Tra letteratura e geopolitica: i Demoni di Gentilini
Siamo tutti consapevoli di vivere in un’epoca storica nella quale ogni accadimento, anziché essere interpretato per quello che davvero è (laddove questo fosse concretamente possibile quando si analizzano vicende in itinere) viene invece analizzato secondo le logiche vuoi del potere o vuoi del “complotto” che, a seconda dell’interlocutore di turno, sono avvalorate.
Ebbene, nelle analisi che vengono fatte si tengono in considerazione, di volta in volta, dati storici, dinamiche economiche e di potere ma, davvero raramente, si pensa a quanto l’agire dei potenti possa essere stato guidato da quella potentissima arma chiamata “letteratura” o, meglio ancora, il “demone letterario”.
Gentilini, in questa analisi molto esaustiva e comprensibile a tutti, spiega appunto quanto letteratura, fin dalle origini, abbia contribuito almeno quanto la geopolitica alla storia del mondo. Dimostrandoci così che chi lo governa non agisce mai solo per calcolo. Partendo dal poema di Gilgameš, che fu da guida a Assurbanipal, Alessandro e Augusto, passando per Adriano (come sa chi ha letto la Yourcenar) e Marco Aurelio che si fecero invece guidare dalla letteratura filosofica greca e così via, l’autore ricostruisce le sorti storiche e politiche del pianeta attraverso l’analisi delle fonti letterarie che ne dettarono la sorte o almeno ne indirizzarono le gesta.
Scopriamo, tra gli altri temi di particolare attualità, che il califfo Omar prese Gerusalemme poiché glielo aveva ordinato il Corano e che Lenin divenne comunista leggendo Chernyshevsky. In altre parole, la scrittura, divenuta letteratura, con le proprie opere ha influenzato l’azione di imperatori, condottieri, re, regine, statisti e autocrati di ogni tempo.
Di particolare interesse l’accenno fatto quasi in chiusura alla differenza che fu di Kundera tra romanzo e saggio -laddove solo nel primo gli autori si occupano dell’esistenza, mentre i saggi hanno per oggetto la realtà, raccontando ciò che è o non è successo, senza curarsi di ciò che sarebbe potuto accadere, o di ciò che gli uomini sarebbero capaci di fare (roba da romanzieri, appunto)- e la digressione sulle serie televisive come risposta possibile alla necessità di ripensare al rapporto tra politica e letteratura evocato da Kissinger, in quanto l’essenza dell’era digitale è l’ibridazione tra generi. E sappiamo bene quanto la serialità, la standardizzazione ecc siano fenomeni che attraversano da sempre la produzione letteraria mondiale che la tv ha quindi fatto proprie. Insomma, laddove anche i politici del nuovo millennio non leggessero più i classici potrebbero inconsapevolmente ritrovarli nelle serie tv.
Di fondamentale importanza poi lo sprone alla politica affinché ragioni sul non umano mettendo al centro dei propri pensieri il cosmo, la natura e le cose ultime. Di cui la politica pare non occuparsi, o fingendo che non esistano o lasciandole in mano alla “scienza”.
Da ultimo, da questo libro davvero denso e interessante si comprende bene perché nel conflitto Russo/Ucraino una delle prime mosse sul piano internazionale dopo l’embargo economico fu la proposta di “embargo letterario”, volendo mettere all’indice tutti gli autori russi. Cos’è infatti questa se non la dichiarazione ineluttabile che, ancora oggi, ne uccide più il libro che la spada?
(I Demoni, Fernando Gentilini, Baldini Castoldi)