«Credo ancora alla pace nel mondo». Le dichiarazioni choc di un autore di Lercio
Interviste
25 Settembre 2023

«Credo ancora alla pace nel mondo». Le dichiarazioni choc di un autore di Lercio

La nascita di Lercio ha destabilizzato molti. Tra i più colpiti, i giornalisti. Molti dei quali non hanno ancora capito che si tratta di una pagina satirica.

di Gianluca Vignola

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Era un freddo inverno di qualche anno fa quando ho conosciuto Alfonso Biondi. Avevamo organizzato un evento all’università, un pomeriggio per parlare della proliferazione delle fake news sul web. Era il periodo di Brexit e Cambridge Analytica e temevamo un futuro che forse, col senno di poi, si è rivelato ben più complicato di quanto potessimo immaginare. 

Alfonso Biondi era ed è tutt’oggi uno dei fondatori di Lercio, quotidiano satirico  online che da anni deride le testate giornalistiche tradizionali. È un lavoro di fino, che a quanto sembra potrebbe persino passare sotto traccia: molti giornalisti non lo hanno ancora capito…

Visto che ti abbiamo conosciuto tramite Lercio, partiamo dalla bio che hai sul sito: “Alfonso Biondi è un ragazzo semplice e solare che vuole la pace nel mondo”. Ti volevo chiedere se è ancora così o se l’inflazione, la guerra in Ucraina, le bollette, ti hanno un po’ spento…

Questa era la mia bio originaria che utilizzavo anche nei libri che pubblicavamo. Per “pigrizia” l’ho un po’ tenuta, ma fa sempre la sua figura.

Anche perché non è facile parlare di se stessi, vedi con i cv… mantenere una formula sempreverde non è per niente una passeggiata.

Sì, ma diciamo che inizia tutto in maniera ironica. Un qualcosa che mantiene la forma di te stesso, ma che non ti rappresenta al 100%. C’è una parte autobiografica, di verità, ma l’ironia con cui si racconta è importante.

Una delle cose che ci ha impressionato di più è il fatto che Lercio sia diventata nel tempo una fonte autorevole per i giornali istituzionali. 

Più di una volta i vostri contenuti sono diventati una “fonte di prima mano” per rilanciare sui media tradizionali notizie inventate di sana pianta. Secondo te in questi ultimi anni è migliorata la qualità di fact checking delle testate e delle persone o siamo ancora lontani?

Noi siamo nati a fine 2012 e, quando siamo esplosi, a metà 2013, molti ci confondevano, ovviamente, per Leggo. 

Il meccanismo di misunderstanding era una novità per quei tempi e per come veniva percepito su Facebook, che ai tempi era il social media più mainstream. 

All’epoca l’algoritmo permetteva anche a pagine piccole di raggiungere un ottimo bacino di pubblico. Noi avevamo l’obiettivo del linguaggio comico, ma c’erano molte testate che perseguivano una mission diversa, ovvero quella di guadagnare sulle fake news, anche con scopi ideologici ben precisi. 

Secondo me oggi c’è più consapevolezza per quanto riguarda questo ecosistema, anche se ancora non siamo ad un livello medio-accettabile, credo. 

Gli algoritmi ora non ti permettono più di arrivare a così tante persone,  soprattuto se hai pochi follower e pubblichi collegamenti a link esterni alle piattaforme. Questo, però, non implica il fatto che non esistano più le fake news e/o i fraintendimenti.

Sempre rimanendo su questo tema: credi che ci siano delle persone maggiormente esposte alle fake news rispetto ad altri utenti?

Non ho dati alla mano, ma  dal mio punto di vista le generazioni le generazioni più attempate sono decisamente le più esposte. 

La Gen Z ha gli strumenti per essere più critica. Facebook per le persone più anziane, ad oggi, può rappresentare una sorta di tv che ti trovi sul telefono, ma questo deriva molto dal background unidirezionale, dalle abitudini di consumo dei media tradizionali. Oggi i ragazzi partono da un approccio diverso, sanno bene che chiunque può produrre dei contenuti e quindi dovrebbero saper selezionare più facilmente cosa davvero vale la pena seguire.

Come ti definisci oggi: un giornalista, uno stand up comedian o semplicemente uno che fa satira?

Effettivamente sto in mezzo a tante cose. Mi piace molto scrivere, in generale. Ma soprattutto amo stare nell’ecosistema social, calare lo scritto nella piattaforma e adattarlo ai differenti modi di comunicare. Mi piace mettere assieme questi linguaggi, anche se diversi: tra l’informale, il comico e il serioso. Diciamo che sono uno che si adatta molto…

La cosa bella dei social è che hanno dato una spinta ad una satira contemporanea, forse più libera e autonoma rispetto a quella espressa dai canonici gruppi editoriali e televisivi. Secondo te oggi esiste una satira che funziona?

Sicuramente c’è tutta la scena di stand up partita con Satiriasi. I vari Francesco De Carlo, Saverio Raimondo. Ma anche nomi più attuali come Luca Ravenna, Stefano Rapone, Michela Giraud. 

Se ti devo parlare di satira prettamente politica, invece, abbiamo un vuoto importante: Lercio fa satira politica in un contenitore più generalista. 

Ci manca un po’ il Luttazzi di turno. Quell’approccio lì, legato all’attualità. Il livello della satira è il gradiente per comprendere anche a che livello è la democrazia. 

Per quanto i nuovi media stiano prendendo più spazio, la tv soprattutto sta continuando ad avere questa carenza strutturale importante. Il web si presenta come zona franca, ma è laborioso soprattutto far sopravvivere certi format. Rispetto ai paesi anglosassoni effettivamente siamo un po’ indietro.

A proposito di stand up comedy, ti riporto una frase di Francesco De Carlo che quando ascolta mi colpì molto. In merito al politically correct, diceva che “di questo passo la satira si dovrà accontentare dei rutti sul microfono perché non potrà dire più nulla”.
Tu anche sei di questo parere? Lercio è spesso dissacrante, sì provocatorio ma sempre in uno spazio giocoso e di rispetto.

 Il politically correct è spesso frutto di un compromesso che da un lato può avere il “pregio” di non infastidire nessuno, ma dall’altro annacqua sicuramente quello che dici o che scrivi, ridimensionando il tuo punto di vista. E non è un bene.

Dentro Lercio non amiamo il politically correct, ci andiamo spesso giù pesanti. Mi preme però una precisazione: essere politicamente scorretti non vuol dire che puoi fare quello che vuoi. Ci sono sempre dei limiti legali, pensa alla diffamazione. Poi c’è la sensibilità comica, che tiene conto dei tempi che cambiano e delle nuove consapevolezze, ma qui i limiti non sono oggettivi e ognuno ha i suoi valori e il suo posizionamento. 

 Lercio ha un sistema di selezione molto libero: una persona propone la battuta, la quale deve avere un quorum, una soglia affinché possa essere valutata. 
Una volta che entra in valutazione, una cerchia più stretta la ri-valuta (un check dei “lerci-avvocati”, praticamente, che potrebbe anche migliorarla o modificarla). 

Questo doppio filtro fa sì che quello che esce da una parte non sia diffamatorio, dall’altro che sia condiviso da più persone e non da un singolo, e questo garantisce che quello che esce sia il più coerente possibile con quello in cui crediamo. Non tutto è ovviamente bianco o nero. Ci sono zone grigie, dappertutto.

Probabilmente ciò che fa la differenza è anche la cornice e il brand nel quale questa battuta è calata…

Il confine tra la satira e l’offesa, la diffamazione, è un confine molto labile ma quando si chiarifica questo puoi fare un po’ quello che vuoi, soprattutto quando hai un impianto dietro rodato e forte come quello di Lercio.