Grecia: la nonna dei migranti di Idomeni
La storia di Panagiota, una donna di 82 anni che aiuta spontaneamente i migranti nella cittadina al confine greco-macedone di Idomeni.
Le “giungle” di Calais. La Turchia nominata a gestire i flussi. Ungheria e Austria innalzano muri. E chissà cos’altro. La questione migranti è sempre in rilievo nelle politiche europee, ma per le (in)decisioni determinanti nel salvare migliaia di vite. L’incoerenza istituzionale da un lato e l’oggettiva portata del fenomeno migratorio nell’ultimo decennio continua a mietere vittime. Gli accordi stipulati per gestire l’emergenza dei flussi migratori non parlano la lingua umana fatta di accoglienza e politiche serie: una soluzione politica sulla questione migranti è lungi dall’essere risolta.
Tuttavia dove la politica inciampa alcune persone vanno oltre i luoghi comuni e i freddi dati. Parliamo di gente che nella loro semplicità supera ogni barriera, veri cittadini del mondo come Panagioto Vasileiadou, un’anziana cittadina greca di 82 anni che vive sul confine greco-macedone, a Idomeni. La “nonna dei migranti”, come è stata affettuosamente soprannominata dai suoi ospiti, ha accolto nella sua piccola casa un gruppo di rifugiati offrendo cibo e generi di prima necessità ad adulti e bambini. Un pasto fatto con le sue mani, dell’acqua per una doccia o per lavare i vestiti, un tetto per restare al caldo: cose semplici ma determinanti, di quelle che fanno la differenza.
«Appena arrivati siamo stati subito accolti – dice Baraa, un rifugiato iracheno che va a trovare tutti i giorni Panagioto con la sua famiglia – Quando ha saputo che la madre dei bambini era morta, ha subito detto di venirla a trovare ogni volta che volevamo. Questa donna ci ha reso più facile vivere: la ringrazio moltissimo, lei rappresenta il meglio della Grecia».
La stessa Panagioto è figlia di rifugiati greci che hanno lasciato la Turchia in uno scambio di popolazione dopo la guerra greco-turca. In quel periodo, tra il 1919 e il 1922, Panagioto e la sua famiglia hanno vissuto il dramma del conflitto sulla loro pelle. «Avevo sette anni quando la nostra casa è andata distrutta – racconta la donna- Non avevamo un pezzo di pane né vestiti. L’unica cosa che potevamo indossare era la camicia da notte che portavamo durante l’incendio. Cinque bambini e niente vestiti: niente».
La fame e il senso di impotenza hanno caratterizzato l’infanzia, forse è proprio questo che ha portato la donna ad aiutare queste persone donando cibo e vestiti. «A volte preparo torte di formaggio, uova e panini che offro a cinque, dieci, cinquanta persone che passano di qui – aggiunge Panagioto – Queste persone non hanno colpa di niente: bisognerebbe invece smetterla con le guerre» spiega. La vita di Panagioto «è cambiata» in modo altrettanto semplice ma profondo, come le sue azioni: «perché ho compagnia dentro la mia casa. Non c’è nient’altro: ho compagnia in casa. Parlo, rido anche se a volte non ci capiamo l’uno con l’altro».
Crediti video: United Nations High Commisioner for Refugees