SDGwashing. Imprese che affermano, a torto, di essere coinvolte negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile
Conoscevamo il fenomeno del “greenwashing” (o ecologismo di facciata), ma cos’è, invece, esattamente l’”SDGwashing”?
Conoscevamo il fenomeno del “greenwashing”, o ecologismo di facciata, che vedeva imprese
organizzazioni o istituzioni politiche dare di se un’immagine ingannevolmente positiva sotto il
profilo dell’impatto ambientale… ma cos’è esattamente l’”SDGwashing”?
Una panoramica sull’SDGwashing
Questo fenomeno, che fa riferimento a diverse tipologie di utilizzo incorretto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS o SDG Sustainable Development Goals in inglese) nel marketing soprattutto delle società private, è stato esaminato in tutte le sue sfaccettature durante una tavola rotonda che si è tenuta lo scorso 19 Ottobre a Bruxelles durante l’SDG Forum 2023. Nel corso di questo incontro annuale multilaterale sullo sviluppo sostenibile, l’esperta belga Marie d’Huart, di Cap Conseil (azienda privata belga), ha ricordato che come nel “greenwashing”, il modus operandi nella comunicazione relativa all’OSS vanno “dall’esagerazione superficiale alla frode conclamata”. Ma questo è solo una delle tante iniziative che ultimamente vogliono far luce sul fenomeno e trovare una soluzione a quello che sta diventando un vero problema. Ecco un esempio tipico di “greenwashing”: dei produttori di liquidi detergenti che cambiano solo il colore dei loro contenitori, che diventa ovviamente verde per porsi come paladini dell’ambiente. Tutto senza modificare il loro modello di business, spesso inquinante. Cosa che porta spesso ad azioni legali da parte di ONG che denunciano tali abusi. Nella pratica dell’SDGwashing, non è raro imbattersi in OSS posti su opuscoli divulgativi come francobolli, per dare un tocco di colore, senza definire alcun approccio coerente o dare una spiegazione specifica. È ciò che si definisce “SDG Tagging”, o “SDG Tag” che porta gli OSS a mere icone decorative.
Entriamo più nel particolare
Tra le pratiche più diffuse figura anche l’”SDG Legal” o “OSS legale” che vede aziende concedersi il diritto di dichiararsi OSS, quando non fanno che rispettare la legge. Il ricorso alla pratica del “SDG Promise” o “OSS Promessa” consiste nel far credere ai consumatori che gli OSS possano essere raggiunti grazie all’uso di un solo prodotto (un’auto elettrica, ad esempio). Per quanto riguarda l’”SDG misting” o “OSS fumo e specchi”, ci si riferisce alla menzione molto fumosa e indefinita di OSS negli strumenti di comunicazione delle imprese, senza fatti precisi. E non finisce qui. Le pratiche di “SDG washing” sono innumerevoli. L’”SDG Shifting” consiste nel far slittare la responsabilità del rispetto degli OSS ai consumatori stessi. Un altro esempio? “Se utilizzate tale automobile, avrete un comportamento sostenibile”. Fare profitto su un solo OSS, danneggiandone molti altri. Molte imprese tendono a mettere l’accento sul contributo di un certo OSS senza dare alcuna informazione sul suo impatto su tutti gli altri OSS: 17 obiettivi che sono stati concepiti per essere tutti connessi tra loro. Qui si tratta di
“OSS specifico”, che consiste nell’attirare tutta l’attenzione su un solo OSS, perdendo la visuale d’insieme. Un’impresa tessile può tranquillamente dichiarare di volere raggiungere l’OSS 1.3 (povertà zero, ndr.), ridurre la povertà infantile associandosi a qualche non ben definita iniziativa di governo, quando analisi documentate dimostrano che quello stesso gruppo non versa i salari minimi in moti dei suoi siti di produzione, cosa che genera povertà. Sulla scala delle rivendicazioni di marketing sovradimensionate in tema di OSS – un marchio universale che non è protetto e che si trova con libero accesso nello spazio pubblico – il peggio porta senza dubbio all”OSS bugia”, “SDG Lying”. Troppe aziende affermano nei rapporti sulla loro attività agire a favore degli OSS, quando in modo oggettivo e documentato, non è assolutamente il caso. Esempio emblematico, all’avvicinarsi della COP 28 che si terrà a fine novembre a Dubai, sono i grandi petrolieri che si dichiarano paladini delle energie rinnovabili davanti a progressi minimi in questo campo visto che il grosso dei loro investimenti rimane concentrato nelle energie fossili. Nel maggio del 2020 il Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite ha pubblicato una nota orientativa per le imprese intitolata: “Come possono gli investitori passare dal greenwashing alla realizzazione degli OSS?”. Questo documento insiste sul fatto che le imprese devono essere ritenute responsabili, e che la “trasformazione verso maggiore sostenibilità implica alzare la barra degli investimenti sostenibili per contrastare il rischio di greenwashing e migliorare la divulgazione di informazioni da parte delle imprese stesse per permettere investimenti di allinearsi sugli OSS.” Migliorare la divulgazione di informazioni. Migliorare la comunicazione. No all’inganno. Il leit motiv nel mondo dello sviluppo sostenibile sta diventando questo.
Il documento dell’Unione Europea
Da parte sua l’Unione Europea ha presentato a New York il 19 Luglio scorso la revisione volontaria dell’Unione Europea (Examen volontarie des progressi vers la realistion des ODD – European Commission). In questo documento ha fatto il punto sui suoi progressi definiti “moderati”, anche se l’Europa può ostentare numerosi punti a suo favore. L’UE ricorda che “tutte le sue azioni e politiche contribuiscono alla messa in opera di OSS. Il “Patto verde per l’Europa” (Il Grean Deal Europeo – European Commission), adottato nel 2020 che mira a rendere il continente climaticamente neutro all’alba del 2050, si ricollega a 12 dei 17 OSS. All’interno delle frontiere europee, la pandemia di COVID-19, la guerra in Ucraina, la crescita delle ineguaglianze, il cambiamento climatico e aumento dei livelli di degrado dell’ambiente giocano come altrettanti freni al raggiungimento degli OSS. Ma non devono essere una scusa da parte delle imprese nella divulgazione di informazioni distorte. Proprio le informazioni distorte, la comunicazione intenzionalmente distorta, uno dei punti che sta maggiormente emergendo anche nel mondo della comunicazione che si ritiene sempre più coinvolta e responsabile nel faticoso raggiungimento degli obiettivi racchiusi nell’Agenda 2030 e che si vuole paladina dell’integrazione di un diciottesimo goal agli altri 17 dedicato proprio alla comunicazione responsabile. Sfida lanciata da Global Alliance un anno fa che ha visto nei giorni scorsi la sua formalizzazione in una lettera inviata al Segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Così come ha fatto il mondo della pubblicità nel nome dell’International Advertising Association.