Cosa prevede la Corporate sustainability reporting directive

Nel mese di novembre 2022, la Commissione Europea ha approvato la nuova direttiva “Corporate Sustainability Reporting Directive” (in breve, CSRD), un traguardo importante nel processo di transizione verso una finanza green avviato dall’Unione Europea negli ultimi anni. Una normativa che punta ad integrare sempre più i valori della sostenibilità del bilancio di esercizio a partire dal 2024 (bilanci pubblicati nel 2025) e che pone le imprese davanti a nuove sfide quali una revisione e adattamento del controllo interno alle nuove regole, una rivisitazione della value chain e della supply chain, oltre che al come ottenere le informazioni che andranno fornite con il nuovo bilancio.
Nel comprendere la portata della nuova direttiva, si deve iniziare dal perimetro delle imprese alle quali la nuova norma si applicherà:
- A partire dal 2024, con i bilanci pubblicati nel 2025: EIP (enti di interesse pubblico) con oltre 500 dipendenti e già soggette alla normativa NFRD (Non-Financial Reporting Directive).
- A partire dal 2025, con i bilanci pubblicati nel 2026: imprese, sia quotate che non quotate, con almeno euro 20 milioni di attivo patrimoniale, con un fatturato di almeno euro 40 milioni di fatturato e con almeno 250 dipendenti; possono essere presenti anche solo due di questi parametri per far scattare l’obbligo all’applicazione delle nuove norme.
- A partire dal 2026, con i bilanci pubblicati nel 2027: imprese PMI se quotate in Europa (continuano ad essere escluse, rispetto alla normativa attuale, le microimprese).
- A partire dal 2028, con i bilanci pubblicati nel 2029: imprese non europee a patto che fatturino nel mercato comunitario almeno euro 150 milioni ed abbiamo almeno una controllata nel mercato UE.
I nuovi parametri prevedono un ampliamento della platea di imprese interessate che passerà dalle circa 11.000 attuali alle 50.000 future, senza tener contro delle imprese che decideranno di applicarla volontariamente. Non va affatto dimenticato che l’adozione dei parametri ESG è da considerarsi come un vantaggio competitivo in un mercato che premierà sempre più le imprese che decideranno di investire nella sostenibilità. Ci si aspetta quindi un effetto a catena dove anche le società, la cui applicazione della nuova direttiva non risulterebbe applicabile, decidano di pubblicare un proprio bilancio di sostenibilità. Tale motivazione potrebbe risiedere nelle necessità di rimanere o di diventare fornitori (e quindi ampliare il proprio mercato) di società più grandi e pertanto obbligate a presentare il bilancio di sostenibilità con i nuovi criteri. Infatti, per quest’ultime, il ricorso all’esternalizzazione di parte del proprio processo produttivo non toglie parte della “responsabilità”: per le certificazioni ESG, anche i comportamenti dei propri fornitori, in particolare quelli strategici, diventano rilevanti. Pertanto, questo legame tra fornitore – cliente è forse una delle leve più importanti per ampliare il numero delle imprese soggette alla nuova direttiva senza una imposizione calata dall’alto. Altro fattore che sicuramente potrebbe spingere le piccole – medio imprese verso il bilancio di sostenibilità è l’aumento del numero di consumatori sostenibili e di investitori in prodotti ESG: la sostenibilità come fattore di attrazione per i finanziamenti.
La nuova normativa aumenta il grado di informativa che le imprese dovranno fornire al mercato e questo dovrebbe, secondo l’idea del legislatore, ridurre il pericolo del greenwashing, cioè una sostenibilità solo di facciata. I consumatori ne sono consapevoli e nel caso l’impresa optasse per questa scelta, il rischio di essere esclusi dal mercato potrebbe rilevarsi anche fatale per la continuità aziendale.
La normativa attuale prevede che le imprese includano nelle relazioni sulla gestione o in una relazione distinta le informazioni ambientali, sociali e di governance che siano esaustive al fine di comprendere l’impatto delle attività dell’impresa sul suo contesto di riferimento. Questo implica una difficoltà intrinseca non solo di comprensione, ma anche di comparabilità con i bilanci delle altre imprese. La nuova direttiva cerca di superare queste difficoltà sia prevedendo l’inserimento, nella relazione, anche degli impatti delle questioni di sostenibilità sull’impresa (c.d. doppia materialità), sia attraverso l’emanazione di principi di sostenibilità dedicati. A tal proposito, lo European Financial Reporting Advisory Group (in breve, EFRAG) ha reso disponibile, sempre al termine del 2022, i primi 12 European Sustainability Reporting Standard (ESRS) che verranno, salvo novità, approvati dalla Commissione Europea nel corso del 2023. Il primo set è composto da 2 cross cutting standard (“generali e applicabili trasversalmente”) e 10 sector – agnostic standard (specifici per le tre macro aree ESG e applicabili in base al settore di riferimento dell’impresa). Nel secondo semestre del 2023 l’EFRAG provvederà a pubblicare un secondo set di standard ESRS (sector specific) che verranno approvati dalla Commissione Europea nella prima parte dell’anno successivo. Per le PMI verranno inoltre predisposti dall’EFRAG degli standard di rendicontazione dedicati, da poter adattare alle ridotte dimensioni aziendali.
In merito alla doppia materialità, la stessa è da intendersi come la capacità dell’impresa di impattare l’ambiente (inteso come mercato/contesto di riferimento in cui l’impresa stessa opera) e come questo impatti a sua volta l’impresa. Il concetto di fondo è che l’operare dell’impresa può, nel lungo periodo, condizionare il suo mercato che a sua volta può compromettere l’equilibrio dell’impresa stessa. Fornire informazioni in merito alle tematiche materiali che interessano l’impresa significa, quindi, permette agli stakeholders di comprendere la salute economico – finanziaria dell’impresa e la sua capacità di superare le sfide, anche future. Sarà quindi importante comprendere e valutare la materialità delle tematiche, anche perché solo quelle che rispecchiano la doppia materialità dovranno essere oggetto di descrizione nel reporting annuale.
Tra gli impatti della nuova direttiva, non secondaria è la novità in merito all’assurance delle informazioni sulla sostenibilità. Le maggiori responsabilità ricadranno sicuramente sul sistema di controllo interno di cui la funzione di internal audit sarà la prima a dover rivedere il proprio operato. Infatti, i rischi legati alle tematiche della sostenibilità diventeranno rischi sistemici a cui il sistema di controllo interno dovrà far fronte. Sarà quindi necessario un processo di revisione dello stesso e, successivamente, un processo di continuo monitoraggio. Il tema del controllo non può che riguardare anche e soprattutto il revisore esterno. Infatti, a quest’ultimo, viene richiesta una attestazione di conformità della rendicontazione di sostenibilità che potrà essere di tipo limited o reasonable assurance. Questa relazione potrà essere fornita dal medesimo revisore legale che già verifica il bilancio “contabile” o un diverso revisore legale. Su quest’ultimo punto, la possibilità del doppio revisore è prevista dalla CSRD, ma saranno gli Stati membri a decidere se recepirlo nella propria legislazione.