Panama Papers miete vittime: primo il premier islandese
La maxi inchiesta finanziaria Panama Papers che ha colpito nei giorni scorsi uomini di spettacolo, calciatori, imprenditori e leader di mezzo mondo, ha iniziato a mietere vittime: il primo ad aver lasciato la poltrona è Sigmundur Gunnlaugsson, Premier islandese e marito di Anna Sigurlaug Palsdottir, che nel 2007 blindò la sua dote personale derivata dalla vendita della società che aveva l’esclusiva nazionale Toyota nella società Wintris, alle Isole Vergini. Fino al 2009, il premier era co-proprietario di Wintris, ma quando fu eletto deputato vendette la sua metà alla moglie. Per un dollaro.
Dopo due giorni di proteste a Reykjavik – in piazza erano in 20mila – una pioggia di vasetti di yogurt ha imbrattato i muri del Parlamento: usanza islandese per esprimere dissenso e rabbia. Così il Premier, dopo aver tentato di sciogliere il Parlamento e dopo aver fatto una pessima figura non rispondendo alle domande della stampa, ha dovuto rassegnare le dimissioni. Probabilmente sarà sostituito dal Ministro dell’Agricoltura.
Nello tsunami è coinvolto anche Cameron che ha tentato di difendersi senza convincere i cronisti. L’opposizione laburista chiede che sia messo sotto inchiesta: “Deve fare chiarezza”, ribadisce il leader del Labour, Jeremy Corbyn. “Non ho azioni, né conti offshore, né fondi offshore”, ha ribattuto il premier inglese, senza però scendere in particolari sul tesoro di famiglia che suo padre Ian avrebbe occultato in un paradiso fiscale. “Ho un salario come primo ministro – ha continuato Cameron -, ho alcuni risparmi da cui ricavo degli interessi e ho una casa, che usavamo per viverci, ma che ora ho lasciato mentre abitiamo a Downing Street. E questo è tutto quello che ho”.
L’inchiesta dell’International consortium of investigative journalists non ha lasciato scampo neanche ai francesi. In particolare, ad essere coinvolta è Marine Le Pen, figlia di Jean-Marie, fondatore ora espulso dal partito, che avrebbe accumulato un tesoro di banconote, lingotti e monete d’oro nei Caraibi. Il prestanome, Gerald Gerin, è il maggiordomo di famiglia. L’ex leader, nonostante non ci sia nulla di divertente, cerca di ridicolizzare la vicenda definendo l’inchiesta “Panama Pampers”. Intanto Le Monde, il quotidiano del consorzio indagatore, spiega che il denaro viaggiava fra Hong Kong, Singapore, le Isole Vergini e Panama. Al centro di quest’operazione Frederic Chatillon, ex dirigente di un gruppuscolo di estrema destra, compagno di università di Marine, poi titolare di Riwal, ditta con l’esclusiva della comunicazione per il Front National. La società fittizia acquisita ad Hong Kong da Chatillon per trasferire denaro faceva parte, guarda caso, dello studio Mossack Fonseca di Panama. Inoltre, per far uscire il denaro dalla Francia,ha dato una grande mano Nicolas Crochet, al quale Marine Le Pen affidò, nella campagna per le presidenziali 2012, il compito di stilare il programma economico del Front National.
Ben diversa è la situazione in Cina, dove i media statali censurano tutte le notizie di Panama Papers: i link su internet non si aprono a meno che non si tratti di articoli che parlino esclusivamente del coinvolgimento di Lionel Messi o di altri personaggi.