Scusa i mancati giorni ma vivendo mi spensi
Scrivere una bella poesia può essere un esercizio di metrica, mettere nero su bianco un bel romanzo è il giusto mix tra un buon lessico e la giusta dose di fantasia. Scrivere un diario personale è un dannato testacoda col proprio io.
Un diario è un confessionale senza orari di parrocchia, senza timore di confronto se non con noi stessi, un flusso di coscienza dove non conta la frase a giro o la ricerca lessicale, valgono e sono ammessi errori grammaticali.
Errori che ti può perdonare il tuo diario ma non sempre la vita.
Ottobre 1976; un ragazzo, Daniele Leandri, incomincia a scrivere il suo diario a sedici anni, l’età perfetta per iniziare davvero il grande gioco della vita, un gioco quello di Daniele che però termina solo nel 1983 in un Pronto Soccorso a Rivoli.
Vinse la droga, perse Daniele.
Leandri non ha una scrittura “alta”, ha sedici anni ed una famiglia che gli sta stretta, lui invece è un sognatore, un idealista, la sua rabbia trova sfogo nella realtà periferica piemontese, l’aria di libertà passa per gli identici buchi da dove si inietta la stessa sostanza che gli negherà per sempre la libertà anni dopo.
I soldi non bastano quasi mai, vanno e vengono come gli amici di Leandri, amici di reato, amici di colletta e ricerca per la gioia del buco, amici legati dalla stessa solitudine che in adolescenza può essere letale.
L’amore sorride a fasi alterne a Daniele; ci prova ad essere felice, ci prova con il cuore, ci riesce con la carne e talvolta le tre cose coincidono nella stessa persona ma questo non basta ad uno come lui.
Gli anni passano, Leandri cresce, gli amori cambiano, i soldi sono sempre pochi e tra una citazione di Guccini ed un testo di De Andrè, arriva la leva militare e la sua abissale noia tra i turni di monta.
Daniele, nelle sue pagine di diario, si racconta con uno stile senza troppi filtri, confessa le sue debolezze, le sue frequenti ricadute.
Il rosso rabbia antiborghese ed il grigio della leva macchiano il verde della speranza adolescenziale per divenire quel viol di Quaresima. C’è poca penitenza celeste e l’unica venuta non sarà quella del Cristo ma della morte nel 1983. Nel freddo di gennaio perché, come probabilmente annoterebbe Leandri sul suo diario:
«Ninetta mia, crepare di Maggio
ci vuole tanto troppo coraggio.
Ninetta bella, dritto all’inferno
avrei preferito andarci in inverno.»
Nel 1987 i diari di Daniele arrivano tra le mani dell’editor di Einaudi, Marina Jarre, gli arrivano direttamente dalla mamma di Leandri e dagli operatori del centro di assistenza per tossicodipendenti frequentato dal figlio e quei diari diventeranno un libro, Scusa i mancati giorni.
A distanza di trentasette anni GOG lo ripubblica; un libro di una solitudine estrema, crudo come la vita e spietato come la morte.