Uxoricidio, finalmente la legge che tutela gli orfani

Il decreto legge, approvato all’unanimità dalla Camera, mercoledì 1 marzo, ridisegna e tutela la prospettiva di vita degli orfani, vittime indirette dell’uxoricidio.
La legge, approvata con una maggioranza assoluta, 376 voti favorevoli, prevede innanzitutto una condanna molto più severa per l’assassino: ergastolo se la vittima è il coniuge, dai 24 ai 30 anni nel caso in cui fosse avvenuto il divorzio. Il condannato non riceverà più la pensione di reversibilità, che sarà riservata ai figli, per i quali è prevista l’attivazione di un fondo per gli orfani di crimini domestici.
Indipendentemente dalla maggiore o minore età, in assenza di stabilità economica, potranno godere non solo di un supporto psicoterapeutico, durante il periodo delle indagini e dei processi, ma anche di una sicurezza economica, coadiuvata dal gratuito patrocinio, cosicché i figli di età inferiore a 26 anni potranno avvalersi gratuitamente delle facoltà e dell’esercizio di un avvocato.
La legge, inoltre, stabilisce la cosiddetta “indegnità a succedere”: l’esclusione automatica dall’eredità dei beni del coniuge. Fino allo scorso mercoledì, la legge prevedeva che i figli intentassero una causa nei confronti del genitore omicida e vincerla, per escluderlo dalla successione. Alle donne vittime di violenza ed ai loro figli saranno destinati 5 milioni annui nel triennio 2017-2019, in base ad un emendamento della legge di bilancio, approvata dalla Camera.
Alla stesura della legge hanno collaborato i famigliari di Silvana Allasia, che ha perso la vita a 47 anni, nel maggio 2014, per mano del compagno Vitantonio Gioia, guardia giurata, che le ha sparato con la pistola di ordinanza. La donna ha lasciato 2 figli, Angelo e Giuseppe. L’uomo è stato condannato a 16 anni.
A dimostrare l’urgenza della legge, arrivata, indubbiamente troppo tardi, l’ennesima morte ingiustificata ed ingiustificabile di venerdì 3 marzo a Iglesias: Gianni Murru, 42 anni, ha ucciso con dieci coltellate la moglie trentenne Federica Madau. I due erano separati da dicembre e non vivevano più insieme, motivo della gelosia malsana nutrita dall’uomo, convinto, inoltre, che la moglie lo stesse allontanando dall’affetto dei figli. Questi i moventi del delitto.
Segni persi
120: le donne uccise per amore, solo nel 2016;
1.740: le vittime in undici anni (2006-2016);
1.251: le morte in famiglia (2006-2016);
1.630: gli orfani.
Non sono semplicemente orfani, non compiangono l’amore perduto dei genitori e basta: hanno a che fare con una dimensione surreale, che li inghiottisce. Soffrono il senso di appartenenza che li lega al carnefice, soffrono un dolore, rispetto al quale non è facile odiarne e stigmatizzarne il colpevole. Poter accettare di essere soli, a causa del padre che ti ha donato la vita, non si può. E allora si rimane orfani, disconoscendo dal ruolo di genitore, chi genitore non è stato mai.
Accettare la perdita della madre in un simile contesto è umanamente devastante, e allora questa legge, pur non compensando il vuoto della perdita, alleggerisce quantomeno il peso della macchinosità della giustizia, rendendola più fluida e veloce. Agevola l’affidamento di questi ragazzi alle famiglie che se ne fanno carico, perlomeno dal punto di vista economico e giuridico.
Ormai rappresentano una categoria, una assurda categoria: orfani di un genitore che uccide l’altro, orfani di un amore strappato nel peggior modo possibile. Orfani, anche di una predisposizione alla comprensione di un atto, di per sé, inconcepibile.