Omogenitorialità, quasi una realtà di diritto anche in Italia

L’omogenitorialità, a dispetto di quanto lascia intendere la parola stessa, riguarda principalmente il diritto di essere figli, piuttosto che il diritto ad essere genitori. Riguarda il legame famigliare che intercorre tra i figli biologici o adottati e la coppia di genitori omosessuali che li cresce e si prende cura di loro. Costituisce il diritto ad essere una famiglia di diritto, al pari delle altre famiglie tradizionali.
Su questo fronte, proprio ieri la sindaca di Torino, Chiara Appendino, ha contribuito a scrivere una pagina fondamentale nella lenta storia di emancipazione dei diritti civili in Italia, trascrivendo all’anagrafe gli atti di nascita di quattro bambini, figli di coppie omogenitoriali. Affianco al primo cittadino, l’assessore comunale alle Famiglie, Marco Giusta, e l’assessora ai Servizi Demografici, Paola Pisano.
«È una di quelle giornate per cui vale davvero la pena ogni goccia di energia spesa per fare politica», scrive in un twitt di ieri la sindaca Appendino.
«Questo è un riconoscimento di uguaglianza e non un privilegio», puntualizza Micaela Ghisleni, una delle mamme riconosciute. Per la precisione fra i bambini registrati c’è Niccolò Pietro, il primo figlio di due donne nato in Italia e registrato all’anagrafe come tale. È il figlio della consigliera comunale del Pd, Chiara Foglietta, e della compagna bioeticista, Micaela Ghisleni.
Sono stati registrati anche due gemelli nati nel 2016 in Canada, figli di una coppia di uomini, ai quali era stata rifiutata la corretta registrazione dei figli all’anagrafe di Torino, dove i due gemelli non risultavano neanche fratelli. Anziché considerarli figli biologici di entrambi i genitori, solo uno veniva considerato tale perché si scriveva “un bambino è figlio di un padre biologico e l’altro dell’altro padre, tutti e due figli di madre ignota”. Quindi, spiegavano i genitori, “se uno di noi viene a mancare, il figlio dell’altro è orfano e teoricamente adottabile. Inoltre i nonni di uno non sono i nonni dell’altro. Senza contare le complicazioni in termini di congedi parentali, iscrizioni al nido… Per esempio nelle scuole comunali ci sono riduzioni per i fratelli e noi non ne avremmo avuto diritto. Per fortuna i Servizi educativi hanno ovviato a questo problema”.
Da ieri, però, entrambi i bambini sono riconosciuti come figli di entrambi i genitori e lo squarcio sulla realtà sociale è meno stretto: «anche adesso da genitori possiamo ribadire che la gente è molto più aperta di quello che si crede se si guarda la tv: le persone per strada, le maestre all’asilo, le nostre famiglie, da tutti abbiamo riscontri eccezionalmente positivi a proposito della nostra famiglia. E anche sulla scelta della donna che avrebbe dovuto farli nascere, ci siamo informati a lungo e abbiamo scelto il Canada perché è molto rigoroso per evitare qualunque sfruttamento della donna».
Infine ieri è stato registrato anche un quarto bambino nato all’estero e figlio di due mamme.
Torino, come ricorda la sindaca Appendino, «è la prima città italiana a consentire alle coppie omogenitoriali di veder riconosciuto il diritto ai loro figli di avere entrambi i genitori».
Nonostante le parole entusiaste dell’assessore comunale alle Famiglie, Marco Giusta – «l’atto di metter mano al registro delle nascite da parte della sindaca è stato un gesto di libertà e gioia. Finalmente ai loro figli è stato riconosciuto il diritto ad avere una famiglia» – è bene precisare che non è ancora detta l’ultima parola, proprio perché quella della sindaca Appendino è stata una svolta epocale in quanto ha deciso di muoversi senza la disposizione di un tribunale. Ma il vuoto normativo rimane.
La registrazione potrebbe essere impugnata, dal momento che nell’ordinamento italiano i genitori risultano essere sempre un uomo e una donna. Come spiega l’avvocato della coppia Foglietta-Ghisleni, Alexander Schuster, «la legge al momento non prevede il riconoscimento dei figli e delle figlie delle coppie omogenitoriali nati in Italia. Personalmente sono favorevole e disponibile a procedere con la registrazione, ma in un contesto di vuoto normativo quale quello attuale, potrebbe non essere garantito il diritto tanto dei genitori quanto dei figli. Il mio impegno e quello dell’amministrazione è massimo, con il supporto degli uffici e dell’avvocatura abbiamo avviato una serie di azioni e percorsi volti ad una definitiva e generale risoluzione delle problematiche, coinvolgendo tutte le istituzioni preposte, gli enti locali e le associazioni».
Il vuoto normativo sull’omogenitorialità in Italia
È stato definito da Micaela Ghisleni “il buco nel cuore della legge sulle unioni civili”.
«In questo ambito – ha aggiunto l’assessora Paola Pisano – dal punto di vista normativo esiste un vuoto che deve essere assolutamente colmato per non ledere i legittimi diritti dei bambini e delle bambine. A Torino abbiamo adottato una soluzione che concilia le norme vigenti con le richieste degli interessati e abbiamo avviato un confronto con altre amministrazioni e istituzioni».
Inizialmente, infatti, Chiara Foglietta e Micaela Ghisleni hanno dovuto dichiarare il falso all’anagrafe, cioè che Niccolò Pietro è figlio di una ragazza madre. Gli Uffici della Città, inoltre, avevano rifiutato anche di ricevere la dichiarazione, da parte della Foglietta, inerente alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo con gamete maschile anonimo, tramite le quali è stato concepito il bambino.
In merito a tale rifiuto, Alexander Schuster spiega che «l’anagrafe usa le formule previste dal ministero nel 2002. Queste ignorano completamente la riproduzione assistita, anche in contesti di coppie di sesso diverso, o donne senza partner, e obbligano a dichiarare che la nascita deriva da un’unione naturale (cioè dal rapporto sessuale) con un uomo, di cui si può non fare il nome, ma che si garantisce non essere né parente né nei gradi di parentela vietati dall’ordinamento italiano». Questo è un problema che lede la tutela stessa dei figli di famiglie arcobaleno, perché in Italia le coppie dello stesso sesso possono avere dei figli, legalmente riconosciuti, soltanto attraverso escamotage burocratici, che mostrano l’ipocrisia di una politica che finge di estendere diritti. La cosiddetta ‘adozione mite’, la trascrizione di atti di nascita sottoscritti in paesi in cui il sesso dei genitori non conta, come la Spagna, oppure la trascrizione di sentenze straniere di adozione sono tre dei possibili tunnel burocratici percorribili da quei genitori che, secondo la legge, non hanno il diritto di esserlo. Sono le scappatoie legali che fanno di un genitore un genitore a metà, e che rendono un figlio un figlio con riserva.