Diktat pubblicitari Covid: donna in vendita al “punto G”
Travolti e stravolti da un certo tipo di pubblicità, ebbene, siamo arrivati sull’orlo della schizofrenia collettiva da Covid. Pare che l’economia sulla via del collasso non verrà recuperata né dal Mes, né dall’infinita teoria dei d.p.c.m., né dai vari miliardi stanziati dalla nuova manovra economica, ma da una certa liberalizzazione pubblicitaria inedita e a dir poco disgustante.
Sia chiaro che la pubblicità, specie in questo momento, è lo strumento necessario per favorire la ripresa economica in ogni settore produttivo. Ma quando ben determinate produzioni commerciali all’insegna dell’igiene personale ci ammanniscono certi quadretti vividi di rossa emoglobina femminile nel periodo mensile, siamo arrivati alla frutta.
Non solo la donna viene mostrata a sedere sul water a gambe divaricate, magari a torcersi dai dolori del ciclo, ma successive immagini insistono nell’illustrare, come quadri in un museo, la forma, il colore e le pur minime caratteristiche, addirittura “semoventi”, dell’attributo femminile senza il quale il mondo degli umani non esisterebbe sulla faccia della terra. Raffaello non avrebbe fatto di meglio. Il palmarès vada quindi ai nostri ottimi disegnatori pubblicitari, tra i pochi forse a non aver problemi per arrivare alla fine del mese.
Ci si chiede se una minima parte dei miliardi che il governo vanta nelle proprie casse non possa essere devoluto a un attento “controllo” di tali aberranti performance pubblicitarie, impiegando all’uopo quella preoccupante fetta di giovani disoccupati che affligge il nostro Paese.
Famiglia “educational”
A voler proseguire nella pubblicità televisiva, ecco la famiglia assisa sul divano insieme ai figlioli, preoccupata di nascondere loro l’imbarazzante fase riproduttiva dei nostri amici animali, nella fattispecie di due enormi elefanti. Bambini che strabuzzano gli occhi, ricerca affannosa del telecomando che, finendo a terra dietro il divano, viene raccolto tempestivamente da un simpatico coniglietto il quale si affretta a ricollocare le batterie di una “ben nota marca”, salvando la situazione.
Qui è l’istituto della famiglia in prima linea, quella famiglia alla quale il governo attuale intende restituire il suo ruolo cosiddetto “educational”, la sua compattezza andata a disgregarsi, secondo gli oppositori, a seguito della legge sul divorzio Fortuna-Baslini del 1970. Quella legge, di significato epocale, a nostro parere rappresentò lo strumento decisivo alla risoluzione di infinite e difficili situazioni familiari, laddove , inutile dirlo, sono proprio i figli ad essere penalizzati in ambito psicologico.
Donna alla conquista del suo ruolo
Donna madre, donna femmina, donna vampiresca, donna che “par venuta da cielo in terra a miracol mostrare”, in questo empirico primo ventennio 2000 sta cercando di ricompattare tutte quelle sue posizioni dettate dalla storia e dalla letteratura. A latere l’uomo pronubo, favorevole cioè all’avanzata della donna in ogni campo sociale, o quel maschio protervo misogino che la considera ancora come una pedina da spostare a piacimento nel suo scacchiere quotidiano. Non fidarsi mai di colui che chiama la sua compagna “principessa”, come a voler collocare la donna in un gradino “altro” dalla figura maschile anziché sua libera ed intima complice. Ma il discorso ci porta troppo lontano.
In questo confuso ventennio, saltano alla ribalta donne che ci restituiscono quella funzione femminile di centralità nel cammino sociale. Viene subito alla mente Liliana Segre, la senatrice che dall’alto delle sue 90 primavere ci sta offrendo al momento le sue lucide reminiscenze sullo scampato genocidio nei campi di concentramento nazisti. Quanto ella ci sa dire è un contributo prezioso che offre forza e coraggio a tutte noi donne.
Ogni altra donna, da quelle comuni che vediamo uscire presto al mattino verso il loro circoscritto destino giornaliero a quelle che militano negli ospedali con spirito di grande abnegazione, si sentirebbe colpita dall’attacco di una stravagante, bizzarra e inopportuna pubblicità che offende nel più profondo la sua dignità femminile.