ITALIA POST-REFERENDUM: DOPO IL QUORUM, IL BATTIQUORUM

di Angela Grazia Arcuri
Ed ora rimbocchiamoci le maniche, ragazzi! Troppo tempo abbiamo perso “a pettinar le bambole”, anni preziosi sfuggitici di mano appresso a bollenti polemiche intorno al personaggio chiave di un’Italia ridanciana, un’ Italietta da soap-opera ridotta alla berlina internazionale, un Paese dallo stivale accartocciato attorno a certi faldoni che forse non verranno mai aperti in un’aula giudiziaria.
I giovani sono stati per un po’ a guardare, frastornati dagli echi di bunga-bunga che, guarda un po’, non provenivano da lontane tribù dell’Africa ma proprio dagli angoli più a settentrione di casa loro. Poi, si sono fatti due conti col portafogli vuoto dei loro contrattini co-co-pro, hanno fatto un pensierino a un futuro… invisibile, iniziando a dare segno di un primo risveglio con gli scoppiettii provenienti dal Mediterraneo, la rivoluzione dei gelsomini e quanto segue.
I giovani nostri non amano tanto i fucili. Hanno provato lo scorso anno a farsi sentire con qualche bombettina per il Corso di Roma, ma poi hanno preferito un’arma più tranquilla e altrettanto micidiale, il web. In vista del referendum hanno dato la prova-madre del loro risveglio, scatenando un tam-tam in tutto il Paese, che ha buttato giù dai letti anche i più riottosi al voto, ridestando le coscienze più pigre del “ chi me lo fa fare, tanto non cambia niente”. E invece no, ci sono andati, alle urne. Anche dopo la giornata al mare, anche prima della discoteca. E i loro “si’ “ sono stati decisivi.
Gli anni di immobilismo del governo ci costringono ora a prendere la rincorsa per poter scavalcare tutte le buche senza romperci le gambe. Già, ora il discorso si fa serio, molto serio, che non viene più da ridere. Proprio no.