Qualche domanda a Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay

In Italia, nonostante qualche (piccolo) passo in avanti a livello legislativo c’è ancora molto lavoro da fare per quanto riguarda i diritti LGBT. Su questo tema abbiamo intervistato Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay, associazione italiana che si cura della difesa dei diritti LGBT, ma non solo.
Qual è la storia di Arcigay? Quando nasce e perché?
Il primo circolo Arcigay nasce a Palermo il 9 dicembre del 1980, in seguito alla mobilitazione suscitata dalla tragedia di Giarre dove, due mesi prima, due giovani si erano fatti uccidere perché la loro relazione era dileggiata in tutto il paese. Successivamente nascono altri circoli Arcigay in alcune città italiane, ma fino al marzo del 1985 Arcigay rimane una emanazione della Commissione Nazionale Diritti Civili dell’ARCI. Promotore dell’Arcigay è Don Marco Bisceglia, prete cattolico dell’area del dissenso noto soprattutto come animatore insieme a Don Mazzi, delle comunità di base.
La prima importante riunione nazionale dell’Arcigay avviene a Palermo nel 1982 alla presenza dei dirigenti nazionali dell’ARCI: questa riunione viene considerata a tutt’oggi come il primo congresso nazionale dell’Associazione. Nel 1984 si apre la discussione nel movimento sulla necessità di costruire e rafforzare una significativa presenza nazionale.
Questa discussione porta all’unificazione di quasi tutti i gruppi gay italiani esistenti nell’Arcigay nazionale che, nell’assemblea nazionale del marzo 1985, decide di trasformarsi in organizzazione nazionale vera e propria.
Spesso le situazioni di discriminazione ed allontanamento avvengono all’interno dello stesso nucleo familiare, quando le vittime si rivolgono a voi come agite?
La prima cosa da fare è comprendere bene la situazione descritta dalla vittima e farla sentire a proprio agio e al sicuro, dopodiché il modo di intervenire cambia profondamente in base alla realtà che si ha di fronte, a volte è possibile intavolare una relazione con le famiglie in cui è avvenuta la discriminazione o l’allontanamento, altre volte invece è necessario aiutare la vittima a ricostruirsi una vita perché è impossibile ristabilire la serenità nel contesto familiare. Ogni caso è a sé, e ogni caso va trattato nel modo migliore per tutelare e garantire la vittima. Arcigay talvolta agisce con risorse proprie, a volte in collaborazione con i servizi sociali o altre realtà per la gestione dei casi.
La scuola è fondamentale sia nell’educazione sui diritti sia come potenziale luogo di discriminazioni. Svolgete attività negli istituti? Avete mai incontrato “resistenze” da parte di dirigenti o altre persone per queste?
Arcigay in tutta Italia realizza progetti e incontri nelle scuole finalizzati alla prevenzione del bullismo legato all’orientamento sessuale o all’identità di genere, a volte inseriti in pianificazioni formative dei singoli istituti, a volte con progetti del Ministero dell’Istruzione, a volte intervenendo negli spazi autogestiti dagli studenti. In alcune occasioni abbiamo ricevuto dinieghi o resistenze, aumentate in modo deciso negli ultimi anni a seguito dello svilupparsi della “paranoia Gender”, strategia di disinformazione messa in atto dai movimenti ultraconservatori al fine di instillare terrore nei genitori degli studenti in merito alle attività che Arcigay svolge, portandoli a credere che i nostri interventi finalizzati alla prevenzione delle discriminazioni possano portare i propri figli a diventare omosessuali. Pare assurdo, ma è una strategia che in alcuni contesti purtroppo ha funzionato molto bene.
A che punto siamo in Italia con i diritti per le persone LGBT secondo voi? O meglio, cosa manca ancora?
In Italia a parte la legge sulle unioni civili che ha riconosciuto la possibilità alle coppie omosessuali di veder tutelati una parte dei diritti riconosciuti alle coppie eterosessuali sposate sono ancora molti i passi da fare, e le stesse unioni civili possono essere considerate un passo avanti, ma non il traguardo che non può essere altro che il matrimonio egualitario, ossia la piena uguaglianza fra le coppie a prescindere dal sesso dei coniugi. Oltre a questo non c’è una legislazione che tuteli le famiglie omogenitoriali e i loro bambini, le persone omosessuali sono escluse dalla possibilità di adottare, e le donne lesbiche non possono accedere alle pratiche di procreazione medicalmente assistita. Le persone Trans sono sottoposte ad un calvario sanitario e giudiziario per poter cambiare il proprio sesso e siamo completamente privi di una legislazione organica per il contrasto e la prevenzione dei fenomeni discriminatori legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere.
La presenza di leggi, tuttavia, non indica un’uguale coscienza civile diffusa, come dimostrano i tristi casi nel nostro paese. Come si possono prevenire queste situazioni?
Cultura, cultura e ancora cultura. Solo con una crescita della consapevolezza e della conoscenza dell’opinione pubblica saremo in grado di superare quelle paure di ogni forma di differenza di cui si alimentano i fenomeni discriminatori. Per questo Arcigay considera importante la sua azione in questo senso con campagne di sensibilizzazione, visibilità e azioni di diffusione e promozione di una cultura improntata al rispetto e alla comprensione reciproca fra le persone.
Svolgete attività relative anche al tema HIV, quali sono e perché?
Il tema dell’HIV è stata uno dei primissimi campi di azione di Arcigay fin dalla sua nascita e prosegue tuttora, sull’HIV come sulle altre infezioni sessualmente trasmissibili. Lavoriamo per consentire alle persone di avere gli strumenti per una sessualità consapevole e sicura, cosa fondamentale per il benessere fisico e psicologico delle persone. Arcigay nasce anche come movimento di liberazione sessuale e la possibilità degli individui di vivere serenamente e in modo appagante la propria vita sessuale è data anche dal grado di informazione e consapevolezza. Arcigay svolge quindi campagne informative in merito all’importanza di tutelare la propria salute in ambito sessuale e all’importanza di monitorare la propria condizione attraverso i test per l’HIV e le altre infezioni sessualmente trasmissibili che spesso promuoviamo e svolgiamo direttamente in accordo con le autorità sanitarie. Svolgiamo inoltre una azione continua per il contrasto alla discriminazione e allo stigma verso le persone sieropositive, che sovente subiscono una vera e propria marginalizzazione sociale.
Quali sono i vostri obiettivi per il futuro?
Credo sia già emersa buona parte di ciò che chiediamo nelle risposte precedenti e la piena uguaglianza è il principio cardine attorno al quale si muovono le nostre battaglie e quindi tutte le nostre richieste alla politica e alle istituzioni. Assieme a questo, e diretta evoluzione di questo principio, aggiungerei la possibilità di ciascuna persona di autodeterminare la propria vita, in tutti i suoi aspetti, in un ambiente che consideri ogni differenza di ciascun individuo e ogni differenza di ciascuna relazione fra individui come un valore e non come problema da correggere. Questo è il nostro orizzonte valoriale e programmatico, un orizzonte in cui il valore delle differenze e il valore dell’uguaglianza trovino completa realizzazione.