.
I Paesi “ex Oltrecortina”, quando si è trattato di votare il documento conclusivo dell’accordo tra i Paesi membri EU, hanno contestato gli articoli che collegavano il finanziamento nazionale al rispetto dello “stato di diritto”, principio cardine di una Europa Unita, accomunata da valori etici, morali e solidali.
Tale ostracismo ha indotto la Comunità Europea ad allargare le maglie dello “stato di diritto”, chiedendo all’Assemblea di condividere tali principi con un plauso generale, al quale hanno aderito anche i Paesi più reticenti.
Il Recovery Fund rappresenta una condivisione europea del debito, con emissione di titoli comuni e fonda le sue basi, non su tagli, ma su riforme ed efficientamento progettuale della spesa.
In particolare, la UE, emetterà titoli nel 2021, e li rimborserà entro il 2058, ma la spesa, per le riforme e le trasformazioni, dovrà essere utilizzata entro il 2026.
Inoltre, il 70% dei fondi dovrà essere impiegato entro 2 anni, e il restante 30% nel 2023.
Le principali riforme, che, tutti i Paesi della UE, saranno chiamati a realizzare, sono: la riforma del mercato del lavoro, la riduzione della tassazione sul lavoro, piani di investimento sulla istruzione e formazione, lotta alla corruzione, riduzione dei tempi medi della giustizia ed efficientamento della Pubblica Amministrazione.
L’Italia verrà messa alle strette proprio su quest’ultima riforma, in quanto dovrà dimostrare di accelerare le procedure per la realizzazione di progetti infrastrutturali, snellendo procedure, applicando sanzioni ai Responsabili della progettualità, contestualmente al controllo della corruzione.
Come contribuisce ciascuno Stato alla formazione di un fondo europeo?
Ciascun Paese versa quote annuali al Club Europa con imposte diversificate; il piano comune, appena varato, prevede imposte sulla plastica, sull’inquinamento, sulla digitalizzazione, sui trasporti e sulle transazioni finanziarie.
La ripartizione dei fondi, in termini di sussidi e prestiti, dopo l’ultima negoziazione, vedono scendere le sovvenzioni su clima e digitalizzazione al 30%.
Il nostro Paese, possedendo il 13,8% del capitale della BCE, è stato favorito, dalla stessa, in quanto la BCE ha acquistato il 25% del nostro debito, ma proprio in ragione della magnanima concessione, l’Italia, più di ogni altro Paese Europeo, verrà controllata a vista, per quanto riguarda l’impiego delle risorse, in quanto il nostro Paese, come sostenuto dal Premiere Olandese Rutte, è “appesantito” da piaghe malavitose e sistemi di sussidiarietà a maglie larghe, il tutto intriso dalla tendenza alla corruzione.
Questo spiegherebbe perché il Premier Rutte, appoggiato anche da altri Paesi, sostenesse che il principio di veto sui comportamenti difformi dagli accordi della UE, venisse apposto da ciascun singolo Paese Membro, senza il coordinamento centrale della Commissione stessa.
Su questo tema, e su altri di maggior specificità economica, si è speso il nostro Premier Conte, confermando la Governance di ciascun Paese e auspicando, nei suoi convincenti contraddittori, che fosse il Comitato Economico Finanziari (CEF), a monitorare gli impegni presi su investimenti e Riforme, a controllare la tabella di marcia dei Paesi ed, eventualmente, a bloccare i pagamenti, per 3 mesi, in presenza di difformità.
Si sintetizza qui di seguito, sul fronte economico, il pacchetto varato dall’ UE per i prossimi 7 anni; complessivamente il pacchetto include 1.800 miliardi, di cui 1.074 per i finanziamenti, e 750 per la ripresa economica; i 750 miliardi sono rappresentati per 390 miliari da sussidi e per il restante 360 miliardi da prestiti, sempre dei 750 miliari, 77 vanno alla sostenibilità ambientale e 673 alla ripresa economica;
I criteri con i quali i Paesi riceveranno rispettivamente sovvenzioni e prestiti sono strettamente connessi agli aspetti Demografici, all’ estensione dello Stato, e al Tasso di Disoccupazione.
Per l’Italia sono previsti 209 miliardi di cui 82 di sovvenzioni e 127 di prestito.
Considerato che, alla data odierna, nessuna, benché minima, ipotesi di progettualità, che investa Infrastrutture e Riforme, sembra spuntare all’orizzonte, saremo all’altezza della fiducia accordataci, o meglio, saremo in grado di trarre il massimo vantaggio possibile da questa “insperata” opportunità, o rischiamo di aumentare inesorabilmente il nostro Debito Pubblico?
Al bando legacci ed ingessature….