Casamonica, quando lo Stato non c’è i clan lo sostituiscono

Lo sostituiscono ma a modo loro, rispondendo alle regole implicite del servilismo e del rispetto, degli avvertimenti e delle assicurazioni sulla vita, della protezione e dei pestaggi. È questa la vita nei clan e a causa dei clan. Mentre tolgono libertà elargiscono protezione a chi si attiene alle leggi del più forte. Grazie a queste dinamiche il clan dei Casamonica, il clan dei sinti, degli “zingari” imparentati fra loro, ha colonizzato e gestisce le periferie sud-est di Roma.
«Questa è zona nostra»
Gli uomini del clan Casamonica erano in servizio anche la domenica di Pasqua. Se ne hanno notizie solo adesso che le vittime del pestaggio hanno trovato il coraggio di sporgere denuncia.
Antonio Casamonica e Alfredo Di Silvio, i due aggressori, entrano nel Roxy Bar della Romanina, un bar nella periferia sud est della capitale, ma non vengono immediatamente notati dal barista, motivo per il quale iniziano ad insultarlo e offenderlo, pretendendo di essere serviti per primi. Simona, la quarantaduenne disabile che si trova vicino a loro, reagisce a quegli insulti, “andate da un’altra parte se non vi piace qui”, il video. Antonio Casamonica (26 anni), che ha all’attivo condanne per estorsione e falso e un processo per evasione, le toglie via gli occhiali lanciandoli dietro al bancone, poi si sfila la cintura passandola al compare, che inizia a colpire la ragazza con cinghiate, calci e pugni. Nessuno interviene, il locale si svuota. I due vanno via ma tornano dopo mezz’ora per picchiare il barista, spaccano la vetrina e rovesciano tavoli e sedie. «Qui comandiamo noi, non te lo scordare. Questa è zona nostra. Ora questo bar lo devi chiudere, altrimenti sei morto».
Il barista, come riporta la moglie, «ora sta meglio, ma gli hanno spaccato la testa, era pieno di lividi».
Si ipotizza ovviamente l’aggravante mafiosa e le vittime dell’aggressione riceveranno assistenza e sostegno legale da parte della rete antiusura della Regione Lazio, l’ente si costituirà parte civile nel processo.
La sindaca Raggi si è recata nel bar per parlare con la moglie del barista aggredito e per puntualizzare «che le istituzioni non possono e non devono abbassare lo sguardo davanti a questi episodi», garantendo protezione anche a chi decide di denunciare, mettendo a repentaglio la propria vita. Il barista infatti confessa di aver paura «sia per me che per i miei bambini. Temo che si possano vendicare».
Chi sono i Casamonica
Simona, la donna picchiata che ha sporto denuncia, li descrive così: «è gente che sta tutto il giorno al bar, davanti al tabaccaio. Non studia, non lavora. Nullafacenti. Una generazione peggiore della precedente. Devo essere sincera, i vecchi non erano così. Sembra brutto dirlo, ma nutrivano un certo rispetto anche se facevano tutto quello che sappiamo. I giovani sono peggio, sono cattivi e aggressivi».
Generazioni e generazioni provenienti dalle stesse famiglie che controllano le periferie sud-est di Roma, tra queste la Romanina, Anagnina, Tuscolano, Spinaceto e Frascati, Castelli Romani, Ostia e litorale laziale. L’enorme clan dei Casamonica nasce proprio dalle famiglie Casamonica e Di Silvio, stanziate originariamente in Abruzzo e nel Molise. Iniziano le attività di estorsione, traffico di droga, prostituzione, riciclaggio, corruzione, appalti, usura, rapina, gioco d’azzardo e omicidio a Roma negli anni ‘70. Nel tempo, per accrescere il loro giro di affari, si alleano con la Banda della Magliana, per la quale riscuotevano i crediti al posto delle batterie della banda, con la ‘Ndrangheta e la Camorra. Un grande trust che collabora, spartendosi le zone.
Il clan di tanto in tanto continua a crescere, si allarga imparentandosi con altre famiglie sinti, fra queste gli Spada, insediati ad Ostia, e i Ciarelli, che insieme ai Di Silvio gestiscono la zona di Latina, i Di Lauro, gli Spinelli e i Laudicino.
Diventano la struttura criminale più forte e ricca del Lazio, la Direzione Investigativa antimafia ha stimato un patrimonio di circa 90 milioni di euro, di cui una parte viene nascosta nelle banche del Principato di Monaco, e circa un migliaio di affiliati.
La fortuna del clan proviene soprattutto dalla speculazione edilizia e la loro presenza è così capillare sul territorio che controllano e gestiscono stabilimenti balneari e ristoranti. Solo nel 2004 avvengono alcuni arresti nelle famiglie Casamonica e Di Silvio per traffico internazionale di droga e riciclaggio di denaro, ricavato dallo strozzinaggio. Poi nel 2012 vengono arrestati altri 39 esponenti del clan, sequestrando beni per diversi milioni di euro.
Un’azione che però non ha fatto così male al clan che, come tutti ricordiamo, poco più di due anni fa, organizzava funerali sfarzosi dal chiaro messaggio – ‘Roma è di chi la controlla’ – per Vittorio Casamonica, il boss del clan ed ora succeduto dal nipote Consiglio. Per i funerali nella chiesa di Don Bosco, quartiere Tuscolano, hanno sfilato sei cavalli neri che trainavano una carrozza antica, una folla di gente che accompagnava la bara e la banda musicale intonava la celebre colonna sonora del Padrino. La città bloccata, perché il feretro del boss viene fatto sfilare per le strade, mentre un elicottero lanciava petali di rosa.
«La Romanina è roba loro, lo sanno tutti»
Non c’è da stupirsene, è così e basta. Controllano il loro territorio, si impongono generando terrore e garantendo la sicurezza della zona. È anche per questo che molti cittadini delle zone controllate dai Casamonica non si lamentano della loro presenza: grazie a loro, le zone sono tranquille non avvengono furti d’auto o rapine. Insomma la perfetta logica mafiosa: chi paga il pizzo è protetto dalla stessa famiglia che li strozza. Un dare avere assurdo e paradossale, ma efficiente quando la criminalità diventa parastato, di cui tutti, o quasi, ne riconoscono e ne legittimano il potere. Non importa se il prezzo da pagare per vivere tranquilli è abbassare la testa e pagare quanto chiesto.
Lo scorso febbraio, Federica Angeli, giornalista sotto scorta per le minacce ricevute dal clan Spada di Ostia, riporta su Repubblica un reportage sulla gestione dittatoriale del quartiere Romanina, mostrando come i ragazzi più giovani, appartenenti al clan dei Casamonica, pretendano il pedaggio per transitare sulle strade del quartiere. «O in soldi o in sigarette, qui funziona così per campare bene».
In mezzo alle costruzioni povere della borgata romana, le mega ville lussuose del clan, necessitanti di spazio e del ‘giusto’ decoro. Motivo per cui i cartelli delle fermate degli autobus, disposte di fronte alle ville, sono stati materialmente spostati senza alcun tipo di autorizzazione da parte del Comune. Che sia chiaro chi comanda e che sia chiaro che le uniche regole da rispettare sono quelle del clan, attitudine che sembra non riuscire a tramontare, come conferma un calzolaio residente nel quartiere, «vivo qui da 50 anni, nulla cambierà».