L’Europa continua la sua lotta contro la plastica

Il Parlamento Europeo ha approvato con 571 voti la proposta di legge che intende vietare la commercializzazione di prodotti di plastica usa e getta, i quali costituiscono ben il 91%, in media, dell’inquinamento dei mari e delle spiagge. La fase successiva per l’approvazione della legge deve passare per il Consiglio dell’UE e se tutto andrà bene sarà approvata entro il prossimo marzo, mentre il divieto entrerà in vigore dal 2021. Secondo la legge, inoltre, le aziende dovranno contribuire a cambiare la propria produzione verso materiali ecologici.
Alcune aziende, tuttavia, non sono entusiaste di questo passo in avanti nei confronti della lotta alla plastica, in particolar modo quelle italiane, le più danneggiate nel caso in cui la proposta divenisse legge. Nonostante siano alleati nel governo nazionale, Lega e Movimento 5 Stelle si scontrano fuori dai confini italiani sui temi relativi alla salvaguardia dell’ambiente. Piernicola Pedicini, eurodeputato pentastellato, ha affermato: «Grazie ai nostri emendamenti abbiamo migliorato la proposta di direttiva della Commissione europea sulla riduzione di alcuni tipi di plastica. Gli altri gruppi politici hanno provato ostinatamente a salvare gli interessi dell’industria, noi crediamo che la salute e la tutela ambientale vengano prima di ogni altra cosa» (i 5 Stelle hanno infatti allargato l’insieme degli oggetti da limitare, includendo anche bottiglie e bicchieri di plastica). Dall’altra parte del fronte si schiera la Lega, maggiormente interessata alla salvaguardia dell’economia italiana, queste le parole dell’eurodeputato Oscar Lancini: «Nel nostro paese operano 25 imprese leader a livello internazionale che producono unicamente prodotti monouso in plastica. Nel momento stesso dell’approvazione della direttiva rischiano di cessare l’attività perché non esistono i tempi e le condizioni per la riconversione». Stando così le cose, tutte le aziende, di qualunque esse siano, dovranno adeguarsi alla norma una volta entrata in vigore (l’emendamento proposto dal Partito Popolare Europeo per lasciar maggior tempo alle piccole e medie imprese non è stato approvato), mentre scuole ed ospedali avranno tempo fino al 2023. Proprio per questi ultimi due casi PD e Forza Italia si trovano concordi nell’evidenziare la difficoltà che emergerebbe dal divieto di utilizzo di plastica monouso. Inoltre l’associazione Recycling Network Benelux Suze Govers afferma che ci sarebbe una “via di fuga” per tutte le aziende che volessero bypassare la legge e farla franca: «A causa di una definizione non accurata di “plastica monouso”, i produttori possono decidere di etichettare i loro prodotti usa e getta come falsi ‘riutilizzabili’, evitando in questo modo tutte le regole della direttiva».
La norma proveniente dall’Europa ha, come abbiamo visto, acceso un lungo dibattito che non sarà facile placare. Tuttavia questo si è reso necessario nel corso degli anni proprio a causa delle cattive abitudini degli uomini. Come tutto quello che caratterizza i nostri stili di vita, così come la nostra economia complessivamente, il basso costo accompagnato ad una produzione seriale ha però un’altra faccia, caratterizzata dai danni che vengono apportati alla Terra. Ciclicamente, nel modo più coerente possibile per quanto riguarda la natura, la plastica che abbandoniamo nei mari prima o poi torna a danneggiarci: da uno studio della Medical University di Vienna è emerso che nelle feci umane sono state ritrovati ben nove tipi di microplastiche che, una volta nell’apparato digerente, sono in grado di interferire con il sistema immunitario o di rendere più facile la trasmissione di sostanze tossiche.
Questo ultimo dato serva da lezione a chi non curandosi dell’inquinamento del pianeta su cui viviamo pensa di poter sfuggire a questa lenta catastrofe perché non viene toccato personalmente. Negli ultimi 50 anni la produzione e dunque il consumo di plastica è aumentato di venti volte e per farsi un’idea basta prestare un poco di attenzione agli oggetti che ci circondano nella vita di tutti i giorni. Non a caso circa tre quarti dell’inquinamento degli oceani è causato dalla plastica: ogni anno vi si depositano tra le 5 e le 13 tonnellate che finiscono sia sulle spiagge che sui fondali. Se si continua con questi ritmi si prospetta che nel 2050 ci saranno più plastiche che pesci.