Fase 3: avanti tutta per un’Italia stanca di avere paura

“Quello”, l’inquilino della scala C interno 19, “iddu”, per citare gli amici siciliani allorché rivolgono lo sguardo all’Etna fumante, resta accovacciato fuori della porta in bieca attesa che qualcuno dichiari la sua sconfitta. Intanto, qualcuno se n’esce asserendo la sua inesistenza con mirabolanti argomentazioni, costretto un attimo dopo a ritrattarsi per il vespaio suscitato sui media. Impelagati così in una pletora di notizie che va traducendosi in una “non-informazione”, restiamo tutti nel più profondo sconcerto in questa selva oscura delle più disparate improvvisazioni. Ci si è presentata l’occasione di intrattenerci con un gruppetto di giovani ventenni con i quali abbiamo avuto un breve ma fruttuoso scambio di idee al riguardo.
Cosa pensate di questa fase di apertura?
Che sia un po’ troppo farraginosa, com’era da attendersi per le urgenti necessità economiche.
Quanto su voi giovani hanno influito questi mesi di lock-down?
Molto più di quanto si pensi.
Spiegatevi meglio, considerato che presto dovreste dimenticare questo passaggio della vostra vita, voi che non avete alle spalle come noi anziani l’esperienza e i sacrifici di una guerra.
Si sbaglia. Resterà in noi una ferita difficilmente rimarginabile nel tempo in quanto limitante delle nostre energie giovanili tenute troppo a lungo a freno. D’altronde, senza chiedere soccorso a Freud e Jung, ormai tutti sanno quanto certi eventi negativi dell’infanzia e della prima giovinezza influiscano psicologicamente per tutto il resto dell’esistenza.
Virus sempre all’erta
Assolutamente vero. Ma dite, siete abbastanza informati sulla contagiosità del virus?
Checché ne dica qualche incosciente, il virus è ancora vivo e vegeto, pronto ad aumentare la propria virulenza nel periodo invernale. Bisogna prepararsi in tempo come si fa con la previsione dei terremoti. Beh, ora che è iniziato il caldo e il virus appare indebolito, la mascherina va sempre tenuta nei luoghi chiusi e alle distanze di sicurezza gli uni dagli altri. Non ha senso tenerla all’aria aperta, a meno che non si formi qualche assembramento che può essere pericoloso.
Al momento, il contagio appare aumentato in quelle città del nord ove si sono registrati comportamenti dissennati col rischio concreto di dover ricominciare tutto daccapo. E Dio non voglia. Le continue statistiche che ci vengono ammannite di giorno in giorno sui contagi da regione a regione servono soltanto a coprire di notizie le pagine dei giornali, ma non ad offrire una valida tempistica di dati.
Quale la migliore formula salva-stati?
Per passare all’argomento economico, fra tante formule salva-stati quale pensate sia quella più efficace per salvare l’Italia dallo spettro del tracollo?
Non esiste, a nostro semplice parere, una formula unica, ma una politica visionaria per gli anni avvenire. Si devono chiamare a raccolta tutte le forze politiche, ora che la politica ha riacquistato il suo trono, ma purtroppo anche il suo “tono” di litigiosità e faziosità assai nocivo alla salute del Paese.
Cosa chiedete voi giovani?
Non chiediamo altro che lavoro. E le condizioni per il lavoro non sono frutto di improvvisazioni e di regalie. Anche la Confindustria ha espresso dure critiche all’esecutivo per eccesso di assistenzialismo. Vediamo cosa ne uscirà fuori dalla concertazione degli Stati Generali, che per qualche verso ci lasciano un tantino perplessi.
E cosa pensate delle pressanti manifestazioni di piazza?
Rappresentano lo stato di profonda insoddisfazione ed anche disperazione di tutti i cittadini, liberi da ogni credo politico, penalizzati in questo periodo di lock-down dai gravi problemi economici che tutti conosciamo.
Credete che le start-up siano uno strumento valido per il lavoro di voi giovani?
Sicuramente sì, sempre che si tratti di operazioni veramente innovative. Ma sembra che trovino il loro terreno di sviluppo soprattutto al nord Italia, laddove esistono le prerogative tecnologiche più favorevoli che al sud. Bisogna tener conto dei territori più svantaggiati del Paese, ove non tutte le realtà sociali consentono di potersi avvalere di un’economia digitale, non essendo adeguatamente telematizzate, laddove magari esiste un solo computer presso famiglie numerose e a basso tenore di reddito.
Vaccino anti-covid non più una chimera
Lasciamo qui l’attento gruppetto di giovani, sicuri di aver offerto loro una breve opportunità di sfogo e poter esprimere quella legittima apprensione riguardo alla loro dignità di futuri cittadini e di uomini. Ecco allora che le nostre preoccupazioni si concentrano sui ferventi studi di ricerca del vaccino, unica speranza per sgominare in via definitiva il nostro nemico giurato.
Si fa tanto parlare dell’Azienda di Pomezia che fa da apripista per i vaccini. In necessaria sintesi, si tratta dell’Advent srl, la quale, in collaborazione con l’Università di Oxford, può rendere disponibili i primi mille vaccini per i test clinici addirittura entro l’estate, al fine di iniziare la sperimentazione sull’uomo con un team di volontari, portatori sani, entro l’autunno. Esiste la probabilità che già in dicembre si possano ottenere dei risultati o, tutt’al più, slittare ai primi mesi del 2021.
Si spera assai nel vaccino, specie per le persone più a rischio di problemi polmonari. Ci sembra oltremodo opportuno sottolineare al riguardo che, finora, il farmaco comunemente usato per i soggetti ammalati di coronavirus, secondo le istruzioni della linea guida della National Health Commission, è stato quello contro l’artrite reumatoide, una medicina cortisonica con forti effetti collaterali.
Il farmaco, il cui nome completo Tocilizumabum sembra uno scioglilingua per bambini, in realtà non è per nulla divertente. In termini assai generici, si tratta di un farmaco capace di bloccare l’infiammazione polmonare causata da una tossina chiamata “interleuchina 6” su pazienti “randomizzati” in fase meno avanzata della malattia. Ma, udite udite, notizie dell’ultima ora ci informano che la medicina è stata sospesa dall’Agenzia del Farmaco in quanto ritenuta inefficace.
Noi e l’Europa
Fallita al momento la politica delle grosse industrie occorre ridare fiducia agli investitori, che si riaffacceranno nel nostro Paese quando saremo in riga anche nei confronti dell’Europa, la quale si aspetta da noi una certa linearità di intenti per poterci dare credito. E la stessa Europa dovrebbe costituirsi in un gruppo il più possibile compatto contro le influenze negative d’oltreatlantico e d’oltrecortina.
A restituire ossigeno al mondo del lavoro grande interesse destano quelle imprese di notevole capacità produttiva sia nel campo dell’agricoltura, un settore che sta riprendendo gran piede specialmente con i nuovi criteri steineriani di biodinamica, sia in quello manifatturiero.
Maurizio Casasco, presidente della Confapi (Confederazione Italiana Piccola e Media Industria), nel corso degli Stati Generali a Villa Pamphili ha inteso rilevare al riguardo:
Rimettiamo in moto il Paese in quanto servono segnali di fiducia per rendere l’Italia di nuovo competitiva e non farci trovare impreparati da nuove ondate del virus. Sì all’utilizzo dei fondi europei per un piano sanitario che tranquillizzi anche i mercati sulle nostre capacità di affrontare le future ed eventuali difficoltà.
Ma si faccia in fretta, va detto, perché i soldi della cassa integrazione non a tutti arrivano a tempo debito, lasciando alle banche la parte del leone e il Paese ancora sotto la dittatura della burocrazia, che sarà molto lenta ad archiviare i suoi faldoni. Servono fatti, non solo promesse per salvare ben 270.000 imprese a rischio chiusura definitiva.
Quella di destabilizzare il governo appare l’occupazione preferita del periodo. Tant’è. Ma meglio lasciarlo decantare nel suo brodo. Né sembra di largo gradimento popolare tornare quanto prima al voto. Lasciamoci alle spalle quest’anno bisesto, che è stato per definizione uno dei più molesti, se non il peggiore, della storia italiana.
Appare infine una balla quella nutrita serie di partitini che ogni giorno escono fuori per rimettere in piedi certi personaggi voltagabbana sulla carretta di Palazzo Chigi. Da salvare sono le più fresche e creative promesse giovanili. E soprattutto la Scuola con la maiuscola.