Governo Conte al via. L’inedita reazione degli sconfitti

Alea iacta est, incrociamo le dita
Il dado è ormai tratto. Non sarà rose e fiori il connubio di due forze che si respingono a vicenda come i poli delle batterie. Possiamo soltanto avanzare qualche illazione da gente della strada come siamo e come possiamo.
La sfida di Conte si presenta ardua. Una prima prova gli viene offerta dal G7 in corso nel Canada, territorio da lui già “esplorato” in precedenti peregrinazioni (forse delegato dai Servizi?), laddove potrà dimostrare se le sue mosse siano “autonome” o piuttosto “telecomandate”. Le cronache parlano di un portavoce messo alle sue calcagna, persona dalle mire politiche ben costruite nel tempo e poi approdato nel Movimento 5stelle, il cui nome rievoca i primi fasti del reality show del Grande Fratello. Dicono che abbia acquistato molto potere in seno ai giochi della politica.
Ora ci sarà da capire quali saranno i primi passi dei nuovi rappresentanti dell’esecutivo. Qualcosa si è già vista e già qualche omissione rilevata dalle critiche pronte a tuffarsi – in primis – sul Ministro dell’Interno che si vorrebbe investito del dono dell’ubiquità. Basta comunque alle campagne elettorali. È tempo del “fare”. Salvini dovrà vedersela da subito col problema dei migranti da più versanti del Mediterraneo e lo scoglio è veramente duro. Fermare quelli che continuano ad arrivare sulle nostre coste col favore delle Ong ( alcune forse d’accordo con gli scafisti ), rimpatriare i clandestini che a migliaia popolano le nostre strade? Il costo di tali operazioni appare molto elevato per le nostre tasche.
Si sono altresì verificate delle legittime critiche e diffusa preoccupazione anche sul fronte della politica familiare. È in ballo l’interrogativo se non si rischi di cadere in una fase oscurantista. Quello dell’Italia è infatti un problema culturale e il problema parte dalla scuola. Ogni Ministero faccia appieno e in trasparente coscienza la sua parte se non vogliamo che il Paese resti impantanato per troppo tempo ancora nelle griglie di poteri che non lasciano alcuno scampo ai più deboli, ai sacrosanti diritti dell’uno e ai limiti di un indiscriminato abuso delle potenzialità scientifiche che ci vogliono tutti clonati come la pecora Dolly.
Lavoro, lavoro e lavoro appare l’unica via per uscire dalle nostre difficoltà, perché, è da ripetere, la mancanza di lavoro conduce al dilagare della delinquenza, a favorire tutte quelle “oziosità” che imperversano sui social, deleterie per l’evoluzione giovanile. E soprattutto lavoro per impedire alle più fresche energie intellettive di abbandonarci verso altri lidi perché, qui ed ora, non hanno santi in paradiso.
Non li avevamo mai visti tanto vivi e agguerriti
A distanza di qualche giorno dalla fiducia al nuovo governo a più di una persona, però, prudeva la lingua. Non ce l’hanno proprio fatta a stare zitti. Di chi si parla? A buon intenditor poche parole.
Dopotutto non ci vuole molto a svelare l’arcano. Li abbiamo visti, in così inedito e passionale trasalimento, sbraitare e difendersi a spada tratta, cogliendo qualche naturale errore di chi, come Conte, è alle prime armi sugli scranni del Parlamento. Piersanti Mattarella un “congiunto” del Presidente della Repubblica? Non sa chi era Piersanti Mattarella?!! Era il fratello del nostro Presidente! Studi, studi, l’avvocato! E giù uno scroscio di applausi dai banchi dell’opposizione. Pollice verso, pollice verso al novellino!
Il nome di Piersanti Mattarella, presidente della Regione siciliana, morto assassinato nel 1980 ad opera delle mafie, è stato fatto oggetto di una pietosa quanto bieca strumentalizzazione da parte di chi ha perso le elezioni. Ed allora, sia lecito chiedersi come mai, in circa quaranta anni in cui si sono succeduti in Italia più governi, ben poco si è fatto per divulgare quel “sacrificio” presso l’opinione pubblica, presso i giovani nelle scuole, nelle ricorrenze di prammatica, nelle continue rievocazioni di questo o quel giornalismo storico che va tanto di moda. Il silenzio su Piersanti Mattarella è apparso assordante o siamo noi ad essere degli ignoranti come l’ancor giovane Giuseppe Conte, che a quell’epoca aveva solo una ventina d’anni. Una “colpa” veniale in una congiuntura critica come l’attuale, in cui ci si dovrebbe preoccupare maggiormente della letargica impasse in cui si ritrova il nostro Bel Paese. Una nazione pericolosamente anestetizzata che deve assolutamente ripartire.
Abbiamo visto, sempre in sede di “fiducia”, personcine che pascolavano tranquille nel verde prato governativo degli ultimi anni (e non facciamo nomi) prodursi in una scatenata controffensiva verso l’alunno impreparato che alla lavagna – ahilui! – si era fatto cadere… il gesso dalle mani. Sono ben altre le urgenze cari miei signori, è bene ricordarselo.
In quel suo lunghissimo discorso di presentazione del programma 5Stelle, che probabilmente ha peccato di lentezze e ripetizioni, Conte ha tuttavia dato prova di profonda conoscenza del suo mestiere di giurista e di aver “studiato” assai più di altri che, in questi ultimi decenni, ci hanno ampiamente dimostrato che il popolo appare soltanto un’entità astratta del tessuto sociale da tenere a bada in qualche modo blandamente risarcitorio da non intaccare in realtà i grossi interessi esistenti dietro l’impalcatura del sistema. E se di populismo 5Stelle si è parlato, benvenuto il nuovo populismo ormai sfrondato di quella sua vecchia muffa negativa. Almeno facciamolo partire prima di abbaiare a ombre inesistenti.
Angela Grazia Arcuri