Poseidon: il mare come cassa di risonanza nucleare

“Non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma la quarta si farà con pietre e bastoni”: una frase semplice, inflazionata nel tempo e portata al limite della retorica, ma corretta parafrasi di un futuro che potrebbe riprendersi quello che l’uomo ha nel tempo snaturato. La prevaricazione, la guerra, la dominanza, il controllo, tutti istinti naturali legati ad una evoluzione guidata dalla teoria darwiniana, in cui solo il più forte sopravvive. Questo collegamento così intimamente proiettato verso una dimensione naturale, sembra però ancorarsi ad una visione piatta e cinica dell’esistenza umana, svilita al mondo animale e del tutto ignara di quel soffio vitale che ha acceso la prima anima. I due piani non possono sovrapporsi, perché il regno animale non addiverrebbe mai di per sé ad una distruzione di massa; mai, neppur se ne fosse in grado, svilupperebbe anche la più lontana e recondita idea di annientare la propria specie. Eppure l’uomo è diverso: l’uomo lega il raziocinio e l’intelletto ad una bramosia di potere sconosciuto perfino al mondo animale. La lealtà nella lotta, il rispetto dell’avversario, l’etica della guerra, sono ormai da anni abbandonati in favore di una cieca sete di vittime, di supremazia, in cui neppure il più spietato principe machiavellico potrebbe mai credere. Il limite può considerarsi ampiamente superato da tempo, da quel progetto Manhattan che portò nel ’45 agli oltre 200.000 morti tra Hiroshima e Nagasaki, per mano dell’invenzione più nefasta della storia umana…per quegli anni. Dalla bomba atomica della Seconda Guerra Mondiale sono stati molti i progressi -per la ricerca- e le involuzione -per l’umanità-, perfezionando un’arma più che mortale e portandola a livelli da fantascienza. È nel corso della Guerra Fredda che concretamente si radica l’idea di armare i classici siluri con le bombe atomiche, dapprima l’URSS (1958) e a seguire gli USA (1963). Ad oggi possiamo dire, con cognizione di causa, che i mari giocheranno (o meglio, potrebbero giocare) un ruolo chiave negli sviluppi di un nuovo possibile conflitto globale. È proprio nel contesto marino che troviamo infatti l’avanguardia balistica russa, Poseidon, almeno per quanto è dato sino ad oggi saperne. Poseidon è un siluro a propulsione nucleare lunga 24 metri, larga 2, capace di viaggiare a 140 chilometri l’ora anche a mille metri di profondità. Ciò che connota drammaticamente il siluro è il fatto che sia armato di una testata atomica da 2 megatoni, 150 volte più potente della bomba di Hiroshima, nonostante alcune stime parlerebbero addirittura di una potenza di 100 megatoni -l’equivalente di 100 milioni di tonnellate di tritolo-. La potenza sarebbe tale da poter provocare un vero e proprio tsunami radioattivo, con delle conseguenze che questa volta neppure un film di Nolan potrebbe sognare. “Io sono diventato morte, il distruttore di mondi” pronunciò Oppenheimer alla vista del male che la sua invenzione provocò, poco più che un’arma rudimentale dell’uomo del neolitico se confrontata alla portata distruttiva di Poseidon. Resta ora da interrogarsi sui motivi di una tale ricerca bellicosa, in un’era in cui ci è stato insegnato che le guerre si fanno con il mercato e non più con le armi. Grandi parole per riempire la bocca e far sentire appagato qualche sedicente economista, ma evidentemente limitate da un presente che sempre più riporta l’uomo nella sua antimateria, in un presente di distruzione ed un futuro in cerca di riscatto. Con l’auspicio che queste nuove armi siano spunto per registi thriller e nulla più, rimane solo la possibilità di riflettere su quanto sia divenuta contraddittoria la natura umana, vittima di sé stessa e del circolo vizioso di cui ancora lontana sembra l’uscita.