Il mate argentino, la sua storia e il suo patrimonio culturale

Il mate è un infuso che si ricava dalle foglie essiccate e triturate dell’arbusto Ilex paraguensis (o paraguayensis) secondo la classificazione scientifica assegnagli nel 1822 dal botanico francese Auguste de Sainte Hilaire. Conosciuta già in epoca pre-colombina, la bevanda era inizialmente diffusa presso gli indios guaraní, popolazione dell’attuale Paraguay, ma poi si è propagata in altri territori della America Latina: Argentina, Uruguay, Bolivia, Perù e alcune zone del sud del Brasile e del Cile.
L’origine del mate e i suoi miti
Il mate ha proprietà nutritive, toniche, diuretiche ed energetiche e per tali ragioni, secondo i suoi miti d’origine, sarebbe stato donato agli indios dagli dei. In ambito rioplatense, il mate è ancora oggi molto diffuso, ed è diventato una bevanda carica di significati che rinviano all’identità, alla meditazione, all’integrazione, oppure ad aspetti della vita quotidiana. Il saggio, utilizzando prevalentemente fonti letterarie o delle arti visuali, traccia una storia del mate da “rito del demonio” a patrimonio culturale.
Il denominatore comune di queste narrazioni è l’arrivo di una divinità, maschile o femminile, che sarebbe scesa sulla terra per insegnare agli indios le tecniche agricole, donando una pianta da cui poteva ricavarsi una bevanda tonificante per mitigare la stanchezza. Ma anche la religione cattolica, introdotta con l’arrivo degli spagnoli, sarebbe parte del mito individuando nell’apostolo San Tommaso colui che avrebbe donato l’arbusto. Quest’ultima versione, se pure risponde al sincretismo religioso con cui i nativi hanno reagito all’imposizione del cristianesimo, sarebbe stata introdotta dai gesuiti proprio per favorire il processo di evangelizzazione.
Il mate nel XVI secolo
La prima fonte scritta sul consumo del mate risale alla metà del XVI secolo grazie alle lettere di Domingo Martínez de Irala che, nel 1554, durante una spedizione nel Guairá, nell’attuale Paraguay, notò come gli indigeni della regione bevessero spesso da recipienti di zucca un’infusione di foglie di un albero chiamato Ka’a guachu (bosco di enorme grandezza in lingua guaraní).
Furono poi gli spagnoli a battezzare la stessa pianta “mate”, da matí, parola quechua per indicare la zucca in cui veniva bevuto l’infuso, cosicché contenuto e contenitore sono arrivati ad avere un’identica denominazione. In seguito i coloni spagnoli individuarono nell’infusione una minaccia perché la sua preparazione e il suo consumo sottraeva tempo al lavoro indigeno.
Il mate nell’economia argentina
Fu così che i gesuiti, nel 1610, denunciarono al Tribunale della Santa Inquisizione di Lima che il mate era una superstizione diabolica che arrecava danno e che i guaraní ne praticavano il rito per patto e influenza del demonio, mentre invece, sugli spagnoli, il mate influiva negativamente facendo perdere loro la fede e le facoltà dell’intelletto. Così le autorità bruciarono interi carichi di quella che all’epoca veniva chiamata hierba del Paraguay (in seguito anche té del Paraguay), arrivando a proibirne il consumo in pubblico e in privato con un decreto del 20 maggio del 1616 emesso dall’allora governatore della provincia del Río de la Plata Hernando Arias de Saavedra. Ma il caso vuole che negli anni successivi fossero proprio i gesuiti a sostenere la diffusione della yerba, in quanto avevano osservato che l’infuso distoglieva gli indigeni dal vizio dell’alcol.
Nelle missioni gesuitiche (le cosiddette riduzioni), fondate a partire dal XVII secolo nella regione a nord di Iguazú, il mate, intorno al 1670, divenne così fra i prodotti più coltivati tanto che nei registri gesuitici risulta che ne disponevano di oltre 150 mila piante. Ciò fece sì che la yerba mate fosse il primo prodotto esportato dalle missioni nel vicereame del Río de la Plata e che l’infuso venisse chiamato té de los jesuitas. Proprio dal punto di vista economico e commerciale, anche grazie al mate, le missioni cominciarono a godere di una grande autonomia entrando in competizione con il commercio degli imperi spagnolo e portoghese.
Funzione sociale e culturale
Nel frattempo il mate aveva assunto una funzione culturale e sociale soprattutto nella realtà rioplatense, contesto a cui questo lavoro sarà particolarmente dedicato. Per la sua popolarità ormai veniva servito nelle sale da tè o nei caffè ed era diventato un’abitudine anche delle famiglie aristocratiche, presso le quali uno dei domestici aveva l’incarico di servirlo.
Anche i suoi strumenti si erano raffinati: dalla zucca dei guaraní a recipienti in legno o in metallo fino a quelli intarsiati d’argento, così come d’argento poteva essere la bombilla (la cannuccia). Ultimo strumento necessario, la pava (bollitore) per rimboccare il mate con l’acqua calda via via che terminava. Infine, la pratica del mate prevedeva (e prevede ancora oggi) la presenza di una persona addetta a prepararlo (cebar/ cebador) e che tutti i convitati lo sorbissero dallo stesso contenitore (e con la stessa cannuccia) da passarsi di mano in mano.
Il rituale di preparazione
La diffusione del mate era accompagnata da un rituale e da regole per la sua preparazione e consumo, così come da un vocabolario a esso dedicato. Ancora oggi, il mate (amaro o addolcito da miele o zucchero) in foglie o in bustine (mate cocido) è una bevanda diffusissima in tutto il Río de la Plata a cui non si rinuncia neanche nei viaggi (con il termos al posto del bollitore) o nei soggiorni all’estero.
Il mate ha sviluppato un proprio linguaggio, non solo “tecnico”, ma anche legato a proverbi e frasi idiomatiche, diversi a seconda delle regioni e del contesto culturale e sociale di riferimento. Nel corso del tempo, poi, la bevanda ha prodotto anche un codice legato all’offrire e ricevere il mate, soprattutto nell’ambito dei rapporti interpersonali. Ecco alcuni esempi: mate amaro (indifferenza), mate con latte (stima), mate molto caldo (invidia o amore), mate servito dalla sinistra (mancanza di rispetto). Il mate, insomma, è presente nella quotidianità (oltre che nell’economia) rioplatense.
Nei secoli il suo rituale è rimasto immutato, così come il suo essere trasversale nel non fare distinzione tra etnie e classi sociali. Il mate è un tratto peculiare dell’identità che con il tempo ha saputo adeguarsi alle spinte della modernità, anche in ambito enogastronomico: oggi esiste la yerba a Km0, o la yerba organica aromatizzata a vari sapori (menta, arancia, cannella) o mischiata con erbe di altre infusioni (come il boldo, il tilo o il poleo). In ogni caso, rimane una pratica incorporata alla realtà quotidiana, tanto che per la sua storia e il suo uso, nel 2018, su richiesta del Paraguay, la yerba mate è stata proclamata Patrimonio Culturale del Mercosur.