Una routine cosmetica tutta al naturale: come sfruttare i “doni della natura” grazie al Progetto Trecce Fatate di Claudia Mauro, l’intervista
Ciao Claudia, benvenuta su 2duerighe.com. Cominciamo dalla tua passione per il Total Natural. Cos’è e come si applicano i princìpi di questo tipo di routine cosmetica?
Ciao Lucrezia, grazie a te e a 2duerighe.com per questa straordinaria opportunità.
Sono sempre stata una persona attenta all’ambiente. La ricerca costante di sistemi per abbassare la mia impronta ambientale mi ha portata, più di dieci anni fa, su un forum (Capelli di Fata, che oggi purtroppo non esiste più), grazie al quale ho scoperto le potenzialità delle erbe tintorie.
Da questo semplice e fortuito incontro ha preso vita quello che oggi è conosciuto come Progetto Trecce Fatate, un percorso che mira a divulgare una cosmesi quanto più naturale ed ecologica possibile.
Il Total Natural alla fine è semplicemente questo: prendersi cura di sé con la consapevolezza dell’impatto che ciascuna nostra azione porta all’ambiente; quindi, adottare semplici accorgimenti affinché la propria routine possa essere efficace per la salute e la bellezza del corpo, mantenendo al contempo, un’alta biodegradabilità.
A differenza dei prodotti industriali, infatti, una cosmesi Total Natural non fa uso di conservanti e sfrutta ricette preparate al momento.
I conservanti, necessari a garantire la stabilità di una formula nel tempo, rallentano la biodegradabilità dei preparati, costringendo la Natura a uno sforzo maggiorato per riassorbire le sostanze rilasciate nei mari.
Inoltre, sfruttando materie prime elaborate al momento, il Total Natural è estremamente versatile e adattabile, bastano nozioni di chimica da scuola superiore e un po’ di esperienza diretta per imparare a destreggiarsi senza difficoltà nel fantastico mondo delle erbe cosmetiche e medicamentose.
Quali gli studi che ti hanno permesso di indagare al meglio e selezionare le sostanze naturali di cui questa routine si serve?
Io sono un perito agrario. Alcuni credono che il perito agrario sia la versione blasonata del contadino ma in realtà per lavorare efficacemente, questa figura riceve una preparazione ampia che spazia dalla chimica alle tecniche edili, dall’agronomia alla zootecnia.
Nel mio progetto di divulgazione le competenze che trovo più utili sono principalmente tre:
Agronomia ed erboristica, per esaminare le proprietà delle piante più utilizzate nell’alimentazione, nella cosmesi e nella medicina vegetale. Quest’indagine mi ha assicurato un metodo di ricerca essenziale per la preparazione dei contenuti della rubrica Doni della Natura, in cui appunto esploriamo le proprietà delle erbe;
La chimica, che ho sondato a scuola e approfondito tramite corsi di perfezionamento successivi agli anni scolastici.
La natura è chimica. Quando preparo un contenuto e lavoro su una ricetta da proporre ai miei utenti, torno sui libri per analizzare la chimica dei diversi ingredienti e le loro potenziali interazioni.
Spesso lavoro su preparazioni che sono già state proposte da altri e sulle quali le mie utenti chiedono consigli o delucidazioni. Ci tengo che chi mi segue possa usarle perché alle spalle vi sono il mio impegno e il mio studio a garantirne l’efficacia, così da non sprecare tempo e risorse inutilmente.
Il tuo percorso di Content Creator sui social durante gli anni ti ha portato ad avere una grande community. Com’è cominciata quest’attività? Il confronto con i followers ha stimolato in qualche modo il tuo spirito di ricerca?
Il Progetto Trecce Fatate è nato “per sbaglio”. Se si scava fino alle radici del canale si scoprirà che i miei primi quattro video erano tutorial di trecce e raccolti.
Poi un’amica mi regalò dell’argilla saponifera del Marocco che provai con risultati eccellenti. Innamorata decisi di condividere l’esperienza con quella ventina di persone che mi seguivano.
Il video stimolò moltissime interazioni, richieste di consigli e di contenuti; da lì è partito tutto.
Ho realizzato quanto fosse grande il potenziale di quella finestra sul mondo che avevo aperto attraverso YouTube: io mi preoccupavo di assumere uno stile di vita a basso impatto ambientale ma da sola non avrei mai potuto fare la differenza. Attraverso la condivisione i tentativi si sarebbero moltiplicati e questo un po’ di differenza l’avrebbe fatta di certo.
Inizialmente ero spaventata, ma la mia community è stata straordinaria ad aiutarmi in questo lavoro di approfondimenti e semplificazioni: spesso mi vengono poste domande illuminanti o proposti nuovi contenuti che accrescono in me l’entusiasmo per l’esplorazione di questo vasto e fantastico mondo.
Ogni volta è come entrare nella tana del Bianconiglio e scoprire un nuovo paese delle meraviglie.
Sul tuo canale YouTube sensibilizzi a diversi temi che riguardano la sostenibilità. Quali sono i consigli che senti di dare per adottare uno stile di vita più green?
Il primo, ma fondamentale consiglio è un approccio mentale: interiorizziamo il fatto invece che ognuno di noi fa la differenza.
Smettiamola di puntare il dito sulle grandi aziende, sui governi, e cominciamo da noi stessi, aprendo gli occhi sul peso delle nostre azioni sull’ambiente.
Ci accorgeremo di quante piccole, semplici cose possiamo cambiare senza fare neanche troppo sforzo e soprattutto a costo totalmente zero.
Ad esempio, valutare se uno spostamento necessiti effettivamente dell’automobile o se possiamo ricorrere a mezzi alternativi: i mezzi pubblici, la bicicletta, i piedi.
Ricordo che camminare fa bene all’intero organismo, stimola il sistema immunitario e favorisce la produzione di ormoni che ristabilizzano l’umore, quindi sarebbe un toccasana per il nostro corpo e per l’ambiente.
Un’altra banalità è il recupero dell’acqua. La siccità di quest’estate mi ha colpita perché io bevo moltissimo e ho sentito la necessità di compensare in qualche modo.
La compensazione mi è costata un euro: una bacinella che entrasse nel lavabo del mio bagno. La utilizzo ogni volta che mi lavo la faccia, le mani e i denti, per recuperare l’acqua che poi travaso in un secchio da 10 lt. Qui verso anche l’acqua con cui ho lavato ad esempio le verdure o i capi a mano.
Quando il secchio si è riempito uso quest’acqua al posto di uno sciacquone.
In casa ogni giorno recuperiamo almeno 15-20 litri d’acqua al giorno, a volte anche di più. Sono almeno 450 litri in un mese, 3600 litri da quando abbiamo adottato questo semplicissimo metodo.
Un ultimo consiglio che voglio dare, poi, è: impariamo a diffidare degli slogan: Bio, vegan, green non sono necessariamente sinonimi di basso impatto ambientale.
Calcolare l’impatto ambientale di un prodotto finito è estremamente complesso persino per gli ingegneri ambientali perché la cosiddetta LCA (life cycle assessment) di un prodotto deve considerare non solo l’impatto dell’oggetto finito, ma della sua produzione e della produzione di tutte le parti che lo compongono; deve tenere conto della quantità di risorse utilizzata in ciascun passaggio estrattivo, produttivo, di confezionamento e trasporto, delle emissioni in termini di C02, di inquinamento delle falde acquifere e dei terreni, dei materiali fisici di scarto, del trattamento e della salute dei lavoratori, etc.
Questi calcoli sono talmente complessi che ancora oggi non sono resi disponibili al consumatore medio perché non si è ancora trovato un sistema per semplificare la lettura dei dati.
Per chi volesse approfondire l’argomento, propongo la lettura di Intelligenza Ecologica del mio amatissimo Daniel Goleman (che è stato ristampato nel 2022 dalla Rizzoli e io ho praticamente divorato!).
Per capire se quello che compriamo è davvero verde, innanzitutto, prediligiamo prodotti semplici, poco o per niente raffinati o elaborati, ma soprattutto: consumiamo meno.
Impariamo a sfruttare al massimo strumenti che sono pensati per durare nel tempo.
La nostra sete di rinnovamento nasconde il bisogno di cambiare qualcosa nella nostra vita che con gli oggetti non ha nulla a che fare.
Io ho una gonna che è più vecchia di me. Apparteneva a mia madre, il suo tessuto ha cinquant’anni, e in questi decenni ha spesso cambiato forma per adattarsi alla moda: è stata accorciata, le è stato aggiunto del pizzo per renderla più gotica, poi le è stato tolto il pizzo, quando una brace di sigaretta vagabonda le ha lasciato un buco nel tessuto si è ritrovata adornata con un fiorellino ricamato, ma è ancora con me, probabilmente mi sopravvivrà.
Di certo, prodotta negli anni ’70, è una gonna che di green non ha niente, ma vive da così tanti anni che la sua impronta ambientale si è praticamente azzerata, rendendola molto più ecologica di tanti prodotti che si fregiano di essere verdi, quando non lo sono.
Laureata presso l’Accademia delle Belle Arti, sei illustratrice, scrittrice di romanzi gotici oltre che lettrice onnivora. Che ruolo gioca il mondo naturale nei tuoi romanzi?
Il mondo naturale rappresenta un grande rompicapo da risolvere: è determinante nei miei romanzi e racconti, assumendo la stessa importanza dei personaggi attivi (potrei dire che è un personaggio egli stesso).
In Straziami, il primo romanzo che ho pubblicato, la protagonista si ritrova dal mondo cittadino alla segregazione in un castello apparentemente abbandonato, dove il suo unico conforto sono i boschi selvaggi che circondano il maniero e le creature che lo abitano, strettamente correlate alla natura.
Il paesaggio racconta e riflette gli stati d’animo della protagonista, si rivela pericolo, mistero, ma anche rifugio, nido, luogo in cui affrontare prove indicibili e in cui tornare dopo i lunghi viaggi (interiori e fisici) per ritrovare se stessi.
In Dissanguami, seguito di Straziami, scopriamo che gli abitanti del castello autoproducono tutto quel che può essere utile nel quotidiano, come candele, saponi, lozioni mediche, e hanno un rapporto col naturale armonioso ed equilibrato.
Il romanzo in cui il mondo naturale gioca un ruolo cardine è ancora in lavorazione, si tratta di Ascensus ed è il primo volume di una saga distopica post-apocalittica.
Siamo nel 2573, in un mondo in cui i sintomi del surriscaldamento globale sono stati ignorati e si è raggiunto il punto di non ritorno.
Nella sezione del romanzo ambientata in un bunker, l’assenza della Natura permette al lettore di vivere la nostalgia dei protagonisti, che non sanno cosa significhi correre a piedi nudi sull’erba, sdraiarsi al sole, o saltare in una pozzanghera.
Gli stessi poi imparano a favorire l’autonomia della Natura, garantendo e vegliando sul suo naturale ciclo di rinnovamento perpetuo, che è appunto quello che dobbiamo fare anche noi.
Ascensus vuole dare voce al mondo naturale.
Non vedo l’ora di pubblicarlo (e sì, ci saranno anche qualche consiglio ecologico e ricettina utilizzabile nascosti qui e lì) e spero davvero che piaccia ai miei lettori.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Chi mi segue sa che nell’ultimo anno sono stata molto assente dal canale a causa di problemi di salute.
Ho l’intenzione e il desiderio di tornare, ma faccio resistenza, consapevole che esporsi su internet è come aprire le porte al mondo intero: si lascia entrare tanta gente ma non tutti varcano la soglia con la stessa educazione.
La gran parte dei miei followers si dimostrano educati e gentili e con loro c’è uno scambio costruttivo di idee.
Tuttavia, l’argomento spesso attrae persone convinte che “naturale” sia la diretta opposizione alla scienza classica e che arrivano all’insulto pesante se non mi trovano in linea con la loro idea: persone convinte che il cancro si curi con il latte alla curcuma, che i vaccini contengano feti tritati, che le grandi tragedie del mondo siano tutte complotti, etc.
Ho spiegato che io stessa sono una scienziata poiché conosco e divulgo scienza. Ora che si tratti di foglie essiccate e spignatti o di provette e microscopi, cambia poco, perché parliamo sempre della stessa cosa: chimica.
Sto pensando di abbandonare l’argomento strettamente cosmetico e parlare di ecologia in uno spettro più ampio anche se ogni giorno continuano a venirmi idee, tutt’ora sperimento nuove ricette, nuovi trattamenti.
Forse devo solo rimettermi del tutto in piedi, disattivare i commenti per eliminare il problema degli insulti e continuare a fare quello che mi piace e che aiuta molta gente a vivere in maniera consapevole anche la propria beauty routine.
Di certo prima o poi tornerò in carreggiata, perché voglio tornare a condividere e divertirmi.
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