Foscolo, vita e opere del poeta filosofo
Niccolò Foscolo – il nome Ugo venne assunto più tardi dal poeta – nacque nel 1778 a Zante, un’isola greca al tempo possedimento della Repubblica di Venezia. Fin dai primi anni di vita, Foscolo si sentì particolarmente legato alla sua terra d’origine – alla quale dedicò anche ‘A Zacinto’, un sonetto composto tra il 1802 e il 1803 – e alla cultura classica, della quale approfondì gli studi durante gli anni trascorsi al seminario di Spalato, città dalmata in cui si traferì con la famiglia.
Dopo la morte di suo padre Andrea, Niccolò e sua madre – Diamantina Spathis – caddero in miseria, una condizione di cui paradossalmente Foscolo era fierissimo. La madre cercò appoggio da amici e parenti a Venezia e Niccolò la seguì all’età di 15 anni. In gioventù assunse posizioni libertarie e sposò i princìpi della Rivoluzione francese; questo gli provocò noie col governo conservatore di Venezia tanto che, nel 1796, lasciò la città per rifugiarsi sui colli Euganei. Venuto a conoscenza dell’entrata di Napoleone nel nord Italia, Foscolo si arruolò nella Repubblica Cispadana e dedicò addirittura un’ode al conquistatore transalpino. Dopo che a Venezia si formò un governo democratico, Foscolo vi fece ritorno ma a seguito della firma del Trattato di Campoformio (con il quale Napoleone cedette la Serenissima agli austriaci), il poeta lasciò definitivamente la città lagunare e si trasferì a Milano. La stipula del Trattato fece cambiare radicalmente idea a Foscolo nei confronti di Napoleone ma dal punto di vista politico rimase comunque sostenitore del sistema napoleonico, considerandolo una tappa obbligata verso la costruzione di un’Italia moderna.
Durante gli anni trascorsi a Milano, Foscolo conobbe Parini e fece amicizia con alcuni esuli della Repubblica Partenopea – Vincenzo Cuoco e Francesco Lomonaco – con i quali fondò ‘Il monitore italiano’, un giornale in cui ebbe modo di diffondere i suoi ideali patriottici. A seguito della vittoria di Marengo, con la quale Napoleone riconquistò l’Italia, Foscolo fu arruolato come capitano nell’esercito della Repubblica italiana. Tra il 1804 e il 1806, per far fronte alle difficoltà economiche, il poeta seguì la spedizione militare di Napoleone contro l’Inghilterra e in questo periodo soggiornò nel nord della Francia. Tornato in Italia, si recò a Venezia per far visita alla madre e lì incontrò Ippolito Pindemonte, con il quale ebbe una discussione sul valore delle tombe che gli offrì lo spunto per scrivere – nel 1806 – ‘Dei Sepolcri’, un carme (così lo definì Foscolo) nel quale il poeta evidenziò l’importanza delle tombe non solo come luogo del ricordo del singolo e di perpetuazione dei valori della civiltà (andando quindi contro l’editto di Saint Cloud) ma anche come fonte di poesia, la sola capace di vincere l’opera erosiva del tempo e preservare l’eterno ricordo anche quando le tombe – oggetti materiali – saranno inevitabilmente distrutte. In questo senso si avverte anche un superamento del nichilismo a cui avevano portato la delusione storica e il crollo delle speranze rivoluzionarie di fronte alla realtà dell’Italia napoleonica.
Nel 1808 Foscolo ottenne la cattedra di eloquenza all’Università di Pavia ma tale insegnamento fu soppresso dal governo in breve tempo. Il carattere fiero del poeta alimentò su di lui aspre polemiche nell’ambiente milanese e dopo essersi visto cancellare tutte le repliche della tragedia ‘Aiace’, si trasferì a Firenze in cui visse serenamente per circa 2 anni. Dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia, Foscolo tornò a Milano, dove rifiutò – per motivi di coerenza con le sue idee – la proposta del generale Bellegarde di dirigere la rivista culturale ‘Biblioteca italiana’. Lasciata ancora una volta Milano, il poeta si spostò in esilio in Svizzera e poi a Londra. In Inghilterrà fu inizialmente salutato positivamente e cercò collaborazioni con alcune riviste inglesi ma ben presto sorsero attriti con l’ambiente che lo aveva accolto con favore e anche con gli esuli italiani. Le difficoltà economiche – figlie di uno stile di vita molto dispendioso – costrinsero Foscolo a spostarsi nei sobborghi della capitale inglese dove (come riportato in una lettera del 1826) «tra il trambusto di uomini in rissa, di donne in litigio, di fanciulli sbraitanti, di esecutori pignoranti», proseguì il lavoro di traduzione dell’Iliade. Solo, ammalato di idropisia e caduto in miseria, Foscolo morì nel villaggio di Turnham Green il 10 settembre 1827. Nel 1871 le sue spoglie furono trasferite in Italia e sepolte in Santa Croce, vicino alle tombe degli uomini citati nei Sepolcri.