La scuola ai tempi del Covid: tra ripartenza e didattica a distanza

Anche la scuola ovviamente è stata travolta dal Covid, fin dai primi momenti con la tanto discussa didattica a distanza, ma anche adesso che l’emergenza è diminuita, ci sono ancora molte perplessità sul nuovo anno.
Negli ultimi mesi sono state diverse le ipotesi e le idee presentate dalla Ministra Azzolina in collab orazione con il comitato tecnico scientifico, al fine di garantire nuovamente delle lezioni in presenza, ma ancora oggi pare assente la certezza assoluta su quella che sarà la scuola post Covid. Una su tutte, però, è quella relativa alla didattica a distanza: seppur necessaria, si è dimostrata inadatta alla scuola italiana, vediamo perché.
I problemi della didattica a distanza
L’insegnamento da remoto nel pieno della pandemia ha messo in mostra tutte le debolezze di questo sistema nella scuola italiana. Non vogliamo infatti dire che la didattica a distanza sia per forza sbagliata o piena di problemi per alunni ed insegnanti a priori, ma di certo in Italia presenta diverse problematiche che anche dopo due mesi di insegnamento non sono mai state risolte.
Innanzitutto ci sono i problemi tecnologici, costituiti per lo più da connessioni inadatte e in molti casi da strumenti totalmente assenti. Questa tematica porta con sé poi altre disparità che non dipendono solamente dalle infrastrutture. Bisogna infatti innanzitutto essere consapevoli del fatto che non tutto lo stivale è connesso con la stessa linea e le stesse possibilità, ciò comporta dunque che chi vive nel in città non avrà alcun problema a connettersi, mentre chi abita nelle zone più lontane dei grandi centri urbani si ritrova a dover sostenere delle lezioni con una connessione ormai vecchia, non in grado di assicurare un collegamento quanto meno decente. Inoltre, bisogna considerare anche il problema legato alle difficoltà economiche: non tutte le famiglie hanno la stessa capacità di acquistare un dispositivo che permetta al loro figlio, o figli, di poter seguire le videolezioni, andando così a generare una disparità assolutamente intollerabile a livello educativo.
Un quadro che ovviamente, come al solito, mette ulteriormente in evidenza le differenze tra nord e sud, come emerge anche dalle parole di Daniela Lo Verde, preside dell’istituto Giovanni Falcone dello Zen di Palermo: «Siamo riusciti solo ora, dopo quasi due mesi, a consegnare i dispositivi che permetteranno di fare una didattica più articolata. Dopo più di un mese di lezioni con lo smartphone ora avranno i notebook. Dobbiamo fare i conti con una connessione che spesso è legata ai giga dei telefonini che a fine mese finiscono. E poi nel mio territorio il livello d’istruzione delle famiglie è al massimo di licenzia media».
In alcuni casi, poi, il problema è alla base, cioè parte proprio dall’istituto. Durante il lockdown sono infatti state diverse le scuole che non hanno proprio iniziato le lezioni a distanza, come segnalato anche dal sindaco di Firenze Dario Nardeala, il quale ha segnalato come molte scuole facessero un massimo di una o due ore di videolezione al giorno.
Da considerare ci sono poi i problemi legati all’insegnamento vero e proprio. Sono diversi i pedagoghi che hanno denunciato l’impossibilità di sostenere un insegnamento tradizionale attraverso le videolezioni, poiché ovviamente non si possono tenere degli alunni, soprattutto quelli più piccoli, per cinque o sei ore davanti ad uno schermo e sperare che reagiscano allo stesso modo come in classe. Inoltre vanno presi in considerazione poi i casi speciali, come quelli dei ragazzi che presentano disabilità, per i quali l’assenza delle relazioni interpersonali rende tutto ancora più complicato.
A che punto è la scuola per la riapertura post Covid?
Attualmente, dunque, la Ministra Azzolina ed il comitato tecnico scientifico sono al lavoro per permettere una riapertura delle scuole a settembre in totale sicurezza. Il problema maggiore, ad ora, sta nel garantire la distanza di sicurezza all’interno delle aule, al quale si aggiunge poi la necessità di sanificare gli ambienti chiusi ed anche l’applicazione di tamponi e test sierologici a tutto il personale impegnato negli istituti.
Uno dei temi che ha scatenato il maggior numero di discussioni negli ultimi giorni è quello dei banchi monoposto con le rotelle, utili proprio ad applicare il distanziamento in aula e garantire dunque maggior sicurezza. Tuttavia, è ovvio che per gli alunni più piccoli siano totalmente inadatti, pertanto rimangono ancora molti dubbi.
Tra le altre ipotesi messe in campo oltre ai banchi mobili, ci sono anche gli ingressi scaglionati, la misurazione della febbre a casa e soprattutto l’attenzione ai possibili focolai. La riapertura delle scuole potrebbe infatti far aumentare l’indice rt di 0,3, pertanto sarà necessario monitorare costante la situazione ed applicare eventualmente tutte le misure del caso.
Come per molti altri aspetti legati al Covid, comunque, non ci sono certezze, se non quella del ritorno della didattica a distanza se dovesse esserci una seconda ondata tra settembre e ottobre pari a quella che ha già investito il nostro paese a marzo. In quel caso si tornerà dunque all’insegnamento da remoto, sperando che tutti i problemi del caso siano stati nel frattempo risolti, anche se ciò sarà davvero complicato.